Sulla quarta di copertina del libro c’è una frase che recita “Non giudicare un libro dalla copertina”. Io, per fortuna, invece l’ho fatto e mi sono imbattuta in un piccolo gioiello narrativo che, a ragione, sta spopolando in libreria. Sarà che il celeste (e tutte le sue sfumature) è il mio colore preferito, sta di fatto che Wonder, di R. J. Palacio (Giunti, 2013), è veramente un delicato, garbato prodigio, come già il titolo dice da sé.
August Pullman, per tutti Auggie, è un ragazzino americano che vive nel quartiere di North River Heights, a New York: ha Daisy, un cane affettuoso e giocherellone, ha la Xbox, tutta la collezione dei film di Guerre Stellari, di cui è un fan accanito, ha una sorella più grande, Olivia (per tutti “Via”), un padre e una madre amorevoli e premurosi, ed infine una nonna di origini brasiliane che lo adora. Da poco ha compiuto l’età per iscriversi in prima media e presto entrerà nella prestigiosa Beecher Bep. È una ragazzino sveglio e sensibile, con un talento per le materie scientifiche fuori dal comune, ma è terrorizzato dal primo giorno di scuola. Perché? Semplice, perché lui a scuola non c’è mai andato, non ha frequentato le elementari come ogni bambino? Per “colpa” della Sindrome di Treacher-Collins, una malattia rara ed ereditaria che colpisce le fattezze di una persona lasciando inalterato tutto il resto. Nonostante fin dalla nascita abbia affrontato delicatissime e dolorosissime operazioni di ricostruzione facciale (i chirurghi, per dirne una, gli hanno tolto un pezzo di anca per ricostruirgli la mandibola), il suo viso è deforme, sfigurato. L’autrice ci accompagna, dunque, nella sofferenza di questo bambino (che i compagni di classe più “cattivi” chiameranno E.T.), nella faticosa presa di coscienza di scoprirsi un diverso, un “mostro”, quel mostro che gli altri vedono in lui. Eppure, proprio a partire da questo doloroso cammino di Auggie, attraverso le vicende narrate nel romanzo, incontriamo la speranza: per lui, quella di essere accettato e accettarsi, per noi, invece, quella di diventare migliori, liberi dalla prigionia della diffidenza, liberi dal pregiudizio che mette etichette a chi è “diverso”. Diversi, l’uno dall’altro, lo siamo tutti. È questo che, alla fine, comprendono August, Via, il suo ragazzo Justin, Summer, Jack e Miranda, i molteplici autori che raccontano la vicenda in un alternarsi sapiente, leggero, persino ironico di voci di diverse sfumature e colori. Scopriamo allora, attraverso i diversi punti di vista dei personaggi, che tutti abbiamo qualcosa di “diverso”, di “mostruoso” (per Jack è la sua povertà, per Miranda l’anaffettività dei genitori), e il talento dell’autrice sta nel far crescere questa consapevolezza, nei personaggi così come nei lettori, senza falso perbenismo, senza retorica, senza ipocrisia. Con leggerezza.
August è un bambino diverso dagli altri, che però affronta la vita con coraggio e ironia, in una società dove conta più l’apparenza che la sostanza, e che fa del bell’aspetto lo status symbol del vincente.
Ma August è anche un bambino uguale a tanti altri: “Per me, però, io sono solo io. Un ragazzo come tutti gli altri”.
Dove finisce la diversità? Dove comincia? Cos’è che ci fa sentire tutti uguali o tutti diversi? Pare che i buoni libri, come si dice dei buoni insegnanti, siano quelli che, più che fornire risposte, suscitano domande.
Buona lettura. Ai nostri studenti piacerà. .J
Sulla quarta di copertina del libro c’è una frase che recita “Non giudicare un libro dalla copertina”. Io, per fortuna, invece l’ho fatto e mi sono imbattuta in un piccolo gioiello narrativo che, a ragione, sta spopolando in libreria. Sarà che il celeste (e tutte le sue sfumature) è il mio colore preferito, sta di fatto che Wonder, di R. J. Palacio (Giunti, 2013), è veramente un delicato, garbato prodigio, come già il titolo dice da sé.
August Pullman, per tutti Auggie, è un ragazzino americano che vive nel quartiere di North River Heights, a New York: ha Daisy, un cane affettuoso e giocherellone, ha la Xbox, tutta la collezione dei film di Guerre Stellari, di cui è un fan accanito, ha una sorella più grande, Olivia (per tutti “Via”), un padre e una madre amorevoli e premurosi, ed infine una nonna di origini brasiliane che lo adora. Da poco ha compiuto l’età per iscriversi in prima media e presto entrerà nella prestigiosa Beecher Bep. È una ragazzino sveglio e sensibile, con un talento per le materie scientifiche fuori dal comune, ma è terrorizzato dal primo giorno di scuola. Perché? Semplice, perché lui a scuola non c’è mai andato, non ha frequentato le elementari come ogni bambino? Per “colpa” della Sindrome di Treacher-Collins, una malattia rara ed ereditaria che colpisce le fattezze di una persona lasciando inalterato tutto il resto. Nonostante fin dalla nascita abbia affrontato delicatissime e dolorosissime operazioni di ricostruzione facciale (i chirurghi, per dirne una, gli hanno tolto un pezzo di anca per ricostruirgli la mandibola), il suo viso è deforme, sfigurato. L’autrice ci accompagna, dunque, nella sofferenza di questo bambino (che i compagni di classe più “cattivi” chiameranno E.T.), nella faticosa presa di coscienza di scoprirsi un diverso, un “mostro”, quel mostro che gli altri vedono in lui. Eppure, proprio a partire da questo doloroso cammino di Auggie, attraverso le vicende narrate nel romanzo, incontriamo la speranza: per lui, quella di essere accettato e accettarsi, per noi, invece, quella di diventare migliori, liberi dalla prigionia della diffidenza, liberi dal pregiudizio che mette etichette a chi è “diverso”. Diversi, l’uno dall’altro, lo siamo tutti. È questo che, alla fine, comprendono August, Via, il suo ragazzo Justin, Summer, Jack e Miranda, i molteplici autori che raccontano la vicenda in un alternarsi sapiente, leggero, persino ironico di voci di diverse sfumature e colori. Scopriamo allora, attraverso i diversi punti di vista dei personaggi, che tutti abbiamo qualcosa di “diverso”, di “mostruoso” (per Jack è la sua povertà, per Miranda l’anaffettività dei genitori), e il talento dell’autrice sta nel far crescere questa consapevolezza, nei personaggi così come nei lettori, senza falso perbenismo, senza retorica, senza ipocrisia. Con leggerezza.
