Le prime parole che Gesù pronuncia nel più antico vangelo che possediamo, quello di Marco, sintetizzano perfettamente il contenuto dell’insegnamento di Gesù in tutti i Vangeli, sottolineando anche chi era che lo spingeva a girare per la Galilea a predicare: Dio stesso. Sentiamo le sue parole: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). Sembra una frase molto semplice ma è un concentrato di tutto quello che Gesù ha detto e una spiegazione di tutto quello che Gesù ha fatto. Andiamo per ordine, cercando di comprendere parola per parola l’affermazione di Gesù:
Il tempo è compiuto: nella lingua greca esistono due termini principali per indicare il tempo: chrònos, che sottolinea il movimento, la quantità di tempo, il suo scorrere; in base al chrònos un evento semplicemente viene dopo un altro evento, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro. Invece la parola kairòs, che viene utilizzata da Marco, indica un tipo di tempo qualitativamente speciale, come può essere la nascita di un personaggio importante, la data del matrimonio, la morte di una persona cara, un evento storico che segna una svolta (pensiamo all’11 settembre 2001, ad esempio). Il tempo a cui si riferisce Gesù è di questo tipo, è un tempo specifico che era ben noto ai suoi ascoltatori: il tempo dell’intervento di Dio, annunciato dai profeti e atteso con ansia spasmodica dai contemporanei di Gesù (la sua è un’epoca in cui ci sono molti predicatori degli ultimi tempi e molti personaggi che hanno imbracciato le armi contro i romani, convinti che Dio stesse dalla loro parte; qualcuno, 100 anni dopo Gesù ci è pure riuscito, un certo bar-Kokebà, acclamato messia vincitore dei romani ma poi messo a morte dagli inviati dell’imperatore Adriano). Ora, dice Gesù, il tempo dell’attesa dell’intervento di Dio è compiuto, letteralmente “si è riempito” oppure “è stato riempito”, nel senso che l’attesa è colmata dall’intervento stesso.
Il regno di Dio è vicino: letteralmente dobbiamo tradurre: il regno di Dio si è fatto prossimo, vicino. Dobbiamo innanzitutto sottolineare che la parola “regno” non significa una realtà geopolitica, cioè un territorio sottomesso a un sovrano, ma indica l’esercizio dell’autorità da parte di Dio. Sarebbe meglio dire: “il regnare di Dio si è fatto prossimo”. In tal senso l’affermazione di Gesù dice due cose contemporaneamente: da un lato che sta parlando a un popolo oppresso dal dominio di un altro potere straniero e fa quindi un’affermazione politica, in quanto, come abbiamo già sottolineato, il suo era un tempo di grandi fermenti rivoluzionari; allo stesso tempo dice che Dio sta già esercitando il suo potere (in italiano si usa il passato prossimo, per indicare qualcosa che è già accaduta, ma traduce il “perfetto” greco che indica che non solo è già accaduto, ma dice anche che i suoi effetti sono percepibili nel presente). Già da questa prima affermazione fatta da Gesù, possiamo intuire perché a un certo punto della sua vita è incappato in Ponzio Pilato per essere condannato a morte! Dall’inizio Gesù ha dato fastidio. Il problema, semmai, è capire come Dio esercita il potere e su questo ci può aiutare un’altra “prima uscita”, raccontata nel vangelo di Luca, quando Gesù, a Nazaret, legge il profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore”; dopo aver letto, Gesù commenta: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi” (cfr. Lc 4,17-21). La vicinanza di Dio che regna si manifesta attraverso l’azione di Gesù in favore degli oppressi e attraverso la sua parola di speranza ma anche di critica per chi produce le situazioni di oppressione. Nel regnare di Dio è compreso tutto il ministero di Gesù fino alla sua morte. E’ quanto Gesù stesso afferma più avanti, sempre in Luca, quando è accusato di essere un emissario del diavolo: “Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio” (11,20). Questo regno tuttavia non viene in modo eclatante, ma in modo discreto e viene paragonato da Matteo a un granellino di senapa o a un po’ di lievito (Mt 13,31-33), per evitare la possibilità di essere confuso con quelli che strepitano con violenza nell’accampare i diritti sulla propria terra. Perché, come dice in Giovanni, “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 19,36), cioè non è secondo la logica violenta del mondo.
