
ahi serva italia, di dolore ostello
Diciamo NO all’autonomia differenziata!!!
Il DDL nr. 615, XIX legislatura, 23 marzo 2023, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, è stato proposto da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, attualmente nel governo di destra, presieduto dalla Meloni. L’interesse primario della Lega Nord per l’autonomia differenziata è parte integrante del “dna” di questo partito fin dal suo nascere. Pare opportuno, prima di addentrarci nei vicoli del DDL 615, fare un accenno ad alcuni momenti esemplari rispetto all’iter parlamentare del disegno di legge sul federalismo fiscale.
Il primo riguarda il governo Monti che nel dicembre 2011, all’interno della manovra finanziaria che prevedeva il taglio del finanziamento al fondo perequativo per i Comuni, fece passare alcuni decreti previsti da Calderoli, che concedevano maggiore autonomia tributaria alle aree regionali ricche, “cioè con sufficiente capacità fiscale, mentre finirono nel dimenticatoio le parti della riforma che dovevano garantire servizi essenziali per tutti, ovunque residenti, a partire dalla definizione dei Lep ( = livelli essenziali delle prestazioni) e degli obiettivi di servizio” (Marco Esposito). La seconda circostanza riguarda la presentazione il 29 novembre 2019 da parte di Boccia – Pd – al tempo del secondo governo Conte, di un emendamento alla legge quadro, relativo all’Autonomia differenziata, di cui, però, non si è saputo più nulla. Ci preme ricordare che ci fu un’ondata di contrapposizione sociale e politica, di critica anche acre, causa scatenante di manifestazioni spontanee avverse a questa manovra ideologica e divisiva. Ricordiamo che fu organizzata la “Marcia verso il Sud”, alla quale presero parte i sindacati di base, l’Officina dei saperi, la Rete dei Numeri pari – legata, quest’ultima, a Libera contro le mafie -; Potere al Popolo – movimenti ancora attivi oggi e presenti sui territori -. Anche a Campobasso e regione ci si è mossi con tempestività, ma la pandemia del Covid 19, imprigionando i corpi e le menti, ha rappresentato una pausa dolorosa. Da tempo, in verità, è ripreso il contrasto a questa strategia: si è costituito, infatti, a Campobasso e in Regione un Comitato spontaneo di cittadine/cittadini che non si sono mai rassegnate/i al degrado civile, etico, culturale che stiamo constatando in questi ultimi anni e che caparbiamente si contrappongono al federalismo fiscale, strategia leghista, sciagurata, che tende ad annullare parti consistenti della nostra Carta Costituzionale.
Torniamo all’oggi. Il 23 gennaio 2024 il Senato ha approvato il disegno di legge nr. 615 con 110 voti favorevoli (centro dx), 64 voti contrati (centro sx) e 30 astenuti, dando corpo e consistenza al “federalismo fiscale”, ovvero all’ “Autonomia differenziata”, pietra tombale dell’ unità repubblicana. Questa proposta, avanzata alla metà degli Anni Novanta del secolo scorso da Miglio e da Bossi (fondatori della Lega nord) è stata successivamente ripresa da tre regioni: la Lombardia, il Veneto, regioni governate da diversi decenni dalla dx; la terza, l’Emilia Romagna, governata da un’alleanza di centro sx. Prima di definire il significato politico/culturale dell’ ”Autonomia differenziata”, è necessario andare alla radice ideologica e classista che ne sta alla base.
