Il culto del cristianesimo è liberalizzato nel 313 dall’imperatore Costantino, il quale nel 330 rimuove la capitale da Roma a Bisanzio, modificandone anche il nome in Costantinopoli. Alla morte di Costantino nell’impero iniziò il processo di frazionamento che avrebbe portato alla composizione dell’impero romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli e dell’impero romano d’Occidente, con capitale Roma. Nel quarto secolo, a seguito delle invasioni barbariche l’impero d’Occidente gradualmente scomparve (476 d.c.), mentre l’impero d’Oriente sopravvisse fino al 1453, data della presa Ottomana di Costantinopoli.
Poiché compiremo un percorso a puntate circa l’arte e gli artisti molisani, ho pensato di partire dall’iconografia, oggi tornata di moda con la presenza di icone nelle nostre case. La storia Bizantina così poco conosciuta, in un certo senso, è alla base della nostra cultura meridionale.
L’iconografia
L’arte bizantina sorta intorno al IV secolo d.c. si può identificare con l’espressione figurativa della cristianità orientale. Lo scopo delle immagini sacre – icone – constava nell’educare i fedeli al senso religioso. Alcune differenze emersero da subito tra Occidente e Oriente: mentre in Occidente il Cristo era rappresentato con immagini più simili alla realtà quotidiana (vedi l’immagine del Buon Pastore), in Oriente era rappresentato con regalità (vedi il Cristo Pantocratore). Alla naturalezza dei gesti della rappresentazione figurativa occidentale, in oriente si delinea una figurazione espressa con spiccata frontalità dell’immagine, rigidezza dell’atteggia- mento e fissità dello sguardo. Questo perché la cultura bizantina fu permeata dalla religione cristiana vista come rivelazione, per cui l’arte non doveva più narrare ma rappresentare il divino – astratto e immateriale; tale rappresentazione non doveva più seguire le leggi della percezione sensoriale, ma quella della visione spirituale. I punti fondamentali della tecnica pittorica bizantina divennero sfondi dorati che servivano a dare alle immagini sacre un valore assoluto nell’astrazione dal contesto sensoriale. I volti ieratici, immutabili e senza espressione emotiva. Assenza di tridimensionalità tanto da mostrare le immagini proiettate in una sorta di “apparizione”.
Forme significative della pittura bizantina sono le famose icone di Cristo, della Madonna e dei Santi dipinte su tavole di legno. L’icona ha una triplice dimensione, quella della conoscenza scientifica, della visione teologica e infine del valore artistico. Immutabilità e eternità, che le figure esprimono, non possono non essere che il risultato eternamente immutabile e solenne
La lotta iconoclasta
L’iconoclastia (dal greco eikòn immagine, klào spezzo) è un termine che indica quel movimento di carattere religioso sviluppatosi intorno alla prima metà del secolo VII. Questa lotta è originata dalle accuse mosse dai fedeli dell’Islam nei confronti dei cristiani originando la convinzione che venerare le icone sfociava nell’idolatria. A questo movimento aderì l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, il quale decretò la distruzione delle immagini ovunque si trovassero.
Monasteri maschili e femminili furono presi d’assalto e messi a soqquadro. Un motivo religioso appannato dalla lotta del potere economico dei monasteri e la loro influenza nel potere politico all’interno dell’impero fu la ragione vera di tale persecuzione. Si assistette ad un vero e proprio massacro! Per salvarsi, i monaci presero la via dell’esilio e si rifugiarono nell’Italia meridionale portando a salvezza preziose icone e codici miniati. Gli insediamenti dei Monaci Basiliani della Calabria e della Puglia sono ancora visibili e la presenza nelle chiese rupestri della Basilicata tutt’ora richiama lo splendore dell’icono- grafia negli affreschi pervenuti fino a noi. Le coste adriatiche sono disseminate di Icone prevalentemente mariane.
Venezia “Nicopeia” (che dona vittoria); Bologna “Madonna di S. Luca”; Ancona l’Icona di S. Quirico, ma è a Roma che si conservano un numero elevato di icone mariane: S. Maria Maggiore – “salus Populi Romani”; la “Basillissa”(regina) S. Maria in Trastevere; S. Maria in “Aracoeli” sul Campidoglio, per citarne alcune. La costa pugliese ha la presenza di immagini pregevoli per valore artistico, rifacendosi come “archetipo” all’icona di S. Maria di Siponto (attuale Manfredonia), proveniente dal complesso monastico di Tremiti. Il basso Molise ha tracce di insediamenti basiliani e alcuni centri tuttora risentono nella toponomastica di tale riferimento. Madonna Grande nel territorio di Nuova Cliternia, conserva un’immagine della Vergine col bambino che fa supporre, nella fattura, una icona precedente smarrita. Ancora la Madonna di Costantinopoli nel territorio di Portocannone. È da menzionare la presenza di una “Chiesa Greca” in S. Croce di Magliano, dov’è visibile l’impianto del presbiterio e dell’iconostasi scomparsa. La soppressione della presenza “greca” fu dovuta all’inglobazione nel territorio di questi ceppi etnici che, passando al rito latino, potevano godere degli stessi diritti di quest’ultimi.