Convertitevi e credete al vangelo: questa affermazione è nota a molti forse perché è usata con l’imposizione delle ceneri, ma proprio l’uso in quel contesto penitenziale stravolge il vero significato che Gesù ha voluto esprimere con quelle parole. Innanzitutto non è esatto tradurre “convertitevi”, che indica il voltarsi in un’altra direzione: questa azione in greco è espressa con un atro verbo; il verbo usato da Gesù, invece, è stato tradotto così a causa della traduzione latina di s. Girolamo, che a sua volta ha tradotto scegliendo tra i significati quello più penitenziale: fate penitenza. In realtà il verbo originale in quel contesto va tradotto: cambiare mente, cambiare avviso, cambiare modo di vedere, ripensare. In sintesi, Gesù invita gli ascoltatori ad accorgersi della vicinanza di Dio che regna, sebbene tale presenza sia molto discreta, nell’agire di Gesù in favore degli ultimi e dei peccatori. Dietro a questo invito a cambiare punto di vista riecheggia quanto dice il profeta Isaia: “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (43,19); e ancora: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci (letteralmente: evangelizzatore) che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio” (52,7). In tal senso, l’ultima frase di Gesù: “credete al vangelo”, è un’affermazione parallela a “cambiate mente” e non significa affatto credere a quanto è scritto in un libro oppure a delle affermazioni teologiche o religiose, bensì credere a un lieto annuncio (“vangelo” significa proprio questo), al fatto, cioè, che attraverso Gesù e la sua azione Dio si è fatto prossimo ed è realmente Signore di coloro che accolgono la parola e l’azione di Gesù. Chi accoglie Gesù riconosce di avere come padrone solo Dio e dunque non è più schiavo dei poteri umani, a tal punto da poter diventare liberamente servitore dei fratelli e della causa del Regno di Dio, cioè l’affrancamento degli uomini dalle pretese del potere, del denaro, dell’egoismo: “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non è così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Lc 22,25-26). Un’ultima parola sul significato del verbo “credere”: come ho già accennato non significa aderire con la mente a delle formule teologiche, bensì letteralmente significa: fidarsi. Gesù dice: credetemi, fidatevi di quello che vi dico: Dio non si è dimenticato di voi ma è vicino e vuole liberarvi da ogni tipo di schiavitù, esterna e interiore, perché possiate realizzare quel progetto iniziale della creazione: essere liberi, in quanto immagine di Dio, liberi dall’egoismo per amare e vivere sulla terra come in un giardino e non in un deserto.
Una volta capito l’inizio della predicazione di Gesù, sarà più difficile fraintendere il suo insegnamento, troppo spesso usato per tenere i cristiani sotto il peso di una morale soffocante a tal punto da far pensare che cristianesimo è sinonimo di bigottismo e fede religiosa sinonimo di formalismo ipocrita. ☺
Le prime parole che Gesù pronuncia nel più antico vangelo che possediamo, quello di Marco, sintetizzano perfettamente il contenuto dell’insegnamento di Gesù in tutti i Vangeli, sottolineando anche chi era che lo spingeva a girare per la Galilea a predicare: Dio stesso. Sentiamo le sue parole: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). Sembra una frase molto semplice ma è un concentrato di tutto quello che Gesù ha detto e una spiegazione di tutto quello che Gesù ha fatto. Andiamo per ordine, cercando di comprendere parola per parola l’affermazione di Gesù:
Il tempo è compiuto: nella lingua greca esistono due termini principali per indicare il tempo: chrònos, che sottolinea il movimento, la quantità di tempo, il suo scorrere; in base al chrònos un evento semplicemente viene dopo un altro evento, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro. Invece la parola kairòs, che viene utilizzata da Marco, indica un tipo di tempo qualitativamente speciale, come può essere la nascita di un personaggio importante, la data del matrimonio, la morte di una persona cara, un evento storico che segna una svolta (pensiamo all’11 settembre 2001, ad esempio). Il tempo a cui si riferisce Gesù è di questo tipo, è un tempo specifico che era ben noto ai suoi ascoltatori: il tempo dell’intervento di Dio, annunciato dai profeti e atteso con ansia spasmodica dai contemporanei di Gesù (la sua è un’epoca in cui ci sono molti predicatori degli ultimi tempi e molti personaggi che hanno imbracciato le armi contro i romani, convinti che Dio stesse dalla loro parte; qualcuno, 100 anni dopo Gesù ci è pure riuscito, un certo bar-Kokebà, acclamato messia vincitore dei romani ma poi messo a morte dagli inviati dell’imperatore Adriano). Ora, dice Gesù, il tempo dell’attesa dell’intervento di Dio è compiuto, letteralmente “si è riempito” oppure “è stato riempito”, nel senso che l’attesa è colmata dall’intervento stesso.
