E’ freddo. Da stanotte nevica. Chi dice che la neve non fa rumore?
Inizia tutto con un sotteso fondo di suoni ovattati, grida che si dilatano per la strada, qualche ruota di biroccio che passa e sembra avere un’eco, gli zoccoli dell’animale che strisciano lontani.
Ma dopo: zic zic… sottili e lucidi come aghi i fiocchi di neve zic zic, a falde larghe, a puntini, a turbinio entrano nella testa, nelle orecchie, nel cuore e ti entrano a frastuono; un rumore profondo un baratro, quasi buio ovunque.
Mi alzo, mi metto la coperta addosso per non tremare, vado verso la finestra, è rimasto solo un triangolo di vetro libero da cui si vede il cielo plumbeo; tutto intorno c’è neve e ghiaccio, grossi ghiaccioli alla nostra finestra. Anche stamattina sarà dura alzarsi, accendere la stufa con la poca legna bagnata. Mi metto già i guanti di lana sulle mani rosse e ruvide ricoperte di geloni.
Guardo intorno svogliata: nella camerata anche le altre brontolano per il freddo, la bacinella con l’acqua per lavarsi è gelata, ci vorrà del tempo prima che si sgeli: fuori già si sente il tramestio delle guardie pronte a fare l'appello. Siamo tutte tristi e assonnate e gelate.
Ore 10.00
All’appello stamattina Hanna, spazientita dalla lunghezza e dalla ripetitività inutile, ha detto ironicamente “Facciamo la conta, oggi?”.
È stata punita con cinque giorni senza uscita dal direttore, dopo la denuncia della guardia Esposito.
Li odio, li odio tutti, ci impediscono di sorridere, di ridere, di dire qualsiasi parola che ci risollevi, di potere esprimere qualche idea, di leggere, di potere scrivere ai nostri cari di… fare qualsiasi cosa che un essere umano desideri fare… siamo come pezzi di piombo inutili e ferme.
Hanna è una politica dura e sprezzante; è appena tornata da un mese di isolamento perché Erminia tempo fa stava attaccando al muro una grande foto di Mussolini. Hanna gliel’ha strappata urlandole: “Mussolini sta cadendo! Lui e Hitler la prenderanno tutti e due nel culo” e afferrò Ermina per i capelli…
Il tafferuglio le è costato un mese di isolamento, è tornata da due giorni sempre più pallida sempre con occhiaie più profonde, ma non cede. Erminia la guarda timorosa. Non osa dire più che è innamorata di Mussolini, ma il suo amore traspare dal suo povero volto ferito attraversato da una profonda cicatrice; lei racconta che le è stata procurata a Roma, da una manganellata della polizia mentre la spintonavano nell’ascensore dove cercava di scappare e così si è ferita anche con i vetri durante la cattura. Lei sussurra “volevo solo toccarlo, solo mandargli un bacio!”. A volte si mette carponi sotto i letti e corre gemendo ed urlando rivivendo gli attimi della fuga.
0re 12.00
Siamo uscite… la strada era tutta innevata, da una parte e dall’altra le divise scure dei carabinieri che controllano la nostra passeggiata sembravano onde minacciose. Oggi invece ho voglia di gettarmi nella neve, di ridere e fare a palle di neve con quel ragazzo che mi fissa sempre. Oggi ha in mano del pane bianco e me lo offre, l’ho preso e gli ho sorriso… avevo ed ho fame! il pane e le patate di qui sono sempre… cattive.
Lo so, lo so che tutti stanno male e pochi mangiano ma i pochi che mangiano li vedo passare per il paese tronfi e altezzosi. Cosa sapranno di noi?
Gli abitanti di Casacalenda in generale sono buoni con noi; ci sorridono, qualcuno ci dà pane ed anche qualche pezzettino di formaggio. Se ci scoprono le guardie siamo punite. Ma io sono stata brava e lesta oggi…
La neve cade abbondantemente, giriamo l’angolo io ed Erminia e vedo attraverso un vetro di una casa una capanna di presepe… fra poco sarà Natale!
Mi prende nel petto una fitta acuta. Natale! per Natale mia madre a casa coceva le mele al forno, faceva lo strudel… tingeva altre mele di rosso scuro e vi metteva candele che alle finestre brillavano; con la carta ritagliava merletti ed ornava porte e finestre. E non andavamo a scuola e la sera cantavamo e la vigilia mangiavamo perfino del buon brodo caldo, aspettando i doni: qualche noce e nocciole in un sacchetto a quadratini rossi. Una volta ho avuto una bambola di pezza che sorrideva… mi sorrideva.