August è un bambino diverso dagli altri, che però affronta la vita con coraggio e ironia, in una società dove conta più l’apparenza che la sostanza, e che fa del bell’aspetto lo status symbol del vincente.
Ma August è anche un bambino uguale a tanti altri: “Per me, però, io sono solo io. Un ragazzo come tutti gli altri”.
Dove finisce la diversità? Dove comincia? Cos’è che ci fa sentire tutti uguali o tutti diversi? Pare che i buoni libri, come si dice dei buoni insegnanti, siano quelli che, più che fornire risposte, suscitano domande.
Sulla quarta di copertina del libro c’è una frase che recita “Non giudicare un libro dalla copertina”.
Sulla quarta di copertina del libro c’è una frase che recita “Non giudicare un libro dalla copertina”. Io, per fortuna, invece l’ho fatto e mi sono imbattuta in un piccolo gioiello narrativo che, a ragione, sta spopolando in libreria. Sarà che il celeste (e tutte le sue sfumature) è il mio colore preferito, sta di fatto che Wonder, di R. J. Palacio (Giunti, 2013), è veramente un delicato, garbato prodigio, come già il titolo dice da sé.
August Pullman, per tutti Auggie, è un ragazzino americano che vive nel quartiere di North River Heights, a New York: ha Daisy, un cane affettuoso e giocherellone, ha la Xbox, tutta la collezione dei film di Guerre Stellari, di cui è un fan accanito, ha una sorella più grande, Olivia (per tutti “Via”), un padre e una madre amorevoli e premurosi, ed infine una nonna di origini brasiliane che lo adora. Da poco ha compiuto l’età per iscriversi in prima media e presto entrerà nella prestigiosa Beecher Bep. È una ragazzino sveglio e sensibile, con un talento per le materie scientifiche fuori dal comune, ma è terrorizzato dal primo giorno di scuola. Perché? Semplice, perché lui a scuola non c’è mai andato, non ha frequentato le elementari come ogni bambino? Per “colpa” della Sindrome di Treacher-Collins, una malattia rara ed ereditaria che colpisce le fattezze di una persona lasciando inalterato tutto il resto. Nonostante fin dalla nascita abbia affrontato delicatissime e dolorosissime operazioni di ricostruzione facciale (i chirurghi, per dirne una, gli hanno tolto un pezzo di anca per ricostruirgli la mandibola), il suo viso è deforme, sfigurato. L’autrice ci accompagna, dunque, nella sofferenza di questo bambino (che i compagni di classe più “cattivi” chiameranno E.T.), nella faticosa presa di coscienza di scoprirsi un diverso, un “mostro”, quel mostro che gli altri vedono in lui. Eppure, proprio a partire da questo doloroso cammino di Auggie, attraverso le vicende narrate nel romanzo, incontriamo la speranza: per lui, quella di essere accettato e accettarsi, per noi, invece, quella di diventare migliori, liberi dalla prigionia della diffidenza, liberi dal pregiudizio che mette etichette a chi è “diverso”. Diversi, l’uno dall’altro, lo siamo tutti. È questo che, alla fine, comprendono August, Via, il suo ragazzo Justin, Summer, Jack e Miranda, i molteplici autori che raccontano la vicenda in un alternarsi sapiente, leggero, persino ironico di voci di diverse sfumature e colori. Scopriamo allora, attraverso i diversi punti di vista dei personaggi, che tutti abbiamo qualcosa di “diverso”, di “mostruoso” (per Jack è la sua povertà, per Miranda l’anaffettività dei genitori), e il talento dell’autrice sta nel far crescere questa consapevolezza, nei personaggi così come nei lettori, senza falso perbenismo, senza retorica, senza ipocrisia. Con leggerezza.
August è un bambino diverso dagli altri, che però affronta la vita con coraggio e ironia, in una società dove conta più l’apparenza che la sostanza, e che fa del bell’aspetto lo status symbol del vincente.
Ma August è anche un bambino uguale a tanti altri: “Per me, però, io sono solo io. Un ragazzo come tutti gli altri”.
Dove finisce la diversità? Dove comincia? Cos’è che ci fa sentire tutti uguali o tutti diversi? Pare che i buoni libri, come si dice dei buoni insegnanti, siano quelli che, più che fornire risposte, suscitano domande.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.