I titoli Mariani
Le Icone Pugliesi sono identificate dalla presenza nel territorio, così l’impianto della Madre di Dio, che regge il bambino con la sinistra e con la destra lo indica, ha come titolo Odegitria; la Madonna di Siponto; l’icona di Bari; la Madonna dello Sterpeto a Barletta; la Madonna dei Martiri a Molfetta (antica cappella medievale presso un ospedale detto dei Crociati del sec. XI tuttora visibile); la Madonna della Madia di Monopoli; la Madonna di S. Maria di Leuca detta di “Finibus terrae”. L’icona della Madonna dei Sette Veli di Foggia e della Madonna di Ripalta di Cerignola sono d’impianto “regale”, Vergine in trono con il bambino sulle ginocchia. Il titolo di “Theoto- kos” (Madre di Dio) non è esplicito, ma l’impostazione di tutte le icone riconoscono tale appellativo.
Icona del “Pantocrator”
Il termine deriva dal greco ed è la definizione della sostanza di Cristo: Egli è il tutto, Egli sostiene il tutto, Egli contiene il tutto, Egli è da per tutto. Il termine Pantocratore (dal greco “Pan” tutto e “Kratos” potere, indica Colui che governa l’univer- so) spetta unicamente e indistintamente a Dio.
L’icona più antica del Cristo Pantocrator si trova nel Monastero di S. Caterina sul Sinai. Storia singolare è quella del ritrovamento. Durante il restauro di alcune icone nel 1961 ci si è imbattuti nel ritrovamento dell’immagine, nascosta da un dipinto del XIII secolo, risalente al VI secolo. È la più antica immagine del Salvatore.
Il Cristo è rappresentato giovane, con mano “benedicente”, pollice e anulare della destra si uniscono formando l’ana- gramma XC IC (la raggiunta unione tra la natura umana e natura divina). Il libro portato sulla sinistra indica il centro del paradiso e viene identificato nell’Apocalisse con il libro della vita. Ci appare vestito verde-blù, la natura umana assunta dal Verbo; interamente rossa la natura divina.
Lo sguardo è solenne e rivolto all’infinito, occhi spalancati oltre i confini del tempo e dello spazio. Contemplando l’icona trasmette Pace Divina dal lato destro, intensità di sguardo di un Dio che non abbandona mai. Il lato sinistro nasconde l’umana sofferenza della vita donata: “la gloria di Dio risplende sul suo volto”(cfr 2cor4,6). ☺
Il culto del cristianesimo è liberalizzato nel 313 dall’imperatore Costantino, il quale nel 330 rimuove la capitale da Roma a Bisanzio, modificandone anche il nome in Costantinopoli. Alla morte di Costantino nell’impero iniziò il processo di frazionamento che avrebbe portato alla composizione dell’impero romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli e dell’impero romano d’Occidente, con capitale Roma. Nel quarto secolo, a seguito delle invasioni barbariche l’impero d’Occidente gradualmente scomparve (476 d.c.), mentre l’impero d’Oriente sopravvisse fino al 1453, data della presa Ottomana di Costantinopoli.
Poiché compiremo un percorso a puntate circa l’arte e gli artisti molisani, ho pensato di partire dall’iconografia, oggi tornata di moda con la presenza di icone nelle nostre case. La storia Bizantina così poco conosciuta, in un certo senso, è alla base della nostra cultura meridionale.