Il regno di Dio è vicino: letteralmente dobbiamo tradurre: il regno di Dio si è fatto prossimo, vicino. Dobbiamo innanzitutto sottolineare che la parola “regno” non significa una realtà geopolitica, cioè un territorio sottomesso a un sovrano, ma indica l’esercizio dell’autorità da parte di Dio. Sarebbe meglio dire: “il regnare di Dio si è fatto prossimo”. In tal senso l’affermazione di Gesù dice due cose contemporaneamente: da un lato che sta parlando a un popolo oppresso dal dominio di un altro potere straniero e fa quindi un’affermazione politica, in quanto, come abbiamo già sottolineato, il suo era un tempo di grandi fermenti rivoluzionari; allo stesso tempo dice che Dio sta già esercitando il suo potere (in italiano si usa il passato prossimo, per indicare qualcosa che è già accaduta, ma traduce il “perfetto” greco che indica che non solo è già accaduto, ma dice anche che i suoi effetti sono percepibili nel presente). Già da questa prima affermazione fatta da Gesù, possiamo intuire perché a un certo punto della sua vita è incappato in Ponzio Pilato per essere condannato a morte! Dall’inizio Gesù ha dato fastidio. Il problema, semmai, è capire come Dio esercita il potere e su questo ci può aiutare un’altra “prima uscita”, raccontata nel vangelo di Luca, quando Gesù, a Nazaret, legge il profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore”; dopo aver letto, Gesù commenta: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi” (cfr. Lc 4,17-21). La vicinanza di Dio che regna si manifesta attraverso l’azione di Gesù in favore degli oppressi e attraverso la sua parola di speranza ma anche di critica per chi produce le situazioni di oppressione. Nel regnare di Dio è compreso tutto il ministero di Gesù fino alla sua morte. E’ quanto Gesù stesso afferma più avanti, sempre in Luca, quando è accusato di essere un emissario del diavolo: “Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio” (11,20). Questo regno tuttavia non viene in modo eclatante, ma in modo discreto e viene paragonato da Matteo a un granellino di senapa o a un po’ di lievito (Mt 13,31-33), per evitare la possibilità di essere confuso con quelli che strepitano con violenza nell’accampare i diritti sulla propria terra. Perché, come dice in Giovanni, “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 19,36), cioè non è secondo la logica violenta del mondo.
Convertitevi e credete al vangelo: questa affermazione è nota a molti forse perché è usata con l’imposizione delle ceneri, ma proprio l’uso in quel contesto penitenziale stravolge il vero significato che Gesù ha voluto esprimere con quelle parole. Innanzitutto non è esatto tradurre “convertitevi”, che indica il voltarsi in un’altra direzione: questa azione in greco è espressa con un atro verbo; il verbo usato da Gesù, invece, è stato tradotto così a causa della traduzione latina di s. Girolamo, che a sua volta ha tradotto scegliendo tra i significati quello più penitenziale: fate penitenza. In realtà il verbo originale in quel contesto va tradotto: cambiare mente, cambiare avviso, cambiare modo di vedere, ripensare. In sintesi, Gesù invita gli ascoltatori ad accorgersi della vicinanza di Dio che regna, sebbene tale presenza sia molto discreta, nell’agire di Gesù in favore degli ultimi e dei peccatori. Dietro a questo invito a cambiare punto di vista riecheggia quanto dice il profeta Isaia: “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (43,19); e ancora: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci (letteralmente: evangelizzatore) che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio” (52,7). In tal senso, l’ultima frase di Gesù: “credete al vangelo”, è un’affermazione parallela a “cambiate mente” e non significa affatto credere a quanto è scritto in un libro oppure a delle affermazioni teologiche o religiose, bensì credere a un lieto annuncio (“vangelo” significa proprio questo), al fatto, cioè, che attraverso Gesù e la sua azione Dio si è fatto prossimo ed è realmente Signore di coloro che accolgono la parola e l’azione di Gesù. Chi accoglie Gesù riconosce di avere come padrone solo Dio e dunque non è più schiavo dei poteri umani, a tal punto da poter diventare liberamente servitore dei fratelli e della causa del Regno di Dio, cioè l’affrancamento degli uomini dalle pretese del potere, del denaro, dell’egoismo: “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non è così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Lc 22,25-26). Un’ultima parola sul significato del verbo “credere”: come ho già accennato non significa aderire con la mente a delle formule teologiche, bensì letteralmente significa: fidarsi. Gesù dice: credetemi, fidatevi di quello che vi dico: Dio non si è dimenticato di voi ma è vicino e vuole liberarvi da ogni tipo di schiavitù, esterna e interiore, perché possiate realizzare quel progetto iniziale della creazione: essere liberi, in quanto immagine di Dio, liberi dall’egoismo per amare e vivere sulla terra come in un giardino e non in un deserto.