Ore 15.00
Ho ritagliato da un foglio un centrino… come uno fiocco di neve e l’ho appeso alla finestra dicendo alle altre “E’ Natale anche per noi”. Gisela ha sorriso, mi ha dato una carezza e mi ha detto… non ti preoccupare presto torneremo a casa.
Ci spero quasi in questa giornata un po’ ovattata dai dolori e dalla
sofferenza; tutte sembriamo più serene oggi e invece la solita Eva Fucks, la pazza come la chiamiamo, ha cominciato ad urlare. Alza le braccia ossute al cielo e urla “non abbiamo speranza, cosa credete, andremo tutte per il camino, diventeremo tutte cenere!”.
I suoi racconti sono orribili: lei viene da Auschwitz, racconta che lì ebrei, omosessuali, zingari, bambini piccoli, donne e uomini malati che non possono lavorare, vengono riuniti, mandati alle docce, come loro dicono, e da lì non ritornano. Lei dice che li asfissiano col gas e poi li buttano in grossi forni crematori che funzionano sempre e che mandano un fumo spesso e grigio che ricade su tutto il campo.
Urla adesso che anche noi finiremo così; le guardo il braccio con il numero stampato sulla pelle e sento all’improvviso una disperazione profonda. Se non fosse pazza? Se dicesse la verità? Se davvero gli uomini, i Tedeschi fossero diventati belve? Io ho 21 anni, io voglio vivere!
Ci racconta anche che lei per del tempo ha raccolto montagne di denti d’oro e di lenti per spedirli non sapeva dove. Mio Dio fa che non sia vero!
Ore 16.39
Siamo uscite di nuovo e io, Erminia e la tedesca, come chiamiamo Hanna, abbiamo di nascosto comprato al bar una bottiglia di rhum.
Sono oppressa dalla urla di Eva, dalle sue occhiate persecutorie, dai suoi occhi febbricitanti, dalla sue profezie di morte. Non dobbiamo crederle, non dobbiamo cedere.
Ho nascosto la bottiglia in un paio di calze di lana che ho comprato nella merceria. Non se ne sono accorti e stasera faremo baldoria. Continua a nevicare ed il cuore è sempre più pesante. Ora si sta facendo anche buio, la notte ed il gelo stanno calando; non possiamo fare altro che aspettare parlottando fra di noi, facendo girare i pochi libri che non dicono nulla, gli unici ammessi. Gisela come al solito si sta preparando ad accendere il suo mozzicone di candela per scrivere al marito.
Chissà se questa volta le permetteranno di spedire la lettera o con la solita scusa di parole non comprensibili in italiano la censureranno (e così ci uccidono l’anima, non leggiamo dei nostri cari, i nostri cari non sanno nulla di noi). Erminia è nascosta fra un letto e l’altro e scarabocchia dei versi che certamente manderà alla signora Anna, la direttrice ed io… cerco con Angela di truccarmi. Sì, mi voglio fare bella per stasera
Già… bella… allo specchio vedo un viso smagrito e grigio per le occhiaie e anche Angela, la bella Angela che tutti dall’inizio corteggiavano… anche lei mostra i segni di una perdita inequivocabile: ci è stata levata la libertà di essere noi stesse, la libertà di esprimerci, di essere… vogliono che non siamo, che non esistiamo.
Ore 22.00
È successo l’imprevedibile. Dopo la cena ci siamo ritrovate in stanza e abbiamo cominciato a parlare e a bere ricordando ognuna il proprio Natale. Eravamo felici, quasi. Gisela ci cantava piano delle canzoni ed anche Hanna si esibiva, scherzando in un suo numero di cabaret. Abbiamo riso e bevuto… poi non so perché il buio mi è calato addosso, forse dopo che Eva di nuovo ha urlato “Smettetela, smettela tanto vi leveranno a tutte le unghie ed i denti e vi butteranno nei forni. Non usciremo vive!”.
L’ho guardata con odio. Ho pensato che io non ho mai visto il mare d’estate e che non ho mai nuotato e che non ho mai avuto un fidanzato. Ho bevuto ancora, poi si è squarciato come un velo.