L’iconografia
L’arte bizantina sorta intorno al IV secolo d.c. si può identificare con l’espressione figurativa della cristianità orientale. Lo scopo delle immagini sacre – icone – constava nell’educare i fedeli al senso religioso. Alcune differenze emersero da subito tra Occidente e Oriente: mentre in Occidente il Cristo era rappresentato con immagini più simili alla realtà quotidiana (vedi l’immagine del Buon Pastore), in Oriente era rappresentato con regalità (vedi il Cristo Pantocratore). Alla naturalezza dei gesti della rappresentazione figurativa occidentale, in oriente si delinea una figurazione espressa con spiccata frontalità dell’immagine, rigidezza dell’atteggia- mento e fissità dello sguardo. Questo perché la cultura bizantina fu permeata dalla religione cristiana vista come rivelazione, per cui l’arte non doveva più narrare ma rappresentare il divino – astratto e immateriale; tale rappresentazione non doveva più seguire le leggi della percezione sensoriale, ma quella della visione spirituale. I punti fondamentali della tecnica pittorica bizantina divennero sfondi dorati che servivano a dare alle immagini sacre un valore assoluto nell’astrazione dal contesto sensoriale. I volti ieratici, immutabili e senza espressione emotiva. Assenza di tridimensionalità tanto da mostrare le immagini proiettate in una sorta di “apparizione”.
Forme significative della pittura bizantina sono le famose icone di Cristo, della Madonna e dei Santi dipinte su tavole di legno. L’icona ha una triplice dimensione, quella della conoscenza scientifica, della visione teologica e infine del valore artistico. Immutabilità e eternità, che le figure esprimono, non possono non essere che il risultato eternamente immutabile e solenne
La lotta iconoclasta
L’iconoclastia (dal greco eikòn immagine, klào spezzo) è un termine che indica quel movimento di carattere religioso sviluppatosi intorno alla prima metà del secolo VII. Questa lotta è originata dalle accuse mosse dai fedeli dell’Islam nei confronti dei cristiani originando la convinzione che venerare le icone sfociava nell’idolatria. A questo movimento aderì l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, il quale decretò la distruzione delle immagini ovunque si trovassero.
Monasteri maschili e femminili furono presi d’assalto e messi a soqquadro. Un motivo religioso appannato dalla lotta del potere economico dei monasteri e la loro influenza nel potere politico all’interno dell’impero fu la ragione vera di tale persecuzione. Si assistette ad un vero e proprio massacro! Per salvarsi, i monaci presero la via dell’esilio e si rifugiarono nell’Italia meridionale portando a salvezza preziose icone e codici miniati. Gli insediamenti dei Monaci Basiliani della Calabria e della Puglia sono ancora visibili e la presenza nelle chiese rupestri della Basilicata tutt’ora richiama lo splendore dell’icono- grafia negli affreschi pervenuti fino a noi. Le coste adriatiche sono disseminate di Icone prevalentemente mariane.
Venezia “Nicopeia” (che dona vittoria); Bologna “Madonna di S. Luca”; Ancona l’Icona di S. Quirico, ma è a Roma che si conservano un numero elevato di icone mariane: S. Maria Maggiore – “salus Populi Romani”; la “Basillissa”(regina) S. Maria in Trastevere; S. Maria in “Aracoeli” sul Campidoglio, per citarne alcune. La costa pugliese ha la presenza di immagini pregevoli per valore artistico, rifacendosi come “archetipo” all’icona di S. Maria di Siponto (attuale Manfredonia), proveniente dal complesso monastico di Tremiti. Il basso Molise ha tracce di insediamenti basiliani e alcuni centri tuttora risentono nella toponomastica di tale riferimento. Madonna Grande nel territorio di Nuova Cliternia, conserva un’immagine della Vergine col bambino che fa supporre, nella fattura, una icona precedente smarrita. Ancora la Madonna di Costantinopoli nel territorio di Portocannone. È da menzionare la presenza di una “Chiesa Greca” in S. Croce di Magliano, dov’è visibile l’impianto del presbiterio e dell’iconostasi scomparsa. La soppressione della presenza “greca” fu dovuta all’inglobazione nel territorio di questi ceppi etnici che, passando al rito latino, potevano godere degli stessi diritti di quest’ultimi.
I titoli Mariani
Le Icone Pugliesi sono identificate dalla presenza nel territorio, così l’impianto della Madre di Dio, che regge il bambino con la sinistra e con la destra lo indica, ha come titolo Odegitria; la Madonna di Siponto; l’icona di Bari; la Madonna dello Sterpeto a Barletta; la Madonna dei Martiri a Molfetta (antica cappella medievale presso un ospedale detto dei Crociati del sec. XI tuttora visibile); la Madonna della Madia di Monopoli; la Madonna di S. Maria di Leuca detta di “Finibus terrae”. L’icona della Madonna dei Sette Veli di Foggia e della Madonna di Ripalta di Cerignola sono d’impianto “regale”, Vergine in trono con il bambino sulle ginocchia. Il titolo di “Theoto- kos” (Madre di Dio) non è esplicito, ma l’impostazione di tutte le icone riconoscono tale appellativo.
