Il punto di vista di ciascuno di noi, si sa, è relativo. Quando lo si confronta e condivide in modalità “circolare” e non “piramidale”, consente di evidenziare sfumature che sfuggono all’altro punto di vista.
È diventata opinione comune che: “molti insegnanti, pedagogicamente disastrosi, contribuiscano a devastare l’autostima dei ragazzi… e così per salvaguardare il “ruolo”, che lega le mani ai presidi e immobilizza la scuola, si abbandonano generazioni di giovani alla demotivazione, al disimpegno, e persino al bullismo, che è direttamente proporzionale alla disistima che gli studenti nutrono nei confronti dei loro insegnanti che non li hanno coinvolti né sul piano emotivo, né su quello intellettuale..”. Considerato l’autore di queste riflessioni, la soluzione prospettata che si evince mi ha sorpreso: “ i Presidi hanno le mani legate…”, ma se potessero licenziare, probabilmente avremmo risolto buona parte dei problemi ( Inserto “La Repubblica delle Donne “ / lettera a U. Galimberti Anno 14° n° 633 del 14/02/2009 pag.174 ). Da tempo, leggo le lettere inviate a U. Galimberti e le risposte da Lui elaborate. Ho letto, anche, qualcuno dei suoi libri. Non avrei mai immaginato la risposta e la soluzione prospettata. Confesso che questa volta, le riflessioni espresse, mi appaiono decisamente corte!
Questo senso comune “accattivan- te e risolutivo” pone spontanee domande: Quale è il punto essenziale? I giovani sono abbandonati.. da chi? I giovani sono demotivati… perché? I Presidi/Dirigenti hanno le mani legate o le legano? È il “ruolo” non licenziabile del docente (cosa tra l’altro assolutamente non vera!) che immobilizza la scuola o sono gli Insegnanti, i Dirigenti, i Genitori, gli Educatori in servizio presso qualsiasi agenzia educativa che non hanno coinvolto i giovani né sul piano emotivo, né su quello intellettuale? È l’incapacità di elaborare strategie educative significative dei docenti o è l’incapacità di lavorare insieme per realizzare un processo di apprendimento significativo? … Chi può garantire la professionalità di un docente? un Preside/Dirigente con una laurea o quello con due? La qualità di un Preside/Dirigente è garantita dai concorsi “riservati”? …
Gli studi effettuati, l’esperienza nella scuola statale ed in “altre” agenzie educative, i confronti attivati, talvolta molto conflittuali, mi hanno insegnato che tutti gli apprendimenti, per grandi e piccoli, sono direttamente proporzionali alla “libertà” dei docenti di svolgere con coerenza coraggiosa e scientifica quel “ruolo libero” e costituzionalmente garantito, senza presunzioni di verità declamate e che, soprattutto (!), l’apprendi- mento non si fonda sulle autoreferenzialità di alcuno, me compreso, ma su processi scientifici attivati e confrontabili, altrimenti… altrimenti diventa manipolazione ideologica o di potere.
Il processo educativo – nel suo insieme di educare ed educere – diventa forza liberatrice ed istruttiva, ma tale processo ha un obbligo: quello di elaborare da parte della comunità educante strategie scientifiche dei processi di apprendimento. L’educere (tirare fuori / portare verso) produce libertà ed intelligenze creative, ma se ridotto all’educare (addestrare) produce unicamente servi di qualcuno o di qualcosa, talvolta di qualche ideologia. In tale comunità educante diventano utili e significativi tutti gli apprendimenti e, soprattutto, tutte le persone, docenti compresi, con i loro limiti ed il loro bagaglio culturale. Il limite, semmai, se c’è, e c’è, lo ricercherei nella capacità di ogni istituzione, di rispondere alla propria “mission” e, non ultimo, nella capacità di “governance” del Preside/Dirigente/Prof/Educatore, che è quello di far crescere “fiori dal letame”. Tra l’altro, la scuola dell’autonomia e le norme già esistenti consentivano e consentono ai Dirigenti, Proff etc. di ovviare istituzionalmente ad eventuali patologie comportamentali degli attori dell’apprendimento!
