l’età della rappresentazione   di Gaetano Jacobucci
1 Dicembre 2012 Share

l’età della rappresentazione di Gaetano Jacobucci

 

Nell’età Barocca vengono esibiti il valore dell’apparenza e la falsificazione della realtà. Nel corso del Seicento si assiste alla fioritura del teatro in tutti i paesi del continente europeo in una moltitudine di varianti. Lo spazio scenico non si limita al palcoscenico teatrale, perché la scena si estende e si dilata fino a comprendere l’intera realtà, come spiega bene la fortunata metafora del teatro del mondo. La società Barocca impone regole e codici di comportamento rigidi e raffinati, l’individuo è chiamato ad indossare una maschera e ad interpretare un ruolo, prendendo parte alla rappresentazione: “l’uomo si illude di arrivare alla verità”. La perdita di certezze e quella sensazione di vertiginoso smarrimento che caratterizza l’uomo barocco finiscono per mettere in crisi dunque anche il rapporto tra mondo e linguaggio, ovvero quel legame solido che consente all’uno di essere lo specchio dell’altro (M.Foucault, Novecento, Le parole e le cose, 1966).

La Venere allo specchio

Per interpretare questa forma immaginifica tipica della filosofia barocca mi rifaccio all’opera pittorica del Velasquez, pittore che interpreta in modo personale sia il pensiero del suo tempo che il modo di rapportarsi ai Signori di Corte. Il tema è tratto dalla mitologia romana e rappresenta Venere adagiata mollemente su un lettino mentre Cupido le regge uno specchio (1648 circa, olio su tela, National Gallery, Londra). La dea è nuda, ritratta di schiena per non offendere il pudore degli inquisitori spagnoli. Mentre il volto è celato, lo specchio di Cupido ci permette di vederlo riflesso. Il contrasto dei toni pastosi e forti delle lenzuola grigie e del tendaggio carminio fa risaltare la carnagione della Dea, lunare e perlata. Il soggetto pur essendo mitologico sta ad indicare il divino che si cela negli aspetti della vita quotidiana. Il tema barocco della Venere deriva in particolar modo da Tintoretto, Tiziano e Rubens, mentre le forme della stessa provengono dalla statuaria classica. Il tema dello specchio è ripreso anche dai pittori fiamminghi.

 La Venere allo specchio e la Maya desnuda (di Goya) sono gli unici nudi femminili di tutta l’arte della “Cattolicissima Spagna”.

 Le forme estetiche barocche colpiscono leve psicologiche dell’essere: è questa complessità a rendere il Barocco così moderno da estremizzare nell’opera d’arte drammi e sentimenti. La tecnica pittorica acquista il carattere dell’incompiuto per esaltare l’espressione del soggetto: i bozzetti e le pennellate di Velasquez e molti altri pittori tengono lo spettatore in tensione coinvolgendolo nella creazione dell’opera, affinché sia lui a ricomporre la rappresentazione.

La falsificazione della realtà

I grandi architetti del Seicento punteranno a trasmettere il dinamismo delle forme persino alle facciate sia di palazzi che di chiese, rompendo la rigidità della materia con giochi di luci ed ombre o servendosi della linea curva in un succedersi di porzioni concave e convesse. La pietra, immobile, simula il movimento creando un’illusione ottica che inganna lo spettatore, fingendo, di fronte ai suoi occhi, una realtà che non esiste. Il gioco delle illusioni e la conseguente falsificazione della realtà, sono tratti caratteristici del Barocco, che si riproducono anche all’interno delle chiese e dei palazzi, dove gli affreschi simulano l’irruzione della natura e lo sfondamento delle strutture verso l’azzurro del cielo: inclusione dell’universo nello spazio chiuso. Di inganni ottici abbonda anche la poesia  barocca, che alimenta una rete di immagini ingegnose, finzioni, riflessi che confondono la vista e i sensi, in un gioco di specchi: l’immagine riflessa nello specchio acquisterà la virtù di svelare il “doppio” dell’individuo, la sua dimensione interiore.☺

gaetano.jacobucci@virgilio.it

 

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