
Attacco alla natura
Il gran caldo sempre più insopportabile è l’effetto del cambiamento climatico prodotto dal tipo di sviluppo in atto, che, in Italia, ha preso il via agli inizi degli anni ’70 con il neoliberismo, il sistema che ha prodotto e sostenuto, nel corso di questi ultimi decenni, la globalizzazione, sempre più nelle mani delle banche e delle multinazionali, che hanno eletto il denaro come loro dio onnipotente. Il sistema dello spreco e del consumismo che ha messo nelle tasche di un numero risicato di persone, l’1% della popolazione mondiale, la ricchezza del 99% rimanente. Un attacco alla natura e alla biodiversità che è aria, acqua e cibo, cioè vita.
Quella vita che le guerre in atto negano e, con esse, la scelta della quantità propria del sistema neoliberista per il suo non senso del limite e del finito, che ha e continua a sostenere un’agricoltura industrializzata, che sta riducendo, così, non solo la biodiversità, ma la stessa fertilità che il suolo esprime.
Più della metà dei suoli europei sono da rigenerare, a significare un’ operazione che richiede decenni per tornare ad essere fonti di cibo. Alla perdita di fertilità c’è da aggiungere il consumo stesso di suolo con la sua impermeabilizzazione dovuta a cemento e asfalto e, ultimamente, anche ai generatori delle energie alternative, cosiddette pulite, che si appropriano della sola energia vitale, il cibo. Solo in Italia dal 2006 al 2022 sono stati regalati allo spreco e al consumismo ben 120.000 ettari di suolo, per la quasi totalità fertile, e, ancora oggi, questo scempio continua con un ritmo di 2,5 m²/sec, pari a 21 ettari di terreno fertile al giorno sottratti alla produzione di cibo, che è, e resta, un atto agricolo.
Uno scempio che vuol dire perdita costante di biodiversità: perdita di speranza nel futuro di un Paese che deve a questo valore la bellezza e la bontà, i due elementi primari del successo che esso vive nel mondo. Grazie alle sue colline ombreggiate da monti e bagnate da mari, l’origine dei suoi oltre 5mila prodotti tradizionali, detti tipici, e dei suoi quasi 900 prodotti testimoni di un territorio di mille e mille territori. Una fama crescente quella del made in Italy di cui tutti si vantano: istituzioni, organizzazioni professionali agricole, associazioni, fondazioni e consorzi. Tutti, però, silenziosi sui disastri derivanti dalla perdita di territorio, e, con esso della sua agricoltura, in particolare quella contadina e delle aree interne, così segnate dall’abbandono, l’elemento che rende ancora più fragili questi luoghi e, con essi, più vulnerabili le persone rimaste.
Una vera e propria inerzia delle istituzioni, ai vari livelli, e di chi partecipa al governo del territorio, che non solo danneggia una realtà positiva sotto ogni aspetto, ma ne limita le potenzialità e, ciò che è altrettanto grave, rinvia le azioni che servono ad affrontare i cambiamenti climatici, a partire dalla sostenibilità, fondamentale per lo sviluppo dell’economia circolare.
Riprendendo il tema del territorio, serve ed è urgente l’approvazione di una legge che blocchi l’abuso di questo solo tesoro che abbiamo, bene comune da sempre, trasformato in oggetto di depredazione e distruzione, e, così, non più eredità da lasciare alle nuove generazioni. Un’azione senza sosta del sistema, il neoliberismo, che nel corso di questi decenni di dominio si è appropriato della politica, oggi tutta nelle sue mani, e usa il denaro con la duplice finalità, convincere e/o ricattare.
L’aumento della temperatura con lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, l’attacco alla natura è una sfida che solo la politica, con il coinvolgimento della collettività, è in grado di affrontare. ☺