Dialogo e amicizia sociale
3 Ottobre 2021
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Dialogo e amicizia sociale

“Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo dialogare. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto”.

Il dialogo sociale

Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni, il dialogo nel popolo. Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la cultura della famiglia, e la cultura dei media. Oggi spesso si confonde il dialogo con un febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali. Sono solo monologhi che procedono paralleli. Il dibattito molte volte è manipolato da determinati interessi che hanno maggior potere e cercano in maniera disonesta di piegare l’opinione pubblica a loro favore. Tale potere manipolatore può essere economico, politico, mediatico, religioso o di qualsiasi genere. La mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura o di imporre il proprio modo di pensare. Gli eroi del futuro saranno coloro che sapranno spezzare questa logica malsana e decideranno di sostenere con rispetto una parola carica di verità, al di là degli interessi personali. Dio voglia che questi eroi stiano silenziosamente venendo alla luce nel cuore della nostra società.

Costruire insieme

L’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro, accettando la possibilità che contenga delle convinzioni o degli interessi legittimi. A partire dalla sua identità, l’altro ha qualcosa da dare ed è auspicabile che approfondisca ed esponga la sua posizione perché il dibattito pubblico sia ancora più completo. Pensiamo che “le differenze sono creative, creano tensione e nella risoluzione di una tensione consiste il progresso dell’umanità”.

In questo mondo globalizzato “i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. Necessita però verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune. non possiamo accettare un mondo digitale progettato per sfruttare la nostra debolezza e tirare fuori il peggio dalla gente”.

Affinché una società abbia futuro, è necessario che abbia maturato un sentito rispetto verso la verità della dignità umana, alla quale ci sottomettiamo, ed esercitarsi a smascherare le varie modalità di manipolazione, deformazione e occultamento della verità negli ambiti pubblici e privati. In una società pluralista, il dialogo è la via più adatta per arrivare a riconoscere ciò che dev’essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale. Il dialogo esige che sia arricchito e illuminato da ragioni, da argomenti razionali, da varietà di prospettive, da apporti di diversi saperi e punti di vista, e che non escluda la convinzione che è possibile giungere ad alcune verità fondamentali che devono e dovranno sempre essere sostenute.

Una nuova cultura

La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita. La cultura dell’incontro va oltre le dialettiche dell’ uno contro l’altro: è uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché “il tutto è superiore alla parte”. Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Parlare di “cultura dell’incontro” significa che come popolo ci appassiona il volerci incontrare, il cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti. Il soggetto di tale cultura è il popolo, non un settore della società che mira a tenere in pace il resto con mezzi professionali e mediatici.

La pace sociale è laboriosa, artigianale. Integrare le realtà diverse è molto più difficile e lento, eppure è la garanzia di una pace reale e solida. Non si ottiene mettendo insieme solo i puri e nemmeno mettendo a tacere le rivendicazioni sociali o evitando che facciano troppo rumore. Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro! Questo implica la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. A partire da tale riconoscimento fattosi cultura, si rende possibile dar vita ad un patto sociale.

È ancora possibile scegliere di esercitare la gentilezza. Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità. La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà. Ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti. ☺

 

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