Sono a Bari, mi interrogano fino allo sfinimento, fino a notte tarda mi chiedono nomi di compagni che io non conosco o che non voglio tradire. Poi all’improvviso mentre sono quasi stremata mi mettono le mani vicino, no, non vicino, sopra i carboni ardenti di un braciere e le tengono lì ferme, ed io urlo che la smettano che non mi torturino, che parlerò, parlerò. Li ho fatti quei nomi ed erano giovani come me e ridevano come me e come me speravano in un futuro migliore, sono stati uccisi, ed io, sono qui.
Ho cominciato ad urlare che volevo uscire, andare via! Sono arrivate le guardie, mi hanno preso insieme ad Erminia che urlava con me, mi hanno portata dal direttore. Ci ha punite per quindici giorni, ma non è questo l’importante, mi ha guardato dicendo che certamente domani sarò più calma e che sicuramente ripenserò alle sciocchezze che ho detto, alle accuse fatte all’Arma Benemerita di Bari, che nessuna tortura mi è stata mai inflitta altrimenti ci sarebbero i documenti, che non è certamente metodo degli italiani, che ci devo ripensare bene…
La neve continua a cadere, a fare un rumore infernale nel mio cuore. Che è ormai di ghiaccio come le spade alla finestra.
Eva, la pazza, sta gridando nel sonno. Sono sicura: ha ragione lei, forse non vedremo più il sole della libertà, moriremo tutte in Germania, dove davvero i tedeschi e altri umani sono diventati belve.
* brandelli di vita dal campo di concentramento di Casacalenda ☺
Ore 6.00
E’ freddo. Da stanotte nevica. Chi dice che la neve non fa rumore?
Inizia tutto con un sotteso fondo di suoni ovattati, grida che si dilatano per la strada, qualche ruota di biroccio che passa e sembra avere un’eco, gli zoccoli dell’animale che strisciano lontani.
Ma dopo: zic zic… sottili e lucidi come aghi i fiocchi di neve zic zic, a falde larghe, a puntini, a turbinio entrano nella testa, nelle orecchie, nel cuore e ti entrano a frastuono; un rumore profondo un baratro, quasi buio ovunque.
Mi alzo, mi metto la coperta addosso per non tremare, vado verso la finestra, è rimasto solo un triangolo di vetro libero da cui si vede il cielo plumbeo; tutto intorno c’è neve e ghiaccio, grossi ghiaccioli alla nostra finestra. Anche stamattina sarà dura alzarsi, accendere la stufa con la poca legna bagnata. Mi metto già i guanti di lana sulle mani rosse e ruvide ricoperte di geloni.
Guardo intorno svogliata: nella camerata anche le altre brontolano per il freddo, la bacinella con l’acqua per lavarsi è gelata, ci vorrà del tempo prima che si sgeli: fuori già si sente il tramestio delle guardie pronte a fare l'appello. Siamo tutte tristi e assonnate e gelate.
Ore 10.00
All’appello stamattina Hanna, spazientita dalla lunghezza e dalla ripetitività inutile, ha detto ironicamente “Facciamo la conta, oggi?”.
È stata punita con cinque giorni senza uscita dal direttore, dopo la denuncia della guardia Esposito.
Li odio, li odio tutti, ci impediscono di sorridere, di ridere, di dire qualsiasi parola che ci risollevi, di potere esprimere qualche idea, di leggere, di potere scrivere ai nostri cari di… fare qualsiasi cosa che un essere umano desideri fare… siamo come pezzi di piombo inutili e ferme.
Hanna è una politica dura e sprezzante; è appena tornata da un mese di isolamento perché Erminia tempo fa stava attaccando al muro una grande foto di Mussolini. Hanna gliel’ha strappata urlandole: “Mussolini sta cadendo! Lui e Hitler la prenderanno tutti e due nel culo” e afferrò Ermina per i capelli…
Il tafferuglio le è costato un mese di isolamento, è tornata da due giorni sempre più pallida sempre con occhiaie più profonde, ma non cede. Erminia la guarda timorosa. Non osa dire più che è innamorata di Mussolini, ma il suo amore traspare dal suo povero volto ferito attraversato da una profonda cicatrice; lei racconta che le è stata procurata a Roma, da una manganellata della polizia mentre la spintonavano nell’ascensore dove cercava di scappare e così si è ferita anche con i vetri durante la cattura. Lei sussurra “volevo solo toccarlo, solo mandargli un bacio!”. A volte si mette carponi sotto i letti e corre gemendo ed urlando rivivendo gli attimi della fuga.
