Transizione energetica
13 Aprile 2024
laFonteTV (3827 articles)
Share

Transizione energetica

Crisi climatica, cataclismi naturali, migrazioni di massa vengono tutti raccontati nelle COP le cui relazioni finali sono cariche di raccomandazioni ed indicazioni per gestire i danni di chiara origine antropica. Anche la relazione finale della COP28, considerata un grosso successo, ha tracciato le linee comportamentali (abbandono delle fonti fossili, incremento delle fonti rinnovabili), sino alla metà del secolo.
La politica dovrebbe farsi carico di questo che umanamente è la priorità, ma a guardarci intorno sembra che gli interessi siano altri. Gli aumenti dei finanziamenti agli armamenti sono sotto i nostri occhi: la Cina lo ha portato al 7% del proprio PIL, oltre il tasso di crescita; la Federazione Russa fa dell’economia di guerra il traino del suo benessere sociale, la NATO invita a rispettare gli impegni di finanziamento e la presidente Ursula von der Leyen avverte gli europei che la guerra non è così impossibile.
Il clima di collaborazione che dovrebbe spingere il mondo alla transizione energetica è lontano dalla realtà ed anche i comportamenti e le normative, varate in quella direzione, stanno regredendo bersagliati dai cori populisti e lobbisti, che per difendere interessi consolidati e di parte, non vogliono mollare il vecchio carrozzone delle fonti fossili. La politica è sorda anche a temi oggettivamente importanti, ma distanti da ciò che l’alimenta, figuriamoci se i bisogni del quotidiano e del territorio possono modificare questo atteggiamento. Nelle ultime regionali, dalla Sardegna all’Abruzzo, solo circa la metà della popolazione avente diritto al voto si è espressa; il risultato è che sono scaturiti governi retti dall’opinione di circa il 25% del totale della popolazione che si sarebbe potuta esprimere.
La politica invade tutti i nostri spazi temporali, sforzandosi di giustificare i propri atti, addossando la colpa ai predecessori, o comunque alle opposizioni del momento; non riesce più a diversificare la comunicazione istituzionale da quella di partito; mischia il ruolo del Presidente del Consiglio e/o di ministro con il leader di partito/movimento. In questa confusione di ruoli è difficile valutare correttamente una comunicazione sempre più intrisa di propaganda.
Per coinvolgere i silenti, quelli che non trovano più la forza di esprimere il proprio pensiero esercitando il diritto di voto, è necessaria una politica del popolo. Non una politica populista, espressione del binomio del consenso/dissenso, sostenitrice di mandati ben precisi al Premier invalidanti l’attività parlamentare; esaltante una democrazia diretta e critica dei poteri esterni dello Stato bensì una politica condivisa, partecipata e solidale, che coinvolga il territorio e che veda i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario armonizzare, indipendenti, le loro attività per il bene comune. Una politica del popolo che possa vedere il moltiplicarsi di iniziative collettive come ad esempio:
– le Comunità Energetiche, aggregazioni tra più soggetti, persone fisiche, enti territoriali, enti religiosi e di ricerca o anche imprese, che decida di unire le proprie forze valutando la propria capacità di produzione e necessità di consumo, utilizzando fonti rinnovabili per una intraprendente attività da protagonista per la produzione di energia;
– Case di Quartiere, aggregazioni socio-culturali che promuovano ed alimentino iniziative e che siano di ausilio nell’individuazione degli spazi, nella formazione dei promotori, nell’analisi ambientale, nella progettualità delle idee, nella gestione delle iniziative.
Una politica attiva nell’ organizzazione, nella progettualità e nella formazione per rendere protagonisti i cittadini, le associazioni, le imprese. A questo proposito cito, come modello di contatto tra politica e cittadini, il Corso di Formazione Politica organizzato dal comitato “San Timoteo” di Termoli, promotore della necessità di una preparazione politica e di un connubio stretto tra rappresentanti e rappresentati. Il corso ha subito incuriosito ed appassionato. Riporto un’intervista in cui ho domandato “Cosa ha spinto i partecipanti all’iscrizione?”
Partecipante a: la passione per la politica;
Partecipante b: la curiosità di ascoltare i protagonisti del settore;
Partecipante c: il desiderio di entrare nel loro linguaggio per poter dialogare meglio;
Relatore α: portare un contributo di esperienza.
È stato sicuramente un momento di crescita e di confronto, tanto che alla domanda: “Il corso ha avuto penetrazione sociale?”
Partecipante a: i temi trattati potevano essere ampliati sotto l’aspetto sociologico in modo tale da ridurre lo scollamento politica-società;
Partecipante b: i contenuti potevano essere divulgati di più;
Partecipante c: per dialogare devono esserci due parti che comprendono entrambi i linguaggi, non basta dire come si fa politica, serve ascoltare cosa si vorrebbe dalla politica;
Relatore α: avremmo potuto lavorare di più con schemi e mappe concettuali per favorire la comprensione;
Gli argomenti, intrisi di passione ed esperienza politica sono stati molteplici e spontaneo è stato il quesito se “Il corso avesse avuto un orientamento politico ed un sufficiente confronto dialettico”
Partecipante a: sicuramente si è avvertita la natura politica;
Partecipante b: il corso è sembrato orientato politicamente;
Partecipante c: forse quello che è mancato è la doppia visione sullo stesso tema;
Relatore α: mi sarebbe piaciuto confrontarmi con la parte politica diversa.
Da tutti è stato apprezzato lo sforzo organizzativo, l’idea formativa e di contatto tra il mondo politico e il mondo civile. Con piacere è stata accolta l’intenzione di riproporre l’ iniziativa, magari aumentando il contributo del confronto tra idee diverse, favorendo un dibattito tra diversità politiche e tecniche. Da più parti è stato auspicato un maggior coinvolgimento dei partecipanti al corso, perché possano testimoniare i bisogni e le aspettative dei cittadini, per poterle analizzare e progettare assieme ai mandanti politici che li realizzeranno.
Desidero concludere, auspicando che il protagonismo dei cittadini in politica vada sempre più oltre l’espressione del voto ed abbia maggiore peso a partire dalla stesura dei programmi elettorali e di futuro governo, portando nella politica le esigenze, i bisogni e le aspettative del territorio.☺

laFonteTV

laFonteTV