In ascolto dei poveri
18 Maggio 2016
La Fonte (351 articles)
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In ascolto dei poveri

“L’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta” (16) è il tema che attraversa tutta la Laudato si’ tanto che si può leggere l’enciclica seguendo le tappe di questa relazione intima. Si impone necessaria questa visione perché fare discernimento significa affrontare la realtà nei termini di una scelta da compiere, equivale ad identificare i termini in questione in maniera escludente, o questo o quello, nelle azioni concrete. “Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione per i poveri. Questa opzione richiede di trarre le conseguenze della destinazione comune dei beni della terra. Esige, innanzitutto, di contemplale l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde convinzioni di fede. Basta osservare la realtà per comprendere che questa opzione é un’esigenza etica fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene comune” (158). Opzione urgente non solo vista dalla parte dei più poveri o impoveriti, ma perché è attiva un’altra “opzione preferenziale” contrapposta – quella dei potenti che scelgono se stessi – che sta distruggendo il pianeta mentre stravolge la vita dell’intera famiglia umana.

Ricevere dai poveri

“Voi che vivete dando sempre e credete che non avete bisogno di niente, sapete che siete veramente poveri? Sapete che avete una grande povertà e bisogno di ricevere? Questo è quello che aiuta a maturare giovani impegnati nel lavoro di dare agli altri: imparare a tendere la mano a partire dalla propria povertà”, ricordava Francesco ai giovani nell’incontro di Manila. Non è facile da capire: imparare a ricevere da quelli che, forse, vorremmo aiutare; imparare ad essere evangelizzati dai poveri. Questa povertà ontologica e teologale è l’unica in grado di far sì che, sperimentando profondamente la realtà come dono gratuito, non la trasformiamo in oggetto d’uso e di dominio (11). Se l’essere umano si dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa base della sua esistenza si sgretola, perché, “invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura” (117).

Che cosa ci aiutano a vedere i poveri? Qualcosa che è insito nella nostra condizione creaturale: non esiste mezzo tecnico capace di aggiungere un istante al tempo della nostra vita. La coscienza della finitezza dà un valore autentico alla vita nello spazio-tempo presente e smonta i “miti” cardini del pensiero dominante. Demistifica un concetto di natura basato sul mito del progresso assoluto, opponendovi l’immagine di una natura fragile e bisognosa dell’uomo. Demistificazione che ha il pregio di non essere il prodotto di una fede, bensì la constatazione empirica della scienza e del buon senso “basta osservare la realtà” (158). Questi miti non permettono di vedere che “rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dar luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo” (191). Un discernimento urgente deve mirare a riconoscere le “radici più profonde degli squilibri attuali che hanno a che vedere con l’orientamento, i fini, il senso e il contesto sociale della crescita tecnologica ed economica” (109).

Una sola crisi socio-ambientale

L’approccio di Francesco ai grandi problemi del mondo non è di natura conoscitiva come per lo studioso o teoretica come per il filosofo; muove, invece, dalla consapevolezza di dover affrontare la realtà nei termini di una scelta da compiere in favore di chi oggi ne subisce solo le conseguenze. Al paradigma tecnocratico ricorda che “una tecnica separata dall’etica difficilmente sarà capace di limitare il proprio potere” (136), dall’altro, non propone un nuovo paradigma teorico, bensì convoca ad uno sguardo (basta guardare la realtà) per qualcosa di nuovo da costruire tutti insieme: “una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali” (137). Occorre rendersi conto che “non ci sono due crisi separate, una ambientale e una sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale, ovvero, integrare alla pari il combattere la povertà, il restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo il prendersi cura della natura” (139). La scelta di fondo è tra idee e realtà: la realtà della sofferenza dei più poveri è la pietra di paragone che permette una distanza critica dal paradigma corrente e da qualsiasi altro. Un esempio: se la “celerità” è il tratto più caratteristico del paradigma che si vanta di progredire in modo esponenziale, qui si svela anche la sua più intima “menzogna”: non giunge mai abbastanza presto là dove ai poveri serve un aiuto urgente. Questa è la realtà più reale: quella di chi giace ferito e vulnerabile sul ciglio della strada al quale dobbiamo “farci prossimi”. Siamo al nocciolo della questione: “Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (49).

Invito all’intera famiglia umana

1963: nel rischio di una guerra nucleare, Giovanni XXIII oltre che ai cattolici rivolse il suo appello alla pace anche “agli uomini di buona volontà”.

1967: Paolo VI invitando a scrutare i segni positivi e inquietanti del progresso dei popoli, perché accadesse questo e non quello di gruppi, concluse con l’invito “tutti all’opera”.

2015: Francesco di fronte alla devastazione della casa comune e a società liquefatta senza più ancoraggi, bussa ad ogni porta e ad ogni pensiero. “Adesso di fronte al deterioramento globale dell’ ambiente voglio rivolgermi ad ogni persona che abita questo pianeta” (3). “Abbiamo bisogno di un confronto che coinvolga tutti” (14) “mi propongo di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune” (3). “Se si vuole riparare tutto ciò che abbiamo distrutto allora nessuna forma di saggezza può essere trascurata” (63). ☺

 

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