0re 12.00
Siamo uscite… la strada era tutta innevata, da una parte e dall’altra le divise scure dei carabinieri che controllano la nostra passeggiata sembravano onde minacciose. Oggi invece ho voglia di gettarmi nella neve, di ridere e fare a palle di neve con quel ragazzo che mi fissa sempre. Oggi ha in mano del pane bianco e me lo offre, l’ho preso e gli ho sorriso… avevo ed ho fame! il pane e le patate di qui sono sempre… cattive.
Lo so, lo so che tutti stanno male e pochi mangiano ma i pochi che mangiano li vedo passare per il paese tronfi e altezzosi. Cosa sapranno di noi?
Gli abitanti di Casacalenda in generale sono buoni con noi; ci sorridono, qualcuno ci dà pane ed anche qualche pezzettino di formaggio. Se ci scoprono le guardie siamo punite. Ma io sono stata brava e lesta oggi…
La neve cade abbondantemente, giriamo l’angolo io ed Erminia e vedo attraverso un vetro di una casa una capanna di presepe… fra poco sarà Natale!
Mi prende nel petto una fitta acuta. Natale! per Natale mia madre a casa coceva le mele al forno, faceva lo strudel… tingeva altre mele di rosso scuro e vi metteva candele che alle finestre brillavano; con la carta ritagliava merletti ed ornava porte e finestre. E non andavamo a scuola e la sera cantavamo e la vigilia mangiavamo perfino del buon brodo caldo, aspettando i doni: qualche noce e nocciole in un sacchetto a quadratini rossi. Una volta ho avuto una bambola di pezza che sorrideva… mi sorrideva.
Ore 15.00
Ho ritagliato da un foglio un centrino… come uno fiocco di neve e l’ho appeso alla finestra dicendo alle altre “E’ Natale anche per noi”. Gisela ha sorriso, mi ha dato una carezza e mi ha detto… non ti preoccupare presto torneremo a casa.
Ci spero quasi in questa giornata un po’ ovattata dai dolori e dalla
sofferenza; tutte sembriamo più serene oggi e invece la solita Eva Fucks, la pazza come la chiamiamo, ha cominciato ad urlare. Alza le braccia ossute al cielo e urla “non abbiamo speranza, cosa credete, andremo tutte per il camino, diventeremo tutte cenere!”.
I suoi racconti sono orribili: lei viene da Auschwitz, racconta che lì ebrei, omosessuali, zingari, bambini piccoli, donne e uomini malati che non possono lavorare, vengono riuniti, mandati alle docce, come loro dicono, e da lì non ritornano. Lei dice che li asfissiano col gas e poi li buttano in grossi forni crematori che funzionano sempre e che mandano un fumo spesso e grigio che ricade su tutto il campo.
Urla adesso che anche noi finiremo così; le guardo il braccio con il numero stampato sulla pelle e sento all’improvviso una disperazione profonda. Se non fosse pazza? Se dicesse la verità? Se davvero gli uomini, i Tedeschi fossero diventati belve? Io ho 21 anni, io voglio vivere!
Ci racconta anche che lei per del tempo ha raccolto montagne di denti d’oro e di lenti per spedirli non sapeva dove. Mio Dio fa che non sia vero!
Ore 16.39
Siamo uscite di nuovo e io, Erminia e la tedesca, come chiamiamo Hanna, abbiamo di nascosto comprato al bar una bottiglia di rhum.
Sono oppressa dalla urla di Eva, dalle sue occhiate persecutorie, dai suoi occhi febbricitanti, dalla sue profezie di morte. Non dobbiamo crederle, non dobbiamo cedere.
Ho nascosto la bottiglia in un paio di calze di lana che ho comprato nella merceria. Non se ne sono accorti e stasera faremo baldoria. Continua a nevicare ed il cuore è sempre più pesante. Ora si sta facendo anche buio, la notte ed il gelo stanno calando; non possiamo fare altro che aspettare parlottando fra di noi, facendo girare i pochi libri che non dicono nulla, gli unici ammessi. Gisela come al solito si sta preparando ad accendere il suo mozzicone di candela per scrivere al marito.
