Da traduttrice ad amica
1 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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Da traduttrice ad amica

“Ditemi come è un albero…”. Con queste parole comincia una poesia scritta nel 1960, nella Spagna di Franco, nel carcere di Burgos. L’autore si chiamava Marcos Ana, anche se questo non era il suo vero nome. Era nato nel 1920 come figlio di Marcos Macarro ed Ana Castillo, e lo avevano battezzato con il nome Fernando.
Nel 1936 entrò nell’organizzazione della gioventù comunista e quando cominciò la guerra civile spagnola diventò combattente dell’esercito repubblicano. Verso la fine della guerra fu incarcerato dai fascisti spagnoli e rimase nel carcere per 23 lunghi anni. Fu condannato a morte e solo all’ultimo istante la condanna fu cambiata in ergastolo. Una volta vennero nella sua cella e lessero la lista con i nomi di quelli che fra pochi istanti sarebbero stato fucilati. Marcos scese la scala che conduceva al cortile, ed in quell’istante vide, come in un film, tutta la sua vita passata. Nel cortile, quando i militari si sono accorti che Fernando Macarro Castilla non figurava nella lista, lo fecero ritornare in cella, ed i suoi compagni lo guardavano stupefatti: i suoi capelli erano diventati bianchi!
In carcere cominciò a scrivere e riuscì anche a trovare un metodo per far uscire le sue poesie. Adottò il nome Marcos Ana, per onorare i suoi genitori che erano morti nella guerra.
Dopo la morte di Franco, Marcos fu messo in libertà ed andò a vivere a Parigi. Smise di scrivere poesie e dedicò tutte le sue forze alla solidarietà verso i prigionieri politici nel mondo. E cercava tutte le possibilità per parlare ai giovani e per raccontare della vita in carcere, ricordare i suoi compagni ed amici che erano morti, fucilati nel cortile della prigione. Marcos fece sua la lotta di ogni popolo del mondo che lottava contro dittature o contro le potenze coloniali.
Nel 1965 fu organizzato nel mio paese, nella città di Weimar, un incontro internazionale di scrittori, e toccò a me fare da interprete a Marcos. Avevo appena compiuto ventitre anni, e trascorrere dieci giorni a stretto contatto con un uomo che aveva passato ventitre anni in carcere è stata una cosa che non ho mai potuto dimenticare. È stato Marcos chi mi ha fatto scoprire quanto sia grande il piacere di camminare di mattina, a piedi scalzi, sull’erba fresca di un parco. Ed è stato il lavoro per Marcos, a Weimar, che mi ha aperto la strada professionale verso la traduzione simultanea. Il discorso che doveva pronunciare davanti ai suoi colleghi scrittori, lui lo aveva scritto la notte prima, ed io lo avevo tradotto. La cabina di traduzione si trovava dietro una tenda e non potevo vedere l’oratore, ma con il testo scritto davanti a me, non fu difficile questa mia prima esperienza di traduzione simultanea. Quando Marcos finì di parlare ed io volevo abbandonare la cabina di traduzione, si presentò un uomo che mi fece segnali: dovevo rimanere e tradurre il successivo oratore. E questi era Pablo Neruda, che inizialmente non aveva voluto prendere la parola. Emozionato dal discorso di Marcos, aveva cambiato idea. Salì sul podio ed annunciò che voleva recitare una poesia. E cosi fui costretta a tradurre, simultaneamente, la poesia “Venite a vedere il sangue nelle strade…”. Questo è stato l’inizio della mia carriera di trent’anni anni di traduttrice simultanea.
Con Marcos siamo rimasti amici tutta la vita e ci siamo rivisti dopo la morte di Franco a Madrid. Naturalmente io pensavo che lui doveva essere molto, molto felice di essere ritornato in patria. Ma la Spagna che aveva trovato gli faceva schifo. Non capiva la gente che desiderava un nuovo Franco, perché ai tempi di Franco “le farmacie avevano un orario fisso di apertura ed i treni circolavano puntualmente”. Credo che questa sia stata la ragione per la quale non si concedeva un attimo di riposo. Ultimamente, grazie alla tecnologia, ogni tanto ho potuto seguire su youtube, un’intervista o un discorso di Marcos, ed ho potuto anche scaricare sul mio lettore di e-books la sua autobiografia. Negli ultimi anni, ogni tanto, un saluto via facebook. Niente di più, forse perché in qualche modo io pensavo che Marcos era immortale. E così, anche via facebook, ho saputo, il 25 novembre del 2016, che la sera precedente Marcos era morto a Madrid.
Di lui mi rimangono tanti insegnamenti, tanti ricordi. Mi rimane un foglio di carta su cui mi aveva scritto una parte di una delle sue poesie: “La mia casa ed il mio cuore saranno sempre aperti per te…”. Ed anche questa poesia che voglio condividere con voi:
“Ditemi come è un albero.
Parlatemi del canto del fiume
Quando si copre di uccelli.
Parlatemi del mare,
parlatemi dell’ampio odore del campo,
delle stelle, dell’aria”.

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