Icona del “Pantocrator”
Il termine deriva dal greco ed è la definizione della sostanza di Cristo: Egli è il tutto, Egli sostiene il tutto, Egli contiene il tutto, Egli è da per tutto. Il termine Pantocratore (dal greco “Pan” tutto e “Kratos” potere, indica Colui che governa l’univer- so) spetta unicamente e indistintamente a Dio.
L’icona più antica del Cristo Pantocrator si trova nel Monastero di S. Caterina sul Sinai. Storia singolare è quella del ritrovamento. Durante il restauro di alcune icone nel 1961 ci si è imbattuti nel ritrovamento dell’immagine, nascosta da un dipinto del XIII secolo, risalente al VI secolo. È la più antica immagine del Salvatore.
Il Cristo è rappresentato giovane, con mano “benedicente”, pollice e anulare della destra si uniscono formando l’ana- gramma XC IC (la raggiunta unione tra la natura umana e natura divina). Il libro portato sulla sinistra indica il centro del paradiso e viene identificato nell’Apocalisse con il libro della vita. Ci appare vestito verde-blù, la natura umana assunta dal Verbo; interamente rossa la natura divina.
Lo sguardo è solenne e rivolto all’infinito, occhi spalancati oltre i confini del tempo e dello spazio. Contemplando l’icona trasmette Pace Divina dal lato destro, intensità di sguardo di un Dio che non abbandona mai. Il lato sinistro nasconde l’umana sofferenza della vita donata: “la gloria di Dio risplende sul suo volto”(cfr 2cor4,6). ☺
Il culto del cristianesimo è liberalizzato nel 313 dall’imperatore Costantino, il quale nel 330 rimuove la capitale da Roma a Bisanzio, modificandone anche il nome in Costantinopoli. Alla morte di Costantino nell’impero iniziò il processo di frazionamento che avrebbe portato alla composizione dell’impero romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli e dell’impero romano d’Occidente, con capitale Roma. Nel quarto secolo, a seguito delle invasioni barbariche l’impero d’Occidente gradualmente scomparve (476 d.c.), mentre l’impero d’Oriente sopravvisse fino al 1453, data della presa Ottomana di Costantinopoli.
Poiché compiremo un percorso a puntate circa l’arte e gli artisti molisani, ho pensato di partire dall’iconografia, oggi tornata di moda con la presenza di icone nelle nostre case. La storia Bizantina così poco conosciuta, in un certo senso, è alla base della nostra cultura meridionale.
L’iconografia
L’arte bizantina sorta intorno al IV secolo d.c. si può identificare con l’espressione figurativa della cristianità orientale. Lo scopo delle immagini sacre – icone – constava nell’educare i fedeli al senso religioso. Alcune differenze emersero da subito tra Occidente e Oriente: mentre in Occidente il Cristo era rappresentato con immagini più simili alla realtà quotidiana (vedi l’immagine del Buon Pastore), in Oriente era rappresentato con regalità (vedi il Cristo Pantocratore). Alla naturalezza dei gesti della rappresentazione figurativa occidentale, in oriente si delinea una figurazione espressa con spiccata frontalità dell’immagine, rigidezza dell’atteggia- mento e fissità dello sguardo. Questo perché la cultura bizantina fu permeata dalla religione cristiana vista come rivelazione, per cui l’arte non doveva più narrare ma rappresentare il divino – astratto e immateriale; tale rappresentazione non doveva più seguire le leggi della percezione sensoriale, ma quella della visione spirituale. I punti fondamentali della tecnica pittorica bizantina divennero sfondi dorati che servivano a dare alle immagini sacre un valore assoluto nell’astrazione dal contesto sensoriale. I volti ieratici, immutabili e senza espressione emotiva. Assenza di tridimensionalità tanto da mostrare le immagini proiettate in una sorta di “apparizione”.
Forme significative della pittura bizantina sono le famose icone di Cristo, della Madonna e dei Santi dipinte su tavole di legno. L’icona ha una triplice dimensione, quella della conoscenza scientifica, della visione teologica e infine del valore artistico. Immutabilità e eternità, che le figure esprimono, non possono non essere che il risultato eternamente immutabile e solenne
La lotta iconoclasta
L’iconoclastia (dal greco eikòn immagine, klào spezzo) è un termine che indica quel movimento di carattere religioso sviluppatosi intorno alla prima metà del secolo VII. Questa lotta è originata dalle accuse mosse dai fedeli dell’Islam nei confronti dei cristiani originando la convinzione che venerare le icone sfociava nell’idolatria. A questo movimento aderì l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, il quale decretò la distruzione delle immagini ovunque si trovassero.