Chissà se questa volta le permetteranno di spedire la lettera o con la solita scusa di parole non comprensibili in italiano la censureranno (e così ci uccidono l’anima, non leggiamo dei nostri cari, i nostri cari non sanno nulla di noi). Erminia è nascosta fra un letto e l’altro e scarabocchia dei versi che certamente manderà alla signora Anna, la direttrice ed io… cerco con Angela di truccarmi. Sì, mi voglio fare bella per stasera
Già… bella… allo specchio vedo un viso smagrito e grigio per le occhiaie e anche Angela, la bella Angela che tutti dall’inizio corteggiavano… anche lei mostra i segni di una perdita inequivocabile: ci è stata levata la libertà di essere noi stesse, la libertà di esprimerci, di essere… vogliono che non siamo, che non esistiamo.
Ore 22.00
È successo l’imprevedibile. Dopo la cena ci siamo ritrovate in stanza e abbiamo cominciato a parlare e a bere ricordando ognuna il proprio Natale. Eravamo felici, quasi. Gisela ci cantava piano delle canzoni ed anche Hanna si esibiva, scherzando in un suo numero di cabaret. Abbiamo riso e bevuto… poi non so perché il buio mi è calato addosso, forse dopo che Eva di nuovo ha urlato “Smettetela, smettela tanto vi leveranno a tutte le unghie ed i denti e vi butteranno nei forni. Non usciremo vive!”.
L’ho guardata con odio. Ho pensato che io non ho mai visto il mare d’estate e che non ho mai nuotato e che non ho mai avuto un fidanzato. Ho bevuto ancora, poi si è squarciato come un velo.
Sono a Bari, mi interrogano fino allo sfinimento, fino a notte tarda mi chiedono nomi di compagni che io non conosco o che non voglio tradire. Poi all’improvviso mentre sono quasi stremata mi mettono le mani vicino, no, non vicino, sopra i carboni ardenti di un braciere e le tengono lì ferme, ed io urlo che la smettano che non mi torturino, che parlerò, parlerò. Li ho fatti quei nomi ed erano giovani come me e ridevano come me e come me speravano in un futuro migliore, sono stati uccisi, ed io, sono qui.
Ho cominciato ad urlare che volevo uscire, andare via! Sono arrivate le guardie, mi hanno preso insieme ad Erminia che urlava con me, mi hanno portata dal direttore. Ci ha punite per quindici giorni, ma non è questo l’importante, mi ha guardato dicendo che certamente domani sarò più calma e che sicuramente ripenserò alle sciocchezze che ho detto, alle accuse fatte all’Arma Benemerita di Bari, che nessuna tortura mi è stata mai inflitta altrimenti ci sarebbero i documenti, che non è certamente metodo degli italiani, che ci devo ripensare bene…
La neve continua a cadere, a fare un rumore infernale nel mio cuore. Che è ormai di ghiaccio come le spade alla finestra.
Eva, la pazza, sta gridando nel sonno. Sono sicura: ha ragione lei, forse non vedremo più il sole della libertà, moriremo tutte in Germania, dove davvero i tedeschi e altri umani sono diventati belve.
* brandelli di vita dal campo di concentramento di Casacalenda ☺
E’ freddo. Da stanotte nevica. Chi dice che la neve non fa rumore?
Inizia tutto con un sotteso fondo di suoni ovattati, grida che si dilatano per la strada, qualche ruota di biroccio che passa e sembra avere un’eco, gli zoccoli dell’animale che strisciano lontani.
Ma dopo: zic zic… sottili e lucidi come aghi i fiocchi di neve zic zic, a falde larghe, a puntini, a turbinio entrano nella testa, nelle orecchie, nel cuore e ti entrano a frastuono; un rumore profondo un baratro, quasi buio ovunque.
Mi alzo, mi metto la coperta addosso per non tremare, vado verso la finestra, è rimasto solo un triangolo di vetro libero da cui si vede il cielo plumbeo; tutto intorno c’è neve e ghiaccio, grossi ghiaccioli alla nostra finestra. Anche stamattina sarà dura alzarsi, accendere la stufa con la poca legna bagnata. Mi metto già i guanti di lana sulle mani rosse e ruvide ricoperte di geloni.
Guardo intorno svogliata: nella camerata anche le altre brontolano per il freddo, la bacinella con l’acqua per lavarsi è gelata, ci vorrà del tempo prima che si sgeli: fuori già si sente il tramestio delle guardie pronte a fare l'appello. Siamo tutte tristi e assonnate e gelate.
Ore 10.00
All’appello stamattina Hanna, spazientita dalla lunghezza e dalla ripetitività inutile, ha detto ironicamente “Facciamo la conta, oggi?”.