Una volta capito l’inizio della predicazione di Gesù, sarà più difficile fraintendere il suo insegnamento, troppo spesso usato per tenere i cristiani sotto il peso di una morale soffocante a tal punto da far pensare che cristianesimo è sinonimo di bigottismo e fede religiosa sinonimo di formalismo ipocrita. ☺
Le prime parole che Gesù pronuncia nel più antico vangelo che possediamo, quello di Marco, sintetizzano perfettamente il contenuto dell’insegnamento di Gesù in tutti i Vangeli, sottolineando anche chi era che lo spingeva a girare per la Galilea a predicare: Dio stesso. Sentiamo le sue parole: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). Sembra una frase molto semplice ma è un concentrato di tutto quello che Gesù ha detto e una spiegazione di tutto quello che Gesù ha fatto. Andiamo per ordine, cercando di comprendere parola per parola l’affermazione di Gesù:
Il tempo è compiuto: nella lingua greca esistono due termini principali per indicare il tempo: chrònos, che sottolinea il movimento, la quantità di tempo, il suo scorrere; in base al chrònos un evento semplicemente viene dopo un altro evento, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro. Invece la parola kairòs, che viene utilizzata da Marco, indica un tipo di tempo qualitativamente speciale, come può essere la nascita di un personaggio importante, la data del matrimonio, la morte di una persona cara, un evento storico che segna una svolta (pensiamo all’11 settembre 2001, ad esempio). Il tempo a cui si riferisce Gesù è di questo tipo, è un tempo specifico che era ben noto ai suoi ascoltatori: il tempo dell’intervento di Dio, annunciato dai profeti e atteso con ansia spasmodica dai contemporanei di Gesù (la sua è un’epoca in cui ci sono molti predicatori degli ultimi tempi e molti personaggi che hanno imbracciato le armi contro i romani, convinti che Dio stesse dalla loro parte; qualcuno, 100 anni dopo Gesù ci è pure riuscito, un certo bar-Kokebà, acclamato messia vincitore dei romani ma poi messo a morte dagli inviati dell’imperatore Adriano). Ora, dice Gesù, il tempo dell’attesa dell’intervento di Dio è compiuto, letteralmente “si è riempito” oppure “è stato riempito”, nel senso che l’attesa è colmata dall’intervento stesso.
