Alberi soli
12 Marzo 2025
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Alberi soli

Come maestose sentinelle dei campi, punteggiano la campagna trasmettendo al tempo stesso una sensazione di solitudine e di vigore. Sono gli alberi isolati che svettano in tante zone rurali d’Italia, una grammatica di paesaggio da leggere e decifrare, particolarmente presente in regioni che, come il Molise, sono rimaste più a lungo agricole e pastorali. La loro presenza è una persistenza e una resistenza, in molti casi una sopravvivenza. Dove ancora si possono vedere, dobbiamo considerarli al pari di resti archeologici, reperti viventi di un’archeologia del paesaggio, elementi la cui alterazione può essere fortemente lesiva dell’identità dei luoghi e del patrimonio territoriale. Le loro funzioni erano – e possono ancora essere – molteplici: non solo decorative e neppure solo agro-pastorali, ma anche ecologiche, simboliche e culturali.
Il paesaggio agrario, come scrisse Emilio Sereni, è la forma che l’uomo coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale ai fini delle proprie attività produttive agricole. Esso è venuto formandosi in “una prassi di generazioni”, attraverso progressive trasformazioni e stratificazioni. È come se gli agricoltori e i pastori di ogni epoca avessero utilizzato le zappe, le vanghe, i recinti per il bestiame, gli aratri, le falci e successivamente le macchine, come matite su un album da disegno, tracciando innumerevoli segni sul foglio della natura: i campi di cereali e i pascoli furono i primi risultati. Nell’agricoltura mediterranea, insieme ai seminativi crebbero le piantagioni di ulivi e di viti. Poi, oltre a questa consociazione primaria tra colture seminative erbacee e piante legnose, rispondente alla triade grano-ulivo-vite, altre piante come querce, pini, aceri, gelsi, mandorli, peri, meli e altri alberi da frutto si sono diffusi in forma isolata, talvolta come figli della foresta, superstiti dei processi di disboscamento, altre volte piantati “co- scientemente”, per riprendere la parola usata da Sereni, spezzano l’uniformità di pascoli e seminativi, rendendo il paesaggio più mosso e più vivo.
Nelle regioni più prettamente pastorali come i tratturi tra l’Appennino e il Tavoliere o i meriagos della Sardegna prevalevano alberi a chioma espansa sotto i quali gli animali, soprattutto le pecore, potevano ripararsi dal sole estivo e dalle brine notturne. Dai vari tipi di quercia si ricavavano ghiande per l’allevamento suino e fronde per i bovini quando scarseggiava l’erba dei prati. Nelle aree cerealicole questi alberi puntiformi hanno costituito a lungo luoghi di riposo e di ristoro per i contadini impegnati nelle grandi operazioni campestri, come la semina e la mietitura; anche l’iconografia è ricca di testimonianze di questa pratica, in Italia e nel resto d’ Europa, come mostrano i quadri di Bruegel.
Nell’età contemporanea l’arretramento del pascolo e l’ abbandono dei terreni agricoli e, dove è rimasta l’agricoltura, il diffondersi della meccanizzazione hanno significato un attacco agli alberi sparsi e al loro paesaggio: in molti casi ripresi dal bosco e inglobati nei cespuglieti e tra i rovi dei campi abbandonati; in altri casi morti senza eredi; in altri ancora uccisi dal cosiddetto progresso che in qualche zona ha fatto tabula rasa delle loro ombre rassicuranti.
Eppure sarebbe utile e giusto che gli alberi isolati vivessero ancora perché, con le loro chiome e le loro radici, vanno bel al di là della pur importante dimensione estetica e svolgono una molteplicità di funzioni ambientali: aiutano a prevenire l’erosione del suolo, specialmente in zone declivi, ventose o con terreni particolarmente vulnerabili; favoriscono il microclima dell’ambiente, infrangendo la forza dei venti e riducendo la temperatura durante i periodi più caldi; incrementano la biodiversità offrendo rifugio a uccelli, insetti e altra fauna selvatica; migliorano la qualità dell’aria e dell’acqua agendo come filtri naturali. A queste funzioni si aggiungono quelle produttive tradizionali, come risorsa utile per agricoltori e allevatori.
Per tutti questi motivi, insieme a tante altre persistenze minori (siepi, sistemazioni agrarie minute, viottoli, fossi, macie…), gli alberi isolati, più o meno inseriti nella trama delle colture, rivestono ancora oggi un ruolo fondamentale nella gestione dell’ambiente rurale e rappresentano infrastrutture verdi che contribuiscono non solo a mantenere ed abbellire il paesaggio, ma anche a fornire all’intera società i servizi ecosistemici di cui abbiamo tutti bisogno.☺

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