È stata punita con cinque giorni senza uscita dal direttore, dopo la denuncia della guardia Esposito.
Li odio, li odio tutti, ci impediscono di sorridere, di ridere, di dire qualsiasi parola che ci risollevi, di potere esprimere qualche idea, di leggere, di potere scrivere ai nostri cari di… fare qualsiasi cosa che un essere umano desideri fare… siamo come pezzi di piombo inutili e ferme.
Hanna è una politica dura e sprezzante; è appena tornata da un mese di isolamento perché Erminia tempo fa stava attaccando al muro una grande foto di Mussolini. Hanna gliel’ha strappata urlandole: “Mussolini sta cadendo! Lui e Hitler la prenderanno tutti e due nel culo” e afferrò Ermina per i capelli…
Il tafferuglio le è costato un mese di isolamento, è tornata da due giorni sempre più pallida sempre con occhiaie più profonde, ma non cede. Erminia la guarda timorosa. Non osa dire più che è innamorata di Mussolini, ma il suo amore traspare dal suo povero volto ferito attraversato da una profonda cicatrice; lei racconta che le è stata procurata a Roma, da una manganellata della polizia mentre la spintonavano nell’ascensore dove cercava di scappare e così si è ferita anche con i vetri durante la cattura. Lei sussurra “volevo solo toccarlo, solo mandargli un bacio!”. A volte si mette carponi sotto i letti e corre gemendo ed urlando rivivendo gli attimi della fuga.
0re 12.00
Siamo uscite… la strada era tutta innevata, da una parte e dall’altra le divise scure dei carabinieri che controllano la nostra passeggiata sembravano onde minacciose. Oggi invece ho voglia di gettarmi nella neve, di ridere e fare a palle di neve con quel ragazzo che mi fissa sempre. Oggi ha in mano del pane bianco e me lo offre, l’ho preso e gli ho sorriso… avevo ed ho fame! il pane e le patate di qui sono sempre… cattive.
Lo so, lo so che tutti stanno male e pochi mangiano ma i pochi che mangiano li vedo passare per il paese tronfi e altezzosi. Cosa sapranno di noi?
Gli abitanti di Casacalenda in generale sono buoni con noi; ci sorridono, qualcuno ci dà pane ed anche qualche pezzettino di formaggio. Se ci scoprono le guardie siamo punite. Ma io sono stata brava e lesta oggi…
La neve cade abbondantemente, giriamo l’angolo io ed Erminia e vedo attraverso un vetro di una casa una capanna di presepe… fra poco sarà Natale!
Mi prende nel petto una fitta acuta. Natale! per Natale mia madre a casa coceva le mele al forno, faceva lo strudel… tingeva altre mele di rosso scuro e vi metteva candele che alle finestre brillavano; con la carta ritagliava merletti ed ornava porte e finestre. E non andavamo a scuola e la sera cantavamo e la vigilia mangiavamo perfino del buon brodo caldo, aspettando i doni: qualche noce e nocciole in un sacchetto a quadratini rossi. Una volta ho avuto una bambola di pezza che sorrideva… mi sorrideva.
Ore 15.00
Ho ritagliato da un foglio un centrino… come uno fiocco di neve e l’ho appeso alla finestra dicendo alle altre “E’ Natale anche per noi”. Gisela ha sorriso, mi ha dato una carezza e mi ha detto… non ti preoccupare presto torneremo a casa.
Ci spero quasi in questa giornata un po’ ovattata dai dolori e dalla
sofferenza; tutte sembriamo più serene oggi e invece la solita Eva Fucks, la pazza come la chiamiamo, ha cominciato ad urlare. Alza le braccia ossute al cielo e urla “non abbiamo speranza, cosa credete, andremo tutte per il camino, diventeremo tutte cenere!”.
I suoi racconti sono orribili: lei viene da Auschwitz, racconta che lì ebrei, omosessuali, zingari, bambini piccoli, donne e uomini malati che non possono lavorare, vengono riuniti, mandati alle docce, come loro dicono, e da lì non ritornano. Lei dice che li asfissiano col gas e poi li buttano in grossi forni crematori che funzionano sempre e che mandano un fumo spesso e grigio che ricade su tutto il campo.
Urla adesso che anche noi finiremo così; le guardo il braccio con il numero stampato sulla pelle e sento all’improvviso una disperazione profonda. Se non fosse pazza? Se dicesse la verità? Se davvero gli uomini, i Tedeschi fossero diventati belve? Io ho 21 anni, io voglio vivere!
