Cade tutto?
10 Settembre 2020
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Cade tutto?

La dottrina del peccato originale – che deve la sua prima formulazione in S. Agostino – diventata centrale nel determinare la comprensione della fede cristiana, aveva invaso anche la cultura laico-secolare: una visione pessimistica dell’uomo, portatore di una natura decaduta e corrotta. Di conseguenza ci sarebbe un’inclinazione al male, invincibile senza lo straordinario intervento della grazia. Su questa visione pessimistica dell’uomo si fondano molte dottrine, a cominciare dalle dottrine politiche moderne che immaginano lo Stato come un rimedio coattivo inventato dagli uomini per evitare di uccidersi a vicenda. Questo avrebbero rischiato se fossero rimasti nello “stato di natura” che – rovesciamento hobbesiano dell’idea dell’Eden – sarebbe una giungla nella quale ogni uomo é “lupo all’altro uomo”. È la tesi sostenuta nel Leviatano, fonte culturale dello stato moderno che nascerebbe quindi come “legge e ordine”, come Stato della moderna polizia. In questa cattiva visione dell’umano la politica, lungi dall’essere l’arte della ricerca e della realizzazione del bene comune, sarebbe invece definita dal criterio del nemico, come si legge in Carl Schmidt e il suo esercizio non sarebbe che lo svolgimento, più o meno violento e cruento del conflitto tra amico e nemico; la guerra ne diverrebbe il fondamento e anche l’inevitabile e ultimo esito. È su questa diffamazione della politica e dello Stato che si fondano oggi i regimi del capitalismo vincente per legittimare la violenza sempre crescente nel mercato globale.

Ma sulla stessa antropologia pessimistica si fondano anche molte dottrine religiose a cominciare da quella che interpreta il mistero centrale della fede cristiana – l’incarnazione del Verbo e la passione e morte di Gesù di Nazareth – come riparazione dovuta a Dio e da lui pretesa per il peccato dell’uomo. Una riparazione talmente fuori dalla portata umana che solo se a morire era un uomo di natura divina Dio poteva essere placato. Alla veglia Pasquale, nell’Exultet si canta “O peccato veramente necessario! O felice colpa che ha meritato di avere un tale redentore”. Senza peccato non ci sarebbe stata l’incarnazione? La gratuità “senza ragione” del Dio che svuota se stesso, suo primo ed eterno sacrificio e suo vero “mistero”, sarebbe venuta meno? Questa dottrina proposta da sant’Anselmo d’Aosta come risposta alla domanda “Perché Dio si é fatto uomo?”, doveva guadagnarsi una straordinaria popolarità fino a dominare nella Chiesa nei secoli e fino ad oggi. Questa idea di una umanità decaduta, a cui un Dio pur risarcito non aveva restituito i doni originari, e perciò incapace di realizzare le esigenze avanzate dalla sua stessa natura, era condivisa da semplici e dotti.

La buona notizia é che nel Concilio Vaticano II di questa dottrina non c’é traccia. C’é la caduta, ma si dice che dopo il peccato di Adamo Dio non abbandonò affatto gli uomini: anzi, senza sosta continuò ad aver cura di loro (cfr canone IV). L’incarnazione del Verbo, lungi dall’essere ricondotta all’ideologia espiatoria e sacrificale, viene presentata in modo molto più affascinante, come intesa a rivelare i segreti di Dio, a farlo entrare in maniera nuova e definitiva nella storia umana, a inaugurare in terra il regno dei cieli, ad annunciare la buona novella ai poveri e risanare i cuori affranti, a stabilire la pace e la comunione degli uomini e del mondo con Dio, a far partecipare gli uomini alla vita divina.

Proprio a metà del Novecento, per l’irruzione nella Chiesa di un’acuta coscienza di crisi, e per la fede di un “papa buono” che non vi ha fatto ostruzione, anzi ne ha riconosciuto una vera e propria condizione di emergenza, la vecchia narrazione é stata presa in mano e una nuova forma di essa, proposta in un rivestimento più consono al linguaggio e allo spirito del pensiero moderno, più vicino al cuore dell’uomo, ha cominciato a comporsi e ad essere detta.

Da questa nuova narrazione molte conseguenze dovevano venire a cominciare da un nuovo investimento di fiducia sull’uomo e sul mondo, fino alla riconciliazione con lui, al riconoscimento dei segni dei tempi, ad una più serena percezione della storia – una volta delegittimati i profeti di sventura – perché non più ritenuta solo come “un fiume sporco”. Nuova fiducia non per la spensieratezza di tempi più facili, anzi questa ricostruzione della speranza ripartiva all’indomani di quella esperienza di un male totale, di un peso schiacciante del peccato collettivo che si era avuto con i totalitarismi, la seconda guerra mondiale e gli stermini. Ciò che motivava e qualificava questa narrazione era un nuovo amore, dopo secoli di inimicizia, con cui la Chiesa intendeva abbracciare il mondo e gli uomini. Questo era il vero racconto, questa era la vera buona notizia del Concilio: come diceva già S. Gregorio Magno “amor ipse notizia est” (l’amore stesso è la notizia). E in effetti quello che circolava nel Concilio era un amore per l’uomo, era il desiderio di rivalutare le realtà naturali, dopo  il lungo discredito, di rendere onore alle lotte per il diritto e la giustizia combattute dagli esseri umani non più considerati come massa dannata, di rendere ragione delle speranze terrene. Alcuni decenni dopo la fine del Concilio sarebbe infine arrivata l’ammissione che anche i bambini morti senza battesimo possono essere salvi ed andare in paradiso.

È qui, ben più che nelle controversie sui singoli documenti conciliari, la reale posta in gioco della recezione o della ricusazione del Concilio nella Chiesa del nuovo millennio. La nuova narrazione non è soprattutto una narrazione sulla Chiesa, una nuova apologia rivolta a quanti già ci vivono o si vorrebbe che entrassero, ma è una narrazione su questo unico grande oggetto collettivo che è l’umanità da un confine all’altro della terra, e dall’inizio alla fine della storia. Non un racconto da fare tra pochi ma con tutti e per tutti.

La chiesa – dichiara al n. 3 di GS – è mossa non da ambizioni terrene, ma dal desiderio di servire gli uomini, ai quali offre la luce e la grazia Cristo, per salvare la persona umana e per edificare la società umana.☺

 

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