Il regno di Dio è vicino: letteralmente dobbiamo tradurre: il regno di Dio si è fatto prossimo, vicino. Dobbiamo innanzitutto sottolineare che la parola “regno” non significa una realtà geopolitica, cioè un territorio sottomesso a un sovrano, ma indica l’esercizio dell’autorità da parte di Dio. Sarebbe meglio dire: “il regnare di Dio si è fatto prossimo”. In tal senso l’affermazione di Gesù dice due cose contemporaneamente: da un lato che sta parlando a un popolo oppresso dal dominio di un altro potere straniero e fa quindi un’affermazione politica, in quanto, come abbiamo già sottolineato, il suo era un tempo di grandi fermenti rivoluzionari; allo stesso tempo dice che Dio sta già esercitando il suo potere (in italiano si usa il passato prossimo, per indicare qualcosa che è già accaduta, ma traduce il “perfetto” greco che indica che non solo è già accaduto, ma dice anche che i suoi effetti sono percepibili nel presente). Già da questa prima affermazione fatta da Gesù, possiamo intuire perché a un certo punto della sua vita è incappato in Ponzio Pilato per essere condannato a morte! Dall’inizio Gesù ha dato fastidio. Il problema, semmai, è capire come Dio esercita il potere e su questo ci può aiutare un’altra “prima uscita”, raccontata nel vangelo di Luca, quando Gesù, a Nazaret, legge il profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore”; dopo aver letto, Gesù commenta: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi” (cfr. Lc 4,17-21). La vicinanza di Dio che regna si manifesta attraverso l’azione di Gesù in favore degli oppressi e attraverso la sua parola di speranza ma anche di critica per chi produce le situazioni di oppressione. Nel regnare di Dio è compreso tutto il ministero di Gesù fino alla sua morte. E’ quanto Gesù stesso afferma più avanti, sempre in Luca, quando è accusato di essere un emissario del diavolo: “Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio” (11,20). Questo regno tuttavia non viene in modo eclatante, ma in modo discreto e viene paragonato da Matteo a un granellino di senapa o a un po’ di lievito (Mt 13,31-33), per evitare la possibilità di essere confuso con quelli che strepitano con violenza nell’accampare i diritti sulla propria terra. Perché, come dice in Giovanni, “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 19,36), cioè non è secondo la logica violenta del mondo.
Convertitevi e credete al vangelo: questa affermazione è nota a molti forse perché è usata con l’imposizione delle ceneri, ma proprio l’uso in quel contesto penitenziale stravolge il vero significato che Gesù ha voluto esprimere con quelle parole. Innanzitutto non è esatto tradurre “convertitevi”, che indica il voltarsi in un’altra direzione: questa azione in greco è espressa con un atro verbo; il verbo usato da Gesù, invece, è stato tradotto così a causa della traduzione latina di s. Girolamo, che a sua volta ha tradotto scegliendo tra i significati quello più penitenziale: fate penitenza. In realtà il verbo originale in quel contesto va tradotto: cambiare mente, cambiare avviso, cambiare modo di vedere, ripensare. In sintesi, Gesù invita gli ascoltatori ad accorgersi della vicinanza di Dio che regna, sebbene tale presenza sia molto discreta, nell’agire di Gesù in favore degli ultimi e dei peccatori. Dietro a questo invito a cambiare punto di vista riecheggia quanto dice il profeta Isaia: “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (43,19); e ancora: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci (letteralmente: evangelizzatore) che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio” (52,7). In tal senso, l’ultima frase di Gesù: “credete al vangelo”, è un’affermazione parallela a “cambiate mente” e non significa affatto credere a quanto è scritto in un libro oppure a delle affermazioni teologiche o religiose, bensì credere a un lieto annuncio (“vangelo” significa proprio questo), al fatto, cioè, che attraverso Gesù e la sua azione Dio si è fatto prossimo ed è realmente Signore di coloro che accolgono la parola e l’azione di Gesù. Chi accoglie Gesù riconosce di avere come padrone solo Dio e dunque non è più schiavo dei poteri umani, a tal punto da poter diventare liberamente servitore dei fratelli e della causa del Regno di Dio, cioè l’affrancamento degli uomini dalle pretese del potere, del denaro, dell’egoismo: “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non è così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Lc 22,25-26). Un’ultima parola sul significato del verbo “credere”: come ho già accennato non significa aderire con la mente a delle formule teologiche, bensì letteralmente significa: fidarsi. Gesù dice: credetemi, fidatevi di quello che vi dico: Dio non si è dimenticato di voi ma è vicino e vuole liberarvi da ogni tipo di schiavitù, esterna e interiore, perché possiate realizzare quel progetto iniziale della creazione: essere liberi, in quanto immagine di Dio, liberi dall’egoismo per amare e vivere sulla terra come in un giardino e non in un deserto.
Una volta capito l’inizio della predicazione di Gesù, sarà più difficile fraintendere il suo insegnamento, troppo spesso usato per tenere i cristiani sotto il peso di una morale soffocante a tal punto da far pensare che cristianesimo è sinonimo di bigottismo e fede religiosa sinonimo di formalismo ipocrita. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.