Ci racconta anche che lei per del tempo ha raccolto montagne di denti d’oro e di lenti per spedirli non sapeva dove. Mio Dio fa che non sia vero!
Ore 16.39
Siamo uscite di nuovo e io, Erminia e la tedesca, come chiamiamo Hanna, abbiamo di nascosto comprato al bar una bottiglia di rhum.
Sono oppressa dalla urla di Eva, dalle sue occhiate persecutorie, dai suoi occhi febbricitanti, dalla sue profezie di morte. Non dobbiamo crederle, non dobbiamo cedere.
Ho nascosto la bottiglia in un paio di calze di lana che ho comprato nella merceria. Non se ne sono accorti e stasera faremo baldoria. Continua a nevicare ed il cuore è sempre più pesante. Ora si sta facendo anche buio, la notte ed il gelo stanno calando; non possiamo fare altro che aspettare parlottando fra di noi, facendo girare i pochi libri che non dicono nulla, gli unici ammessi. Gisela come al solito si sta preparando ad accendere il suo mozzicone di candela per scrivere al marito.
Chissà se questa volta le permetteranno di spedire la lettera o con la solita scusa di parole non comprensibili in italiano la censureranno (e così ci uccidono l’anima, non leggiamo dei nostri cari, i nostri cari non sanno nulla di noi). Erminia è nascosta fra un letto e l’altro e scarabocchia dei versi che certamente manderà alla signora Anna, la direttrice ed io… cerco con Angela di truccarmi. Sì, mi voglio fare bella per stasera
Già… bella… allo specchio vedo un viso smagrito e grigio per le occhiaie e anche Angela, la bella Angela che tutti dall’inizio corteggiavano… anche lei mostra i segni di una perdita inequivocabile: ci è stata levata la libertà di essere noi stesse, la libertà di esprimerci, di essere… vogliono che non siamo, che non esistiamo.
Ore 22.00
È successo l’imprevedibile. Dopo la cena ci siamo ritrovate in stanza e abbiamo cominciato a parlare e a bere ricordando ognuna il proprio Natale. Eravamo felici, quasi. Gisela ci cantava piano delle canzoni ed anche Hanna si esibiva, scherzando in un suo numero di cabaret. Abbiamo riso e bevuto… poi non so perché il buio mi è calato addosso, forse dopo che Eva di nuovo ha urlato “Smettetela, smettela tanto vi leveranno a tutte le unghie ed i denti e vi butteranno nei forni. Non usciremo vive!”.
L’ho guardata con odio. Ho pensato che io non ho mai visto il mare d’estate e che non ho mai nuotato e che non ho mai avuto un fidanzato. Ho bevuto ancora, poi si è squarciato come un velo.
Sono a Bari, mi interrogano fino allo sfinimento, fino a notte tarda mi chiedono nomi di compagni che io non conosco o che non voglio tradire. Poi all’improvviso mentre sono quasi stremata mi mettono le mani vicino, no, non vicino, sopra i carboni ardenti di un braciere e le tengono lì ferme, ed io urlo che la smettano che non mi torturino, che parlerò, parlerò. Li ho fatti quei nomi ed erano giovani come me e ridevano come me e come me speravano in un futuro migliore, sono stati uccisi, ed io, sono qui.
Ho cominciato ad urlare che volevo uscire, andare via! Sono arrivate le guardie, mi hanno preso insieme ad Erminia che urlava con me, mi hanno portata dal direttore. Ci ha punite per quindici giorni, ma non è questo l’importante, mi ha guardato dicendo che certamente domani sarò più calma e che sicuramente ripenserò alle sciocchezze che ho detto, alle accuse fatte all’Arma Benemerita di Bari, che nessuna tortura mi è stata mai inflitta altrimenti ci sarebbero i documenti, che non è certamente metodo degli italiani, che ci devo ripensare bene…
La neve continua a cadere, a fare un rumore infernale nel mio cuore. Che è ormai di ghiaccio come le spade alla finestra.
Eva, la pazza, sta gridando nel sonno. Sono sicura: ha ragione lei, forse non vedremo più il sole della libertà, moriremo tutte in Germania, dove davvero i tedeschi e altri umani sono diventati belve.
* brandelli di vita dal campo di concentramento di Casacalenda ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.