armida miserere: prigioniera delle sue prigioni  di Federico Pommier Vincelli
1 Dicembre 2013 Share

armida miserere: prigioniera delle sue prigioni di Federico Pommier Vincelli

In un momento in cui il tema dell'amnistia torna al centro del  dibattito pubblico, “Come il vento”, di Marco Puccioni, dedicata alla storia vera di Armida Miserere interpretata da una eccellente Valeria Golino, offre una prospettiva nuova sul pianeta carcere. Per una volta non sono i detenuti a essere protagonisti, ma chi fa funzionare questi luoghi, e in particolare una donna che, quasi sempre sola in un mondo integralmente maschile, ha diretto tra gli anni ottanta e duemila alcune tra le più importanti carceri italiane: Lodi, Opera, Pianosa, Ucciardone, Sulmona.
Una storia intensa, dura, raccontata con rigore stilistico e fedeltà alla cronaca, ed in cui la dimensione pubblica (il giudice Caselli, il mafioso Brusca) si intreccia drammaticamente con la vicenda privata di una personalità forte e fragile allo stesso tempo. Il film racconta in forma circolare la carriera di Armida nei vari penitenziari, attraversando 15 anni di storia italiana in cui la criminalità organizzata attaccò frontalmente lo Stato, e ruota attorno al suo legame sentimentale con Umberto Mormile, l'operatore carcerario ucciso in un agguato dalla 'Ndrangheta nel 1990 a Milano.
Da allora la vita della Miserere non è stata più la stessa e il dolore per la perdita dell'uomo con cui aveva sognato di costruirsi un futuro normale, e con cui aveva anche concepito un figlio mai nato, l'ha accompagnata sino al suicidio, avvenuto la sera del Venerdì Santo del 2003. La sequenza finale è di grande impatto emotivo e la meticolosa preparazione dell'ultimo atto viene rappresentata in parallelo alle immagini vere della processione del “Cristo morto” di Sulmona, in una riuscita commistione tra finzione e cinema del reale.
Eros e Thanatos avvolgono il film dall'inizio alla fine, con lo sfondo carcerario che fa da scenario costante al tormento della protagonista, con gli amici che cercano invano di lenire la sua sofferenza, con la delusione per altre relazioni amorose fallite, con la dedizione al lavoro e il senso del dovere che si scontrano con un sistema che lascia Armida sempre più sola. Emerge anche la complessità della concezione di carcere che aveva la Miserere: da una parte democratica e orientata ai diritti del detenuto (significativo il passo in cui fa allontanare dal carcere di Pianosa gli agenti che picchiavano i carcerati); dall'altra severa e inflessibile nel rispetto delle regole (“non sono la direttrice del Jolly hotel…il detenuto deve fare il suo mestiere”) e che le costarono continue minacce e intimidazioni, tanto che le fu assegnata per lungo tempo una scorta.
Valeria Golino, che ha rinunciato ai suoi occhi blu e ha messo delle lenti per interpretare Armida, offre una prova di grande intensità e credibilità che le è valso anche il premio come miglior interprete italiano al recentissimo Festival di Roma. Dimostra qui la sua piena maturità artistica ed è affiancata da attori di spessore: l'istintivo Filippo Timi, che impersona Umberto Mormile, il misurato Francesco Scianna, l'amico magistrato, e Chiara Caselli, la collega che raccoglie le sue confidenze. Belle e adeguate anche le musiche del  giapponese Shigeru Umebayashi, già autore di colonne sonore per grandi maestri del cinema asiatico come Zhang Yimou e Wong Kar-Wai.
Il regista Puccioni, che firma la sceneggiatura insieme a Nicola Lusuardi e Heidrun Schleef (coautrice de “La stanza del figlio” e del “Caimano” di Nanni Moretti), ha scelto una chiave narrativa molto precisa, incentrando il nucleo del film sull'inquietudine di Armida e sulla costante ambientazione carceraria. Una coerenza scenica che si sofferma poco sulla sua vita fuori dal carcere e forse toglie qualcosa alla profondità della figura di Armida, al suo saper essere anche solare e ironica. La ricordano così molte persone che l'hanno conosciuta a Casacalenda, paese di cui era originaria e dove passava gran parte del suo tempo libero. Un aspetto questo che invece è approfondito nella biografia scritta dalla giornalista Cristina Zagaria (“Miserere. Vita e morte di una servitrice dello Stato”).
Proprio al  rapporto di Armida con il Molise inoltre è dedicato un docu-corto realizzato dallo stesso Marco Puccioni e promosso da MoliseCinema, Molise Film Commission e Regione Molise, in occasione della presentazione del film a Casacalenda lo scorso 16 aprile e che contiene le interviste a suoi cari amici molisani.
Nonostante alcuni limiti “Come il vento”, terzo lungometraggio di Puccioni, è un'opera che colpisce e commuove e che ha il merito di riscoprire la figura di una donna che ha dedicato la sua vita ai valori della legalità e a un'istituzione come il carcere che tutti tendono a rimuovere e che invece è un luogo con cui la coscienza civile deve sempre confrontarsi. E dopo i titoli di coda appare forte la sensazione che fosse proprio Armida la principale prigioniera della sue prigioni.☺
f.pommier@molisecinema.it

 

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