
Larino: sul piede di guerra
È ormai dato per scontato che puntare sul rinnovabile, in campo energetico, sia una necessità. Ciononostante, il Molise è tra le regioni in cui l’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile ha raggiunto livelli di capillarità territoriale ai limiti dell’invasività speculativa. La verità è che la rarefazione demografica di questa zona d’Italia permette alle multinazionali dell’energia di operare una vera e propria azione di spregiudicata conquista che rischia di avere ripercussioni serie e dare l’ ennesimo duro colpo alle nostre comunità e al loro sviluppo.
Il territorio del Basso Molise, da questo punto di vista, paga lo scotto della presenza, in contrada Piane di Larino, di una centrale per la produzione di energia elettrica, realizzata tra il 1992 e il 1993. Ad oggi la centrale risulta dismessa, ma ciò non vale per l’attigua stazione elettrica che serviva per l’immissione in rete dell’energia prodotta. Quest’ultima, oggi, viene utilizzata dalla società Terna che la gestisce per consentire l’allaccio, a titolo oneroso, degli impianti privati che producono energia da fonti rinnovabili, quali fotovoltaico a terra, eolico, biomasse, ecc. Tale situazione determina una grandissima attrazione per le numerose società private e studi professionali che in tutta Italia sviluppano progetti di impianti eolici e fotovoltaici di grosse dimensioni. Assistiamo infatti da anni all’invio di progetti che prevedono l’espropriazione di enormi aree e l’installazione di impianti fotovoltaici sui nostri terreni agricoli irrigui.
Se non si opponesse una strenua resistenza, a partire da quella esercitata dai comuni di Larino e del circondario (non tutti purtroppo) attraverso l’emissione di pareri negativi, anche se non vincolanti, migliaia di ettari di terreni agricoli tra i più fertili d’Italia andrebbero semplicemente persi, e con essi gli sforzi amministrativi, economici e ingegneristici necessari per dotare questa zona del Molise dei costosissimi impianti di irrigazione realizzati negli anni dal Consorzio di Bonifica Integrale Larinese.
Del resto, se da un lato non si vuole in alcun modo negare o limitare la libertà di disporre della propria privata proprietà, dall’altro lato ci teniamo a sottolineare come quegli stessi proprietari terrieri abbiano per anni, giustamente, lottato ed esercitato pressioni politiche affinché i loro campi venissero resi irrigui, e ingenti risorse pubbliche sono state investite in tal senso.
Alla resistenza dei comuni va aggiunta quella opposta dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Molise la quale si è spesa molto, in questi anni, per la salvaguardia di un territorio che, privo di qualunque forma di incisiva urbanizzazione moderna, risulta essere connotato da riconosciuti valori storici. In tal senso, i numerosi progetti proposti, che interessano aree estese centinaia di ettari, determinerebbero un radicale stravolgimento dei caratteri del paesaggio agrario e naturalistico a detrimento dei valori culturali del territorio che ne risulterebbe irrimediabilmente segnato e compromesso nei suoi caratteri di maggior pregio.
Si aggiunga a queste considerazioni il fatto che l’installazione di nuovi impianti non crea nessun posto di lavoro in più, anzi rischia seriamente di compromettere in modo irreparabile tutti gli sforzi che si stanno compiendo in questi anni al fine di creare un circolo virtuoso attorno al settore agroalimentare. Gli insediamenti produttivi presenti alle Piane di Larino, zona a fortissima vocazione agricola, danno infatti lavoro a circa 350 persone provenienti da tutto il circondario. Crediamo che la direzione politica da perseguire con ogni sforzo sia dunque quella di rinforzare e creare i presupposti per sviluppare sempre di più l’indotto connesso all’agroalimentare: è da questo che possono nascere nuove opportunità occupazionali per i nostri giovani ed è da questo che bisogna ripartire per cercare di garantire un futuro alle nostre comunità. Dagli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili non si ottiene nulla, e anzi rischia di essere pregiudicata quella stessa vocazione agricola che ci caratterizza.
Se infatti gli impianti fotovoltaici a terra sono stati profondamente limitati dalla normativa vigente in materia, la legge italiana e lo stesso PNRR incentiva gli impianti agrivoltaici, i cui pannelli sospesi garantirebbero, sulla carta (e solo sulla carta) l’attività agricola. In alcuni progetti si parla addirittura di possibilità di utilizzare i campi le cui colture risulterebbero compromesse come pascoli ovini, dimostrando la più totale superficialità nei confronti di queste terre e di chi le abita, dal momento che il pascolo da queste parti, com’è noto, non è praticato né praticabile.
Quali soluzioni allora? A livello nazionale, la normativa di riferimento in materia, il D.Lgs. n. 387/2003, afferma che impianti per la produzione di energie rinnovabili possono essere realizzati anche nelle zone agricole, in deroga agli strumenti urbanistici comunali, ma aggiunge testualmente che “nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”. A tal fine, demanda alle Regioni l’individuazione delle aree non idonee per l’installazione di tali impianti. La Regione Molise, solo recentemente, con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 187 del 22 giugno 2022, integrata dalla n. 158 del 21 aprile 2023, ha elaborato un piano dettagliato di tutela del territorio per diverse tipologie di aree, includendo tra quelle sensibili anche le aree agricole. Tale Deliberazione però consente comunque l’installazione di impianti agrivoltaici, unanimemente considerati, dagli esperti del settore, incompatibili con colture agrarie specializzate.
Tutto questo viene ulteriormente corroborato dal D.Lgs. n. 199/2021 di applicazione della normativa europea in termini di sviluppo del settore dell’energia da fonti rinnovabili. Il decreto legislativo però fa il paio con il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 e con quello del 25 novembre 2024, in cui viene demandata alla competenza legislativa dei Consigli regionali la definizione dei criteri per l’installazione degli impianti. Questo renderebbe inefficace la suddetta Deliberazione di Giunta Regionale ma permetterebbe alla Regione Molise di emanare una vera e propria Legge Regionale che regoli questo irrefrenabile sfruttamento del suolo molisano.
Ciò che dobbiamo auspicare e chiedere a gran voce alla Regione è di giungere il prima possibile alla promulgazione di una Legge Regionale che funga di per sé stessa da confine per la speculazione selvaggia dei giganti dell’energia. In via preliminare, però, chiediamo di procedere a una revisione del Piano Paesaggistico Regionale e della relativa cartografia, peraltro poco leggibile, oltre che del Piano Energetico Ambientale Regionale.
In questo modo potranno fin da subito essere individuate e distinte chiaramente le aree non idonee all’installazione di questo tipo di impianti da quelle idonee, come le coperture di alcune categorie di edifici o le aree destinate al parcheggio, cercando sempre di garantire, magari, un’equilibrata distribuzione territoriale e determinando, in particolare, una percentuale massima della superficie comunale da destinare all’ installazione di impianti fotovoltaici.
Rivolgiamo dunque un accorato appello al Presidente della Regione Molise, alla sua Giunta e a tutto il Consiglio Regionale affinché mettano in atto, attraverso il potere riconosciutogli dalla legge, tutte quelle misure necessarie a evitare che le multinazionali dell’energia rinnovabile compromettano seriamente lo sviluppo economico e sociale del Basso Molise e così il futuro delle nostre comunità.☺