Monasteri maschili e femminili furono presi d’assalto e messi a soqquadro. Un motivo religioso appannato dalla lotta del potere economico dei monasteri e la loro influenza nel potere politico all’interno dell’impero fu la ragione vera di tale persecuzione. Si assistette ad un vero e proprio massacro! Per salvarsi, i monaci presero la via dell’esilio e si rifugiarono nell’Italia meridionale portando a salvezza preziose icone e codici miniati. Gli insediamenti dei Monaci Basiliani della Calabria e della Puglia sono ancora visibili e la presenza nelle chiese rupestri della Basilicata tutt’ora richiama lo splendore dell’icono- grafia negli affreschi pervenuti fino a noi. Le coste adriatiche sono disseminate di Icone prevalentemente mariane.
Venezia “Nicopeia” (che dona vittoria); Bologna “Madonna di S. Luca”; Ancona l’Icona di S. Quirico, ma è a Roma che si conservano un numero elevato di icone mariane: S. Maria Maggiore – “salus Populi Romani”; la “Basillissa”(regina) S. Maria in Trastevere; S. Maria in “Aracoeli” sul Campidoglio, per citarne alcune. La costa pugliese ha la presenza di immagini pregevoli per valore artistico, rifacendosi come “archetipo” all’icona di S. Maria di Siponto (attuale Manfredonia), proveniente dal complesso monastico di Tremiti. Il basso Molise ha tracce di insediamenti basiliani e alcuni centri tuttora risentono nella toponomastica di tale riferimento. Madonna Grande nel territorio di Nuova Cliternia, conserva un’immagine della Vergine col bambino che fa supporre, nella fattura, una icona precedente smarrita. Ancora la Madonna di Costantinopoli nel territorio di Portocannone. È da menzionare la presenza di una “Chiesa Greca” in S. Croce di Magliano, dov’è visibile l’impianto del presbiterio e dell’iconostasi scomparsa. La soppressione della presenza “greca” fu dovuta all’inglobazione nel territorio di questi ceppi etnici che, passando al rito latino, potevano godere degli stessi diritti di quest’ultimi.
I titoli Mariani
Le Icone Pugliesi sono identificate dalla presenza nel territorio, così l’impianto della Madre di Dio, che regge il bambino con la sinistra e con la destra lo indica, ha come titolo Odegitria; la Madonna di Siponto; l’icona di Bari; la Madonna dello Sterpeto a Barletta; la Madonna dei Martiri a Molfetta (antica cappella medievale presso un ospedale detto dei Crociati del sec. XI tuttora visibile); la Madonna della Madia di Monopoli; la Madonna di S. Maria di Leuca detta di “Finibus terrae”. L’icona della Madonna dei Sette Veli di Foggia e della Madonna di Ripalta di Cerignola sono d’impianto “regale”, Vergine in trono con il bambino sulle ginocchia. Il titolo di “Theoto- kos” (Madre di Dio) non è esplicito, ma l’impostazione di tutte le icone riconoscono tale appellativo.
Icona del “Pantocrator”
Il termine deriva dal greco ed è la definizione della sostanza di Cristo: Egli è il tutto, Egli sostiene il tutto, Egli contiene il tutto, Egli è da per tutto. Il termine Pantocratore (dal greco “Pan” tutto e “Kratos” potere, indica Colui che governa l’univer- so) spetta unicamente e indistintamente a Dio.
L’icona più antica del Cristo Pantocrator si trova nel Monastero di S. Caterina sul Sinai. Storia singolare è quella del ritrovamento. Durante il restauro di alcune icone nel 1961 ci si è imbattuti nel ritrovamento dell’immagine, nascosta da un dipinto del XIII secolo, risalente al VI secolo. È la più antica immagine del Salvatore.
Il Cristo è rappresentato giovane, con mano “benedicente”, pollice e anulare della destra si uniscono formando l’ana- gramma XC IC (la raggiunta unione tra la natura umana e natura divina). Il libro portato sulla sinistra indica il centro del paradiso e viene identificato nell’Apocalisse con il libro della vita. Ci appare vestito verde-blù, la natura umana assunta dal Verbo; interamente rossa la natura divina.
Lo sguardo è solenne e rivolto all’infinito, occhi spalancati oltre i confini del tempo e dello spazio. Contemplando l’icona trasmette Pace Divina dal lato destro, intensità di sguardo di un Dio che non abbandona mai. Il lato sinistro nasconde l’umana sofferenza della vita donata: “la gloria di Dio risplende sul suo volto”(cfr 2cor4,6). ☺
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