Il Molise ESISTE e resiste
25 Maggio 2017
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Il Molise ESISTE e resiste

Lettera aperta a quanti amano la terra che li ha generati

A Civitacampomarano, paese oggi sconquassato da una frana che rischia di annientarlo se non si interviene subito e bene, il piccolo Giuseppe è il simbolo geniale della prima edizione dello street art fest. Sotto la scritta il Molise cancella non esiste per scrivere resiste, esprimendo al meglio il dilemma di una regione allo sbando, ma attraversata da una passione e tensione verso il futuro.

Il Molise non esiste

Che il Molise non esista a livello nazionale è un dato incontrovertibile sia in quanto a considerazione che per figure rappresentative tanto che Berlusconi si era fregato il seggio senatoriale, prima di essere espulso per indegnità, appartenente a Ulisse, cioè Nessuno, come già si leggeva nientemeno che nell’Odissea. Non è stata fatta in parlamento, né pretesa dal consiglio regionale, una legge quadro per la ricostruzione post-terremoto; i nostri parlamentari, di cui i più ignorano anche i nomi, brillano per invisibilità, ridotti a fare la claque di qualche capobastone.

La classe politica regionale è stupefacente, proprio come l’oppio, determina lo stato di benessere per sé, ma dipendenza e conseguenze deleterie sul piano psichico e fisico per quelli che hanno la ventura di ruotare nei loro paraggi. La loro migliore qualità è la predisposizione a fare opposizione, e finché fanno parte della minoranza niente male, infatti oggi sembrano interessanti anche le tesi o i suggerimenti dell’ex governatore Iorio, colui che, quando comandava, ha disastrato il Molise. Ma il tragico, o forse solo il comico, è che anche quelli della maggioranza sovente si oppongono a se stessi, si dissociano da quello che pensano, dicono sapendo che la smentita è già stata scritta. Naturalmente con una classe politica così non si va da nessuna parte. E loro stessi, se non fosse per la prebenda, provvederebbero volentieri a votare la cancellazione di una regione nata in tempi di vacche grasse, ma che mal sopporta la carestia. Elencare mali e ritardi è un inutile carachiri: dalla sanità allo sfascio totale alle imprese e aziende alla canna di ossigeno se non già tumulate, dall’ascolto del territorio pressoché zero al clientelismo dilagante, fino alla truffa dell’acqua pubblica.

Il Molise resiste

Impossibilitati a portare avanti grandi progetti come la clean economy, su cui ci siamo impegnati anche come rivista, perché la giunta regionale, nonostante il ripetuto e pubblico impegno del governatore, ha sepolto il progetto nel fondo di un tiretto ben chiuso a chiave, si fanno strada i prodotti di nicchia, vera risorsa. Grazie al coraggio di piccoli imprenditori, che si giocano il tutto per tutto, viene messo in commercio ciò che si può ricavare dalla terra e dal lavoro di trasformazione: olio, pasta, insaccati, formaggi, vini, per citarne alcuni. Sono la delizia di palati che non si accontentano semplicemente di ingurgitare quello che il mercato offre a basso costo.

La grande scommessa, anche se in ritardo rispetto ad altre regioni che hanno avuto amministratori più lungimiranti, sarà la capacità di intercettare il turismo, creando attrattive atte a richiamare flussi di vacanzieri, perché aria, acqua e clima, non dipendendo totalmente dalla politica, sono ancora in buono stato. Il turismo può contare sulla naturale predisposizione caratteriale del popolo molisano ad accogliere il “forestiero” mettendolo a suo agio. I centri storici, ancora poco valorizzati e solo in parte massacrati da una cattiva edilizia che in non pochi casi aveva sostituito selciati con sampietrini o asfalto, stipiti di pietra con travertino, infissi in legno con alluminio, non hanno nulla da invidiare a realtà unicamente più reclamizzate sul mercato. E poi ci sarebbe la valorizzazione di musei, chiese, castelli, percorsi artistici, tracciati o da realizzare, nei paesi.

Per fortuna ci sono diversi comuni, o meglio imprese private, associazioni e persone di buona volontà che lavorano sodo per dare segni di visibilità, anche se spesso solo episodici e frammentari. Il lavoro più grande da fare è a livello culturale per recuperare le antiche tradizioni, evitando che diventino semplice e consumistico folklore. La tradizione ha un’anima, una spiritualità, laica o religiosa che sia, che va alimentata perché non si trasformi in parata, che va trasmessa, attraverso incontri di sensibilizzazione, a quanti si avvicinano perché ne colgano la portata. L’errore più grande sarebbe il tentativo di voler annullare la storia per qualche giorno per cercare di far rivivere un passato che non esiste più, stile “mito dell’eterno ritorno”. Le tavole di san Giuseppe non sono fast food, ma apertura all’altro attraverso la condivisione del cibo; le carresi devono partire dall’amore e dal rispetto per gli animali, alla luce delle acquisizioni scientifiche, per richiamare il senso del pellegrinaggio; le rievocazioni storiche devono illuminare il presente e proiettare verso il futuro; le sagre devono