
Damilano… a campobasso
“Venticinque Aprile. Due Giugno. Primo Gennaio 1948. Sono le tre date fondative del nostro stare insieme e dell’esistere come popolo italiano, la nostra Linea Gotica che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ha dato vita all’esistenza della Repubblica e all’autodeterminazione del popolo italiano dopo gli oltre vent’anni di repressione del regime fascista”. È stato questo l’incipit e se vogliamo il fil rouge che ha accompagnato la narrazione del noto giornalista Marco Damilano, venuto a Campobasso per incontrare il pubblico molisano e raccontare le pagine del suo nuovo libro La mia piccola Patria, sottotitolo Storia corale di un Paese che esiste. L’incontro è avvenuto all’interno di un auditorium gremito in ogni ordine di posti, all’interno del palazzo dell’Ex Gil.
Un racconto fatto per immagini e stralci di film – storici e non – a corredo di ogni intervento del giornalista, il quale ha ripercorso più di ottant’anni di vicende italiane dal 1943 ai nostri giorni, con aneddoti e ricordi che hanno regalato ai presenti in sala una lezione di storia. In tempi bui come quelli attuali, dove sono frequenti le rievocazioni nostalgiche di un passato rimosso con troppa facilità, sarebbe stata auspicabile una partecipazione soprattutto degli studenti e delle nuove generazioni, a dispetto invece dell’età media dei partecipanti, dove abbondavano le teste bianche.
Il lungo excursus filmografico di Damilano ha preso il via con il capolavoro di Ettore Scola C’eravamo tanto amati, che affrontò il tema della realtà italiana in anni delicati ed essenziali per la sopravvivenza del Paese tra post-guerra e sviluppo economico di una società in continuo cambiamento. La carrellata è proseguita con La Dolce Vita, il capolavoro di Federico Fellini, uno dei film più importanti che il nostro paese abbia mai prodotto, così densamente pieno di simbolismo e significati più o meno nascosti che ad ogni visione si apre un mondo nuovo per lo spettatore, ma che Damilano nel suo libro ha voluto citare soprattutto per evidenziare l’opulenza dell’alta borghesia romana del tempo, a confronto con l’indigenza vissuta nelle periferie romane tanto care a Pasolini. E poi a seguire, il terzo episodio del film I Complessi in cui Alberto Sordi interpreta Guglielmo il Dentone, un giovane e brillante giornalista dalla dentatura prominente che aspira a diventare lettore del telegiornale della sera della Rai con l’avvento della televisione. Non sono mancati i riferimenti alla Questione Meridionale, soprattutto nella rivisitazione di uno dei film più ignorati e potenti di Ettore Scola, ovvero Trevico-Torino – Viaggio nel Fiat-Nam, il quale getta uno sguardo sulle fabbriche in subbuglio dopo il Sessantotto, e sulla difficile condizione di vita degli emigrati dal Sud Italia. Siamo agli albori dell’anno 1975, un vero spartiacque per la società italiana, che vede la riforma del diritto di famiglia con la parità di diritti dei coniugi e l’ approvazione della legge che abbassava l’età minima per votare a 18 anni, legge che seguiva di qualche mese il referendum sul divorzio del maggio ’74.
È però soprattutto l’anno che vede l’inasprimento degli scontri tra frange eversive di estrema destra e di estrema sinistra, con i diritti dei lavoratori ed i salari che trovano sponde più sicure grazie ad un significativo spostamento verso sinistra nel panorama politico, ma inesorabilmente anche una crescente instabilità governativa. Tutto questo trova un paradossale sbocco con l’irruzione sulle scene proprio quell’anno del ‘ragionier Ugo Fantoz- zi’ che sembra invitare gli italiani a diffidare da tanti buoni propositi: prevaricazioni sociali, discriminazione, rapporti sbilanciati tra moglie e marito. In fondo resterà tutto come prima, ma lo capiremo solo qualche anno dopo. In tal senso, le immagini del film del 1975 di Luciano Salce, sono emblematiche e rappresentative della società italiana in chiave, se vogliamo, tristemente ironica.
Il resto dell’excursus, senza mai un’interruzione e grazie alla sapiente moderazione del presidente di MoliseCinema, Federico Pommier Vincelli e ad una sapiente introduzione del presidente di Molise Cultura, Antonella Presutti, è proseguito per arrivare ai tempi più recenti, con un racconto dei disastri creati dalla partitocrazia verso la fine della Prima Repubblica, un momento perfettamente rappresentato nella pellicola Il Divo che vede come protagonista Giulio Andreotti. Gli ultimi due interventi filmografici sono stati dedicati allo splendido film di Nanni Moretti Habemus Papam, il quale, più che una profezia sulle future dimissioni di papa Ratzinger, rende una metafora perfetta della crisi di potere in cui versa il Vaticano ma anche della responsabilità che da tale crisi consegue. Infine, la recente e fortunata pellicola di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, tra politica, femminismo e neorealismo.
Al termine di questo racconto e prima che l’autore si dedicasse al consueto firmacopie a favore degli intervenuti, in una lunga fila che lo ha intrattenuto per circa un’ora, l’idea che emerge dopo questo intenso incontro è che, secondo Damilano, seppur tra cadute e rinascite, “la Patria non è ‘una fortezza da difendere’, ma un concetto di Resistenza che va oltre la sua storia, radicato nelle pieghe di un popolo che resiste anche al cospetto di eventi in cui la struttura della Costituzione, laica e democratica fondativa della Repubblica, viene messa a dura prova dagli eventi e dall’eversione”.☺