La mia esperienza, ferma al semaforo rosso in cui si trova la scuola italiana, mi ha comunque convinto che “… se non ascoltiamo le emozioni racchiuse tra le ali delle variopinte farfalle svolazzanti tra i fiori della nostra vita, è difficile amare..” ed insegnare. Nello zaino del mio lavoro professionale ho aggiunto un biglietto, come quello che attacchiamo alle nostre valigie da viaggio per identificare il proprietario: L’insieme dei frammenti di sapere ed esperienze di cui ciascuno è portatore, consente di colorare arcobaleni, sogni, professionalità e saperi da trasmettere, non certo le auto-referenze ed i poteri, da chiunque espressi, in specie quando sono contro qualcuno o qualcosa.
La scuola democratica esprime un carisma, dove a ciascuno è imposto una responsabilità oggettivamente individuale, ma da condividere. Semmai, piuttosto che pensare a come licenziare, andrebbero realizzati e finanziati, come contrattualmente già previsti, processi scientifici di reclutamento, aggiornamento e di carriera. Ma questo costituisce una responsabilità della Politica, che è stata sempre più attenta alle potature, ai tagli, ai sensi comuni e alle soluzioni opportunistiche, piuttosto che ai frutti… dimenticando che nelle scuole e nella vita non si innaffiano rape e cipolle, ma vivono e crescono Persone. ☺
polsmile@tin.it
Il punto di vista di ciascuno di noi, si sa, è relativo. Quando lo si confronta e condivide in modalità “circolare” e non “piramidale”, consente di evidenziare sfumature che sfuggono all’altro punto di vista.
È diventata opinione comune che: “molti insegnanti, pedagogicamente disastrosi, contribuiscano a devastare l’autostima dei ragazzi… e così per salvaguardare il “ruolo”, che lega le mani ai presidi e immobilizza la scuola, si abbandonano generazioni di giovani alla demotivazione, al disimpegno, e persino al bullismo, che è direttamente proporzionale alla disistima che gli studenti nutrono nei confronti dei loro insegnanti che non li hanno coinvolti né sul piano emotivo, né su quello intellettuale..”. Considerato l’autore di queste riflessioni, la soluzione prospettata che si evince mi ha sorpreso: “ i Presidi hanno le mani legate…”, ma se potessero licenziare, probabilmente avremmo risolto buona parte dei problemi ( Inserto “La Repubblica delle Donne “ / lettera a U. Galimberti Anno 14° n° 633 del 14/02/2009 pag.174 ). Da tempo, leggo le lettere inviate a U. Galimberti e le risposte da Lui elaborate. Ho letto, anche, qualcuno dei suoi libri. Non avrei mai immaginato la risposta e la soluzione prospettata. Confesso che questa volta, le riflessioni espresse, mi appaiono decisamente corte!
Questo senso comune “accattivan- te e risolutivo” pone spontanee domande: Quale è il punto essenziale? I giovani sono abbandonati.. da chi? I giovani sono demotivati… perché? I Presidi/Dirigenti hanno le mani legate o le legano? È il “ruolo” non licenziabile del docente (cosa tra l’altro assolutamente non vera!) che immobilizza la scuola o sono gli Insegnanti, i Dirigenti, i Genitori, gli Educatori in servizio presso qualsiasi agenzia educativa che non hanno coinvolto i giovani né sul piano emotivo, né su quello intellettuale? È l’incapacità di elaborare strategie educative significative dei docenti o è l’incapacità di lavorare insieme per realizzare un processo di apprendimento significativo? … Chi può garantire la professionalità di un docente? un Preside/Dirigente con una laurea o quello con due? La qualità di un Preside/Dirigente è garantita dai concorsi “riservati”? …
Gli studi effettuati, l’esperienza nella scuola statale ed in “altre” agenzie educative, i confronti attivati, talvolta molto conflittuali, mi hanno insegnato che tutti gli apprendimenti, per grandi e piccoli, sono direttamente proporzionali alla “libertà” dei docenti di svolgere con coerenza coraggiosa e scientifica quel “ruolo libero” e costituzionalmente garantito, senza presunzioni di verità declamate e che, soprattutto (!), l’apprendi- mento non si fonda sulle autoreferenzialità di alcuno, me compreso, ma su processi scientifici attivati e confrontabili, altrimenti… altrimenti diventa manipolazione ideologica o di potere.
