‘a signora del giornalismo: matilde serao
13 Maggio 2024
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‘a signora del giornalismo: matilde serao

“Passa la Signora” bisbigliano i napoletani quando, nei pressi del Mattino, appare la sua carrozza trainata da un cavallo bianco. Qualcuno allunga anche il collo per spiarne la figura goffa eppure carismatica, sempre vestita di scuro e con lunghe collane di perle. Lei, la Signora col giornalismo nel sangue, è Matilde Serao, pioniera del genere in Italia e scrittrice da Nobel (mancato nel 1926 solo perché antifascista). Al tempo della carrozza e del cavallo bianco è già una personalità nota e influente: tutti sanno che la Signora ha occhi per vedere sia lo splendore della città, sia la sofferenza della sua gente.
A dispetto della sua figura tutt’altro che aggraziata, Matilde è magnetica, vulcanica, fuori da ogni canone (anche stilistico), capace di imporsi per intelligenza e libertà di pensiero all’ammirazione di personalità di indiscusso valore intellettuale, come Henry James o Edith Warton che, in un memoir del 1934, scrive: “La viva immaginazione della narratrice (due o tre dei suoi romanzi sono magistrali) era alimentata da vaste letture e da una varia esperienza di classi e di tipi che le veniva dalla sua carriera giornalistica; e la cultura e l’esperienza si fondevano nello splendore della sua poderosa intelligenza”
Nata a Patrasso, in Grecia, il 7 marzo 1856, è una bambina analfabeta per indolenza ma quando la madre si ammala Matilde, che le è legatissima, impara a leggere e scrivere. A 15 anni diviene uditrice nella scuola normale di de Fonseca di Napoli e decide che nella sua vita non vuole fare nient’altro che scrivere. Intanto lavora dal ‘74 al ‘78 presso i telegrafi. Poi scrive brevi articoli sul giornale Capitan Fracassa firmandosi Tuffolina. Lascia l’impiego come telegrafista, si dedica al giornalismo, va a Roma, viene assunta al Corriere del Mattino e lì, con i capelli ribelli, arriva sempre in ritardo, gli abiti sgualciti, il cappello di traverso, correndo. Eppure, tutti i suoi colleghi sono soggiogati, ammirati da questa ragazza dalla grassa risata, pur non risparmiandole ripicche e sgambetti.
Se per le donne del bel mondo scrive “Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo, che le metterò nelle mie opere; esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza…”, per gli uomini Matilde in una lettera ad un amico confessa: “sono in un periodo di produzione febbrile da far paura, scrivo dappertutto e di tutto con un’audacia unica… A furia di molte gomitate col fitto e ardente desiderio di arrivare senza avere nessuno che mi aiutò. Quasi nessuno”.
La sua è una scrittura verace che piace, la lingua italiana che si innerva in dialettismi, diviene efficace, palpitante. Conosce quello che sarà il suo grande amore, Edoardo Scarfoglio. Aquilano, seduttore e corrosivo con la penna, quando nel 1883 Matilde Serao pubblica il suo primo romanzo, Fantasia, che ha un buon successo di pubblico scrive: “Può dire che essa sia come una materia inorganica, come una minestra fatta di tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi pigmenti troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine dell’insieme”. Matilde non perde l’ occasione di ribattere e questo botta e risposta li porta a conoscersi bene tanto che i due a breve si sposano.
L’unione tra Matilde ed Edoardo non si nutre solo di amore, ma anche della comune passione per il giornalismo. Lui stesso, in una lettera alla giornalista Olga Ossani, spiega il meccanismo perverso di quella irresistibile fascinazione: “Che volete, cara Olga, quella donna ha troppe cose che in nessun’altra potrei trovare. Ha tanti difetti che mi fanno andare in bestia e tante felici facoltà dell’anima e dello spirito che mi danno un diletto infinito. Non ho mai potuto riacquistare il dominio assoluto delle mie facoltà affettive, poiché tutto viene, tutta l’anima mia vibra ancora con tanta violenza al solo aspetto, al solo pensiero di Matilde che non posso cancellare dalla mia fantasia questo fantasma adorato ed aborrito”.
Matilde intanto continua a pubblicare articoli, novelle. E infine il capolavoro Il ventre di Napoli, una sorta di autopsia della città condotta come una lancinante inchiesta in cui racconta la città devastata dal colera e dalla povertà. Il romanzo è la sua risposta al Presidente del Consiglio Depretis che, in visita alla città annientata dall’epidemia, addentrandosi nei vicoli maleodoranti aveva commentato: “Bisogna sventrare Napoli e ricostruirla”.
Lei scrive un articolo vibrante e doloroso rivolgendosi a Depretis: “Sventrare Napoli! Efficace la frase, voi non lo conoscete, onorevole Depretis, il ventre di Napoli e avete torto perché voi siete il Governo. Il Governo deve sapere tutto”.
Il ventre di Napoli le dà una fama mondiale, fa esclamare al critico letterario Momigliano: “La Serao è la più grande pittrice di folle che abbia dato il nostro verismo” e Carducci: “È la più forte provocatrice d’Italia”. Nel 1885 Matilde e Edoardo fondano Il Corriere di Roma, a cui contribuiscono Fogazzaro, Verga. Per incomprensioni ed inimicizie tornano a Napoli e danno vita a Il Corriere di Napoli nel 1888, cui partecipano Carducci, D’Annunzio e anche Salvatore di Giacomo. Matilde è la più vulcanica, è la più innovativa. Trascorrono pochi anni e sono pronti a tuffarsi in una nuova avventura. Dal Corriere di Napoli fondano il Mattino che nasce il 16 marzo del 1892.
È sempre lei l’anima: redige con penna lieve ed acuminata i suoi articoli firmandosi Gibus, nome preso da un cappello a cilindro pieghevole. Lanciano una rubrica di successo, Il Moscone, in cui racconta con linguaggio gustoso e arguto avvenimenti di cronaca mondana, pettegolezzi salottieri, ricette, novità in fatto di moda e riflessioni semiserie.
Ma è proprio il 1892 l’anno horribilis per Matilde. Già da anni Edoardo con le sue scappatelle, relazioni fugaci, aveva dimostrato di essere un traditore seriale e irriducibile: per due anni ha una relazione con alterni momenti con la cantante francese Gabrielle Bessard. La donna rimane incinta e, sicura che il suo amante la ami, gli propone di lasciare la moglie e i figli. Scarfoglio per quanto invaghito non ci pensa proprio (Comodità, paura dello scandalo, perdita di potere da solo?).
Nasce una bambina e il 29 agosto del 1894 Gabrielle si presenta a casa Scarfoglio-Serao, suona il campanello e davanti alla stupita cameriera che apre la porta, le dà la neonata in braccio e si spara, con una rivoltella, un colpo alla testa. Sul biglietto c’è scritto: “Perdonami se vengo ad ucciderti, ad uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre”. Ovviamente lo scandalo travolge Scarfoglio e Matilde, i giornali, la vita sentimentale, la vita quotidiana e la vita professionale. Matilde accoglie la bambina ma poi lascia il marito, va via.
Si avvicina ad un altro giornalista, Giuseppe Natale, continua a studiare, con lui dirige Il Giorno di Napoli. A 48 anni partorisce il suo sesto figlio, una bambina che si chiamerà Eleonora, in omaggio all’amica Eleonora Duse. La vita scorre più serena perché la giornalista non è certamente presa in giro, tradita, anzi.
Muore d’infarto mentre sta scrivendo, facendo quello che voleva fare fino alla morte, il 25 luglio del 1927.☺

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