La luce che pulisce
27 Febbraio 2016
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La luce che pulisce

In vista del Giubileo del 2000, il Vicariato di Roma bandì nel 1995 un concorso internazionale di architettura. Il progetto vincente fu quello di Richard Meier. Egli stesso presentò la sua opera davanti al Papa Giovanni Paolo II in Vaticano affermando: “Le vele bianche ci condurranno verso un mondo nuovo“. Per realizzare il progetto relativo alla chiesa Dives in Misericordia in Roma, l’architetto Meier reclamò dei severi requisiti in relazione alla purezza del bianco, brillanza e conservazione nel tempo delle sue qualità estetiche.

La perentoria richiesta dell’illustre progettista favorì la messa a punto di un procedimento chimico in grado di affrontare e demolire sensibilmente i fattori responsabili del venir meno nel tempo della lucentezza originaria voluta, strettamente collegata alle sostanze responsabili della contaminazione degli ambienti urbanizzati. La modalità, tuttora poco nota e altrettanto poco applicata, in grado di affrontare in maniera efficace e duratura quanto evidenziato, è quella di far ricorso alla fotocatalisi, ben noto fenomeno naturale atto alla decomposizione di quelle sostanze inquinanti, presenti sulle superfici esposte, in presenza di luce (naturale o artificiale) e di particolari composti chimici (catalizzatori), in altre chimicamente innocue. Il risultato, ampiamente dimostrato ed evidente come non mai, è registrabile in una sensibile riduzione degli inquinanti tossici prodotti dalle automobili, dalle fabbriche, dal riscaldamento domestico e da qualunque altra fonte indesiderata.

Ancor più interessante è il poter rimarcare che per loro natura i fotocatalizzatori non perdono le loro proprietà con il passare del tempo; agiscono da attivatori del processo e non legandosi agli inquinanti, restano a disposizione per nuovi cicli fotocatalici.

Il problema dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani di grandi dimensioni e, non di rado, in quelli medi e piccoli, ha ormai assunto proporzioni drammatiche, non solo come ampiamente documentato dalle agenzie di riferimento, nazionali e locali, ma anche e per motivi da non sottovalutare, quali le conseguenze devastanti di degradazione dei monumenti, delle superfici degli edifici e di ogni infrastruttura esposta. La principale causa di degrado è da individuarsi proprio nell’ aggressione da parte dei composti sia organici che inorganici contenuti in quella patina che si deposita giorno dopo giorno sulle superfici, facendole diventare grigie.

Le pareti delle nostre abitazioni, come quelle dei locali pubblici e i vetri dei palazzi, necessitano di continua ripulitura e sono normalmente oggetto di alti costi di manutenzione per poter essere esteticamente gradevoli. I sottopassi e le gallerie, che per legge devono avere un valore cromatico sufficiente per garantire un’adeguata luminosità, sono sottoposti a costi di manutenzione altissimi, con conseguenze anche fastidiose per i periodici cantieri preposti alla riqualificazione delle pareti interne. È una problematica che, per la sua complessità, deve essere affrontata sia agendo sulla riduzione dei volumi delle sostanze inquinanti, sia operando sulla loro qualità.

Abbassare i quantitativi di inquinanti presenti in atmosfera, nei corpi idrici e nei suoli è quanto di più importante, efficace e duraturo si possa metter in atto sia dal pubblico amministratore, che dai privati cittadini, singoli ed associati. È, però, un’azione di carattere generale che riguarda l’insieme degli atti di cui si occupano quotidianamente le agenzie preposte e non solo. Agire sul tipo, ovvero sulla natura delle sostanze, nel senso di trasformarle chimicamente in prodotti inerti ai fini delle loro azioni sui materiali costituenti le superfici delle pareti di monumenti, di costruzioni e tutto quanto possa essere interessato, può risultare decisamente utile per rendere vivibile un qualsivoglia ambiente ecologicamente in affanno.☺

 

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