Il processo educativo – nel suo insieme di educare ed educere – diventa forza liberatrice ed istruttiva, ma tale processo ha un obbligo: quello di elaborare da parte della comunità educante strategie scientifiche dei processi di apprendimento. L’educere (tirare fuori / portare verso) produce libertà ed intelligenze creative, ma se ridotto all’educare (addestrare) produce unicamente servi di qualcuno o di qualcosa, talvolta di qualche ideologia. In tale comunità educante diventano utili e significativi tutti gli apprendimenti e, soprattutto, tutte le persone, docenti compresi, con i loro limiti ed il loro bagaglio culturale. Il limite, semmai, se c’è, e c’è, lo ricercherei nella capacità di ogni istituzione, di rispondere alla propria “mission” e, non ultimo, nella capacità di “governance” del Preside/Dirigente/Prof/Educatore, che è quello di far crescere “fiori dal letame”. Tra l’altro, la scuola dell’autonomia e le norme già esistenti consentivano e consentono ai Dirigenti, Proff etc. di ovviare istituzionalmente ad eventuali patologie comportamentali degli attori dell’apprendimento!
La mia esperienza, ferma al semaforo rosso in cui si trova la scuola italiana, mi ha comunque convinto che “… se non ascoltiamo le emozioni racchiuse tra le ali delle variopinte farfalle svolazzanti tra i fiori della nostra vita, è difficile amare..” ed insegnare. Nello zaino del mio lavoro professionale ho aggiunto un biglietto, come quello che attacchiamo alle nostre valigie da viaggio per identificare il proprietario: L’insieme dei frammenti di sapere ed esperienze di cui ciascuno è portatore, consente di colorare arcobaleni, sogni, professionalità e saperi da trasmettere, non certo le auto-referenze ed i poteri, da chiunque espressi, in specie quando sono contro qualcuno o qualcosa.
La scuola democratica esprime un carisma, dove a ciascuno è imposto una responsabilità oggettivamente individuale, ma da condividere. Semmai, piuttosto che pensare a come licenziare, andrebbero realizzati e finanziati, come contrattualmente già previsti, processi scientifici di reclutamento, aggiornamento e di carriera. Ma questo costituisce una responsabilità della Politica, che è stata sempre più attenta alle potature, ai tagli, ai sensi comuni e alle soluzioni opportunistiche, piuttosto che ai frutti… dimenticando che nelle scuole e nella vita non si innaffiano rape e cipolle, ma vivono e crescono Persone. ☺
Il punto di vista di ciascuno di noi, si sa, è relativo. Quando lo si confronta e condivide in modalità “circolare” e non “piramidale”, consente di evidenziare sfumature che sfuggono all’altro punto di vista.
È diventata opinione comune che: “molti insegnanti, pedagogicamente disastrosi, contribuiscano a devastare l’autostima dei ragazzi… e così per salvaguardare il “ruolo”, che lega le mani ai presidi e immobilizza la scuola, si abbandonano generazioni di giovani alla demotivazione, al disimpegno, e persino al bullismo, che è direttamente proporzionale alla disistima che gli studenti nutrono nei confronti dei loro insegnanti che non li hanno coinvolti né sul piano emotivo, né su quello intellettuale..”. Considerato l’autore di queste riflessioni, la soluzione prospettata che si evince mi ha sorpreso: “ i Presidi hanno le mani legate…”, ma se potessero licenziare, probabilmente avremmo risolto buona parte dei problemi ( Inserto “La Repubblica delle Donne “ / lettera a U. Galimberti Anno 14° n° 633 del 14/02/2009 pag.174 ). Da tempo, leggo le lettere inviate a U. Galimberti e le risposte da Lui elaborate. Ho letto, anche, qualcuno dei suoi libri. Non avrei mai immaginato la risposta e la soluzione prospettata. Confesso che questa volta, le riflessioni espresse, mi appaiono decisamente corte!
Questo senso comune “accattivan- te e risolutivo” pone spontanee domande: Quale è il punto essenziale? I giovani sono abbandonati.. da chi? I giovani sono demotivati… perché? I Presidi/Dirigenti hanno le mani legate o le legano? È il “ruolo” non licenziabile del docente (cosa tra l’altro assolutamente non vera!) che immobilizza la scuola o sono gli Insegnanti, i Dirigenti, i Genitori, gli Educatori in servizio presso qualsiasi agenzia educativa che non hanno coinvolto i giovani né sul piano emotivo, né su quello intellettuale? È l’incapacità di elaborare strategie educative significative dei docenti o è l’incapacità di lavorare insieme per realizzare un processo di apprendimento significativo? … Chi può garantire la professionalità di un docente? un Preside/Dirigente con una laurea o quello con due? La qualità di un Preside/Dirigente è garantita dai concorsi “riservati”? …
Gli studi effettuati, l’esperienza nella scuola statale ed in “altre” agenzie educative, i confronti attivati, talvolta molto conflittuali, mi hanno insegnato che tutti gli apprendimenti, per grandi e piccoli, sono direttamente proporzionali alla “libertà” dei docenti di svolgere con coerenza coraggiosa e scientifica quel “ruolo libero” e costituzionalmente garantito, senza presunzioni di verità declamate e che, soprattutto (!), l’apprendi- mento non si fonda sulle autoreferenzialità di alcuno, me compreso, ma su processi scientifici attivati e confrontabili, altrimenti… altrimenti diventa manipolazione ideologica o di potere.
Il processo educativo – nel suo insieme di educare ed educere – diventa forza liberatrice ed istruttiva, ma tale processo ha un obbligo: quello di elaborare da parte della comunità educante strategie scientifiche dei processi di apprendimento. L’educere (tirare fuori / portare verso) produce libertà ed intelligenze creative, ma se ridotto all’educare (addestrare) produce unicamente servi di qualcuno o di qualcosa, talvolta di qualche ideologia. In tale comunità educante diventano utili e significativi tutti gli apprendimenti e, soprattutto, tutte le persone, docenti compresi, con i loro limiti ed il loro bagaglio culturale. Il limite, semmai, se c’è, e c’è, lo ricercherei nella capacità di ogni istituzione, di rispondere alla propria “mission” e, non ultimo, nella capacità di “governance” del Preside/Dirigente/Prof/Educatore, che è quello di far crescere “fiori dal letame”. Tra l’altro, la scuola dell’autonomia e le norme già esistenti consentivano e consentono ai Dirigenti, Proff etc. di ovviare istituzionalmente ad eventuali patologie comportamentali degli attori dell’apprendimento!
La mia esperienza, ferma al semaforo rosso in cui si trova la scuola italiana, mi ha comunque convinto che “… se non ascoltiamo le emozioni racchiuse tra le ali delle variopinte farfalle svolazzanti tra i fiori della nostra vita, è difficile amare..” ed insegnare. Nello zaino del mio lavoro professionale ho aggiunto un biglietto, come quello che attacchiamo alle nostre valigie da viaggio per identificare il proprietario: L’insieme dei frammenti di sapere ed esperienze di cui ciascuno è portatore, consente di colorare arcobaleni, sogni, professionalità e saperi da trasmettere, non certo le auto-referenze ed i poteri, da chiunque espressi, in specie quando sono contro qualcuno o qualcosa.
La scuola democratica esprime un carisma, dove a ciascuno è imposto una responsabilità oggettivamente individuale, ma da condividere. Semmai, piuttosto che pensare a come licenziare, andrebbero realizzati e finanziati, come contrattualmente già previsti, processi scientifici di reclutamento, aggiornamento e di carriera. Ma questo costituisce una responsabilità della Politica, che è stata sempre più attenta alle potature, ai tagli, ai sensi comuni e alle soluzioni opportunistiche, piuttosto che ai frutti… dimenticando che nelle scuole e nella vita non si innaffiano rape e cipolle, ma vivono e crescono Persone. ☺
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