Il 5 febbraio del 1994 a Bologna si stava svolgendo il secondo congresso nazionale della Lega Nord (il primo è stato tenuto nel 1991). Dopo diversi interventi prende la parola l’ideologo del partito, prof. Gianfranco Miglio, delineando in questo contesto congressuale la linea politica della Lega Nord, nella quale si evince molto chiaramente non solo l’obiettivo ideologico e politico, quello di frantumare l’unità del nostro Paese, ma anche la deriva razzista nei confronti del Meridione d’Italia: “Vedete in ogni comunità politica di tutti i tempi e di tutti i luoghi c’è sempre una certa percentuale di cittadini che vivono alle spalle degli altri (…) Il grado di civiltà politica di un Paese dipende dal modo con cui si riesce a limitare la quantità e la presenza dei parassiti. I parassiti sono nella società così come sono sugli animali. Chi di voi ha un cane o un gatto sa che, a un certo punto, se i parassiti crescono al di là di un certo limite, l’animale muore. E muore una società. (…) Chi è il parassita? Il parassita è colui che non produce ricchezza ma vive consumando quella prodotta dagli altri. Questa è la definizione più lineare del parassita (…) Centralismo e parassitismo sono due fenomeni strettamente collegati fra di loro. Io devo scusarmi con voi se oggi parlo di pidocchi, cioè di parassiti. (…) Il Paese che siamo chiamati a cercare di cambiare è fatto così: è un Paese ammalato da un esercito di pidocchi. Senza mutare il sistema costituzionale centralizzato noi non riusciremo a sopravvivere (…) Ma veniamo all’osso: perché noi leghisti siamo federalisti fin dall’inizio, e abbiamo inscritta nel nostro codice genetico la volontà di creare un ordinamento federalista? Quali sono i difetti che noi contestiamo all’attuale sistema politico-economico? Uno: la gestione centralizzata e dall’alto del sistema fiscale (tutte le tasse scendono dal vertice). Secondo: la collusione in quella gestione, l’alleanza in quella gestione, fra una troppo estesa burocrazia e una classe parlamentare maggioritaria, entrambe provenienti dalle medesime regioni del Sud. Non sono io che l’ho detto, è il ministro Cassese, il quale ha testificato, ha attestato che il 95 per cento della nostra burocrazia pubblica viene da poche determinate regioni del Sud. E qui si innesca il terzo difetto fondamentale. La distribuzione massiccia delle risorse (…) sempre disponibili ai medesimi soggetti: alla burocrazia e alla classe parlamentare che nasce dalle medesime terre. Il che dà luogo a un mostruoso sistema di rendite e di paghe pubbliche, che sono quelle che affondano il Paese (…) Contro questo modo di governare assurdo e incorreggibile c’è una sola alternativa: un sistema federale che rovesci la piramide fiscale e clientelare, creando rapporti diretti fra centri di potere minori, in cui si suddivide il potere centrale, e i cittadini” (Francesco Pallante, “Spezzare l’Italia – Le regioni come minaccia all’unità d’Italia”, Edizioni Einaudi, To, 2024, .pp.43-44). Il discorso di Miglio si attaglia perfettamente all’attuale stagione politico/sociale, nella quale emergono distintamente le stesse contraddizioni che il professore leghista metteva in evidenza e cioè la crisi della governabilità, l’influenza opprimente dei partiti, l’ inadeguatezza di parti nodali dello stato, l’insopportabile burocrazia, l’ingiusta e diseguale pressione fiscale, l’affermazione del familismo e delle segnalazioni nepotistiche. Per contrastare l’accentramento dei poteri Miglio, nel suo intervento, proponeva un sistema di contropoteri dotati di forza propria, cioè di autonomia finanziaria: la Padania al Nord, l’Etruria al Centro, la Mediterranea al Sud.
Allora appare chiarissima la questione: difendere i soldi del Nord, distaccarsi dalle altre regioni, mettere fine all’unità d’Italia, e, applicando l’autonomia differenziata, pretendere le materie (ne sono 23) che l’art. 116, terzo comma, della Costituzione delinea con chiarezza e di cui il DDL 615 Calderoli dovrebbe definire i LEP – i livelli essenziali delle prestazioni -. Ma allora quale futuro ci sarà per il nostro Paese, se viene approvato anche alla Camera dei deputati, a maggioranza relativa, il DDL 615 Calderoli? Certo lo scenario politico, prossimo venturo, sarà denso di nuvole scure.
E della nostra Costituzione si farà carta straccia.☺