diritti riconosciuti
24 Febbraio 2010 Share

diritti riconosciuti

Stiamo vivendo una stagione, politica e sociale, ad elevata tensione. Si ragiona, a torto o a ragione, sempre contro qualcosa o qualcuno e mai per fare qualcosa o per costruire. Se non si è contro, se non si demonizza l’avversario di turno non si è soddisfatti. Riconoscere meriti o portare sul tavolo idee e progetti per un sereno confronto non è più  possibile.

Questa è la logica dominante che governa il paese e che ha portato ai provvedimenti dei respingimenti, la denuncia dei clandestini, le ronde. Non è stato messo in atto alcun provvedimento a tutela delle famiglie, ma è stato subito approvato il provvedimento sullo scudo fiscale per ripulire soldi sporchi o comunque incassi evasi al fisco statale che non hanno sicuramente consentito interventi di natura sociale a favore delle fasce deboli e meno abbienti. I dati diffusi dalle Caritas a metà ottobre sono molto significativi: aumenta la povertà, in difficoltà i giovani con lavori precari, in ulteriore situazione critica le donne che pagano più degli altri la crisi che ha colpito tante famiglie e non i padroni della finanza. Assistiamo ogni giorno a dichiarazioni di ogni tipo sulle famiglie, ma nessuno è riuscito a leggere un pur minimo provvedimento sostanziale. Anche su questo fronte si è gli uni contro gli altri.

È tempo di mettere palla a centro, per utilizzare il gergo calcistico, e ripartire per giocare una partita diversa dove solidarietà e sussidiarietà siano alla base della convivenza e dei rapporti sociali. Questi elementi servono anche alle nostre piccole comunità.

Sto assistendo, e in parte vivendo, il clima dello scontro politico anche nella mia piccola realtà locale. Se avessi avuto a disposizione la riflessione di padre GianCarlo, pubblicata sul numero di ottobre di Vita Diocesana, l’avrei letta all’incontro indetto dalla maggioranza comunale a cui ho partecipato e l’avrei riportata in un articolo pubblicato su un quotidiano in risposta a considerazioni di quelli che dovrebbero essere i miei compagni di viaggio politico, ancora convinti che la cultura sia solo un patrimonio della sola sinistra, quella ferma alla prima Repubblica.

“I diritti non vanno concessi, ma vanno riconosciuti”, ha affermato padre GianCarlo. Il cittadino che vede riconosciuti i propri diritti accetta ben volentieri i doveri. E l’intera società cresce.

Non serve criminalizzare a tutti i costi l’avversario politico per un effimero e temporaneo vantaggio politico, non serve strumentalizzare le attività della Chiesa per cercare di avere sponde utili per qualche voto in più, come non serve mettere nel cestino tutte le proposte che possono venire da altra parte politica. La comunità vive di confronto, di idee, di rapporti interpersonali e familiari e non di scontri. Chi si candida a rivestire un ruolo pubblico deve porsi il problema di cosa si aspettano le famiglie amministrate e cosa loro serve.

Oggi, a qualsiasi livello, tutti reclamano stabilità e certezze. Gli italiani di fronte a tanti provvedimenti rilevatisi inutili (vedi le ronde), di non facile applicazione (vedi la social card) o che pongono in difficoltà la gestione quotidiana (vedi regolarizzazione delle badanti) invitano tutta la classe politica ad utilizzare solo il  buonsenso. Sarebbe questo un grande risultato.

I comuni cittadini, quelli del lavoro quotidiano, degli impegni sociali, dell’atten- zione ai più deboli, sono stanchi di improvvisazione e di pressappochismo; sono soprattutto stanchi di una corrida a tutti i livelli.

Spero che a partire dalla mia realtà, che oggi ha perso i connotati della comunità per errori imputabili a politiche riferibili anche a periodi passati, amplificati da una ultradecennale mancanza di  guida religiosa, la politica dello scontro, del tutti contro tutto, abbia termine e prevalga la politica del rispetto della gente, del riconoscimento dei diritti che esaltano l’uomo che si sente parte attiva e fattiva della propria Comunità, recuperando identità e valori. ☺

mario@ialenti.it

 

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