Le prime testimonianze sulla presenza di insetti alati sulla Terra risalgono al Carbonifero, oltre trecento milioni di anni fa, anche se è necessario arrivare al Giurassico (circa 140 milioni di anni fa) per trovare tracce fossili dei primi Lepidotteri, ossia di Farfalle e Falene che non si nutrivano di nettare. Fu la diffusione dei fiori nel Cretaceo che fece aumentare le specie di Lepidotteri e che li fece differenziare nelle diverse famiglie che oggi conosciamo. I primi fossili della famiglia dei Papilionidi, il cui nome deriva da “papilio” = farfalla, risalgono a 38 milioni di anni fa. Si tratta di una delle famiglie più conosciute nel mondo per la loro bellezza e dimensione, entrambe caratteristiche che l’hanno sottoposta a razzie causate da collezionisti senza scrupoli che, con cifre da capogiro, mettono in crisi diverse popolazioni in tutto il mondo. Oltre ottanta specie di questa famiglia sono a rischio di estinzione ma questo numero rischia solo di aumentare, non solo a causa di aste illegali, ma anche per l’inquinamento da pesticidi/erbicidi, per la cementificazione selvaggia, la distruzione e modifica degli ambienti naturali e lo sfalcio/raccolta delle piante nutrici.
Una specie italiana a rischio di estinzione, inserita nel Libro rosso delle farfalle d’Italia di Carlo e Guido Prola (1990, WWF), che è presente anche in alcune aree localizzate del basso Molise, è la Polissena (Zerynthia polyxena). La sua presenza è strettamente legata ai siti in cui cresce l’Aristo -lochia: i suoi bruchi si nutrono solo di piante di questo genere e le impollinano quando si trasferiscono da un fiore tubolare all’altro poiché li utilizzano come rifugio. La colorazione dell’adulto è molto caratteristica, le ali sono gialle con disegni neri mentre quelle posteriori possiedono anche disegni rossi a forma di lunette.
L’adattamento ad ambienti più vari fanno del Macaone (Papilio machaon) la specie più conosciuta e più diffusa di questa famiglia, anche se la sua popolazione non è più abbondante come 50 anni fa. Le sue ampie ali gialle possiedono macchie e venature nere e, verso il margine, una fascia blu ornata di scuro mentre, quelle posteriori, possiedono anche una macchia rossa ed una vistosa “coda di rondine” da cui è derivato il suo nome comune inglese “Swallowtail”. Il suo bruco si nutre prevalentemente di ombrellifere, come il finocchio selvatico e la carota selvatica, sulle quali l’adulto depone fino a 4 generazioni di uova l’anno. Se qualcuno si trova a raccogliere queste piante per scopi alimentari, ne lasci qualcuna anche per questi splendidi insetti ed eviti di raccogliere quelle sulle quali ci sono uova o bruchi. I predatori dei bruchi sono diversi e numerosi, per questo oltre all’aspetto mimetico o alla colorazione di avvertimento, gli esemplari di questa specie possiedono un’arma in più per intimidirli: l’osmeterio. Si tratta di un’appendice biforcuta arancione che viene estroflessa quando il bruco si sente minacciato e che emette un odore penetrante (dal greco osmé= odore).
In questa famiglia possiamo trovare anche quello che, nella mitologia, è il fratello di Macaone: Podalirio (Iphiclides podalirius). Questa specie si distingue dalla precedente per il colore più attenuato delle ali (quasi biancastro) e dalle fasce nere simili a fiammelle che le attraversano e ne hanno caratterizzato il nome comune francese “Flambè”. Le ali posteriori possiedono anche delle macchie azzurre a forma di lunette, una macchia rosso-arancione e una lunga e sottile coda. I bruchi di questa specie si nutrono di foglie di alberi ed arbusti della famiglia delle Rosacee, soprattutto di prugnoli, e possiedono anch’essi l’osmeterio. Meno diffusa della precedente, il Podalirio è in costante calo numerico poiché il suo ambiente è sottoposto a continue aggressioni, come l’eliminazione delle siepi attraverso l’abbattimento diretto o la bruciatura colposa/dolosa, mentre i frutteti non offrono altro che foglie avvelenate.
Non ci stancheremo mai di ripetere che le farfalle, come molte altre specie di animali, sono degli indicatori biologici e la loro presenza o assenza in determinati siti è un chiaro segno di salubrità o di degrado ambientale. Quindi favorire la diffusione di questi splendidi insetti non è ispirata solo da motivi sentimentali ed estetici ma serve anche a salvaguardare il nostro benessere e la sopravvivenza della nostra stessa specie.
Un bruco in una mela biologica o le insalate biologiche con foglie mangiucchiate, anche se possono sembrare meno belle per qualcuno, forniscono utili informazioni sulla loro buona qualità. I veleni con cui vengono trattati molti alimenti non solo minacciano la biodiversità ma anche la nostra stessa salute! Favoriamo quindi l’acquisto di alimenti biologici e locali, evitiamo di distruggere siepi, incolti ed altri siti naturali, non utilizziamo prodotti chimici e tossici non solo per lasciare un ambiente più sano alle generazioni future ma anche per far sì che molte specie di farfalle e di altri animali e piante legati agli ambienti in cui viviamo continuino a sopravvivere come veri e propri “gioielli di famiglia”.
Per saperne di più su queste ed altre specie o più in generale sulle farfalle tutte le domeniche di Giugno alle ore 10.30 presso l’Oasi LIPU di Casacalenda sarà possibile partecipare all’Evento “Arcobaleni Viventi” (per informazioni 347-62.55.345 e www.lipumolise.altervista.org).☺
crfs.casacalenda@lipu.it
Le prime testimonianze sulla presenza di insetti alati sulla Terra risalgono al Carbonifero, oltre trecento milioni di anni fa, anche se è necessario arrivare al Giurassico (circa 140 milioni di anni fa) per trovare tracce fossili dei primi Lepidotteri, ossia di Farfalle e Falene che non si nutrivano di nettare. Fu la diffusione dei fiori nel Cretaceo che fece aumentare le specie di Lepidotteri e che li fece differenziare nelle diverse famiglie che oggi conosciamo. I primi fossili della famiglia dei Papilionidi, il cui nome deriva da “papilio” = farfalla, risalgono a 38 milioni di anni fa. Si tratta di una delle famiglie più conosciute nel mondo per la loro bellezza e dimensione, entrambe caratteristiche che l’hanno sottoposta a razzie causate da collezionisti senza scrupoli che, con cifre da capogiro, mettono in crisi diverse popolazioni in tutto il mondo. Oltre ottanta specie di questa famiglia sono a rischio di estinzione ma questo numero rischia solo di aumentare, non solo a causa di aste illegali, ma anche per l’inquinamento da pesticidi/erbicidi, per la cementificazione selvaggia, la distruzione e modifica degli ambienti naturali e lo sfalcio/raccolta delle piante nutrici.
Una specie italiana a rischio di estinzione, inserita nel Libro rosso delle farfalle d’Italia di Carlo e Guido Prola (1990, WWF), che è presente anche in alcune aree localizzate del basso Molise, è la Polissena (Zerynthia polyxena). La sua presenza è strettamente legata ai siti in cui cresce l’Aristo -lochia: i suoi bruchi si nutrono solo di piante di questo genere e le impollinano quando si trasferiscono da un fiore tubolare all’altro poiché li utilizzano come rifugio. La colorazione dell’adulto è molto caratteristica, le ali sono gialle con disegni neri mentre quelle posteriori possiedono anche disegni rossi a forma di lunette.
L’adattamento ad ambienti più vari fanno del Macaone (Papilio machaon) la specie più conosciuta e più diffusa di questa famiglia, anche se la sua popolazione non è più abbondante come 50 anni fa. Le sue ampie ali gialle possiedono macchie e venature nere e, verso il margine, una fascia blu ornata di scuro mentre, quelle posteriori, possiedono anche una macchia rossa ed una vistosa “coda di rondine” da cui è derivato il suo nome comune inglese “Swallowtail”. Il suo bruco si nutre prevalentemente di ombrellifere, come il finocchio selvatico e la carota selvatica, sulle quali l’adulto depone fino a 4 generazioni di uova l’anno. Se qualcuno si trova a raccogliere queste piante per scopi alimentari, ne lasci qualcuna anche per questi splendidi insetti ed eviti di raccogliere quelle sulle quali ci sono uova o bruchi. I predatori dei bruchi sono diversi e numerosi, per questo oltre all’aspetto mimetico o alla colorazione di avvertimento, gli esemplari di questa specie possiedono un’arma in più per intimidirli: l’osmeterio. Si tratta di un’appendice biforcuta arancione che viene estroflessa quando il bruco si sente minacciato e che emette un odore penetrante (dal greco osmé= odore).
In questa famiglia possiamo trovare anche quello che, nella mitologia, è il fratello di Macaone: Podalirio (Iphiclides podalirius). Questa specie si distingue dalla precedente per il colore più attenuato delle ali (quasi biancastro) e dalle fasce nere simili a fiammelle che le attraversano e ne hanno caratterizzato il nome comune francese “Flambè”. Le ali posteriori possiedono anche delle macchie azzurre a forma di lunette, una macchia rosso-arancione e una lunga e sottile coda. I bruchi di questa specie si nutrono di foglie di alberi ed arbusti della famiglia delle Rosacee, soprattutto di prugnoli, e possiedono anch’essi l’osmeterio. Meno diffusa della precedente, il Podalirio è in costante calo numerico poiché il suo ambiente è sottoposto a continue aggressioni, come l’eliminazione delle siepi attraverso l’abbattimento diretto o la bruciatura colposa/dolosa, mentre i frutteti non offrono altro che foglie avvelenate.
Non ci stancheremo mai di ripetere che le farfalle, come molte altre specie di animali, sono degli indicatori biologici e la loro presenza o assenza in determinati siti è un chiaro segno di salubrità o di degrado ambientale. Quindi favorire la diffusione di questi splendidi insetti non è ispirata solo da motivi sentimentali ed estetici ma serve anche a salvaguardare il nostro benessere e la sopravvivenza della nostra stessa specie.
Un bruco in una mela biologica o le insalate biologiche con foglie mangiucchiate, anche se possono sembrare meno belle per qualcuno, forniscono utili informazioni sulla loro buona qualità. I veleni con cui vengono trattati molti alimenti non solo minacciano la biodiversità ma anche la nostra stessa salute! Favoriamo quindi l’acquisto di alimenti biologici e locali, evitiamo di distruggere siepi, incolti ed altri siti naturali, non utilizziamo prodotti chimici e tossici non solo per lasciare un ambiente più sano alle generazioni future ma anche per far sì che molte specie di farfalle e di altri animali e piante legati agli ambienti in cui viviamo continuino a sopravvivere come veri e propri “gioielli di famiglia”.
Per saperne di più su queste ed altre specie o più in generale sulle farfalle tutte le domeniche di Giugno alle ore 10.30 presso l’Oasi LIPU di Casacalenda sarà possibile partecipare all’Evento “Arcobaleni Viventi” (per informazioni 347-62.55.345 e www.lipumolise.altervista.org).☺
Le prime testimonianze sulla presenza di insetti alati sulla Terra risalgono al Carbonifero, oltre trecento milioni di anni fa, anche se è necessario arrivare al Giurassico (circa 140 milioni di anni fa) per trovare tracce fossili dei primi Lepidotteri, ossia di Farfalle e Falene che non si nutrivano di nettare. Fu la diffusione dei fiori nel Cretaceo che fece aumentare le specie di Lepidotteri e che li fece differenziare nelle diverse famiglie che oggi conosciamo. I primi fossili della famiglia dei Papilionidi, il cui nome deriva da “papilio” = farfalla, risalgono a 38 milioni di anni fa. Si tratta di una delle famiglie più conosciute nel mondo per la loro bellezza e dimensione, entrambe caratteristiche che l’hanno sottoposta a razzie causate da collezionisti senza scrupoli che, con cifre da capogiro, mettono in crisi diverse popolazioni in tutto il mondo. Oltre ottanta specie di questa famiglia sono a rischio di estinzione ma questo numero rischia solo di aumentare, non solo a causa di aste illegali, ma anche per l’inquinamento da pesticidi/erbicidi, per la cementificazione selvaggia, la distruzione e modifica degli ambienti naturali e lo sfalcio/raccolta delle piante nutrici.
Una specie italiana a rischio di estinzione, inserita nel Libro rosso delle farfalle d’Italia di Carlo e Guido Prola (1990, WWF), che è presente anche in alcune aree localizzate del basso Molise, è la Polissena (Zerynthia polyxena). La sua presenza è strettamente legata ai siti in cui cresce l’Aristo -lochia: i suoi bruchi si nutrono solo di piante di questo genere e le impollinano quando si trasferiscono da un fiore tubolare all’altro poiché li utilizzano come rifugio. La colorazione dell’adulto è molto caratteristica, le ali sono gialle con disegni neri mentre quelle posteriori possiedono anche disegni rossi a forma di lunette.
L’adattamento ad ambienti più vari fanno del Macaone (Papilio machaon) la specie più conosciuta e più diffusa di questa famiglia, anche se la sua popolazione non è più abbondante come 50 anni fa. Le sue ampie ali gialle possiedono macchie e venature nere e, verso il margine, una fascia blu ornata di scuro mentre, quelle posteriori, possiedono anche una macchia rossa ed una vistosa “coda di rondine” da cui è derivato il suo nome comune inglese “Swallowtail”. Il suo bruco si nutre prevalentemente di ombrellifere, come il finocchio selvatico e la carota selvatica, sulle quali l’adulto depone fino a 4 generazioni di uova l’anno. Se qualcuno si trova a raccogliere queste piante per scopi alimentari, ne lasci qualcuna anche per questi splendidi insetti ed eviti di raccogliere quelle sulle quali ci sono uova o bruchi. I predatori dei bruchi sono diversi e numerosi, per questo oltre all’aspetto mimetico o alla colorazione di avvertimento, gli esemplari di questa specie possiedono un’arma in più per intimidirli: l’osmeterio. Si tratta di un’appendice biforcuta arancione che viene estroflessa quando il bruco si sente minacciato e che emette un odore penetrante (dal greco osmé= odore).
In questa famiglia possiamo trovare anche quello che, nella mitologia, è il fratello di Macaone: Podalirio (Iphiclides podalirius). Questa specie si distingue dalla precedente per il colore più attenuato delle ali (quasi biancastro) e dalle fasce nere simili a fiammelle che le attraversano e ne hanno caratterizzato il nome comune francese “Flambè”. Le ali posteriori possiedono anche delle macchie azzurre a forma di lunette, una macchia rosso-arancione e una lunga e sottile coda. I bruchi di questa specie si nutrono di foglie di alberi ed arbusti della famiglia delle Rosacee, soprattutto di prugnoli, e possiedono anch’essi l’osmeterio. Meno diffusa della precedente, il Podalirio è in costante calo numerico poiché il suo ambiente è sottoposto a continue aggressioni, come l’eliminazione delle siepi attraverso l’abbattimento diretto o la bruciatura colposa/dolosa, mentre i frutteti non offrono altro che foglie avvelenate.
Non ci stancheremo mai di ripetere che le farfalle, come molte altre specie di animali, sono degli indicatori biologici e la loro presenza o assenza in determinati siti è un chiaro segno di salubrità o di degrado ambientale. Quindi favorire la diffusione di questi splendidi insetti non è ispirata solo da motivi sentimentali ed estetici ma serve anche a salvaguardare il nostro benessere e la sopravvivenza della nostra stessa specie.
Un bruco in una mela biologica o le insalate biologiche con foglie mangiucchiate, anche se possono sembrare meno belle per qualcuno, forniscono utili informazioni sulla loro buona qualità. I veleni con cui vengono trattati molti alimenti non solo minacciano la biodiversità ma anche la nostra stessa salute! Favoriamo quindi l’acquisto di alimenti biologici e locali, evitiamo di distruggere siepi, incolti ed altri siti naturali, non utilizziamo prodotti chimici e tossici non solo per lasciare un ambiente più sano alle generazioni future ma anche per far sì che molte specie di farfalle e di altri animali e piante legati agli ambienti in cui viviamo continuino a sopravvivere come veri e propri “gioielli di famiglia”.
Per saperne di più su queste ed altre specie o più in generale sulle farfalle tutte le domeniche di Giugno alle ore 10.30 presso l’Oasi LIPU di Casacalenda sarà possibile partecipare all’Evento “Arcobaleni Viventi” (per informazioni 347-62.55.345 e www.lipumolise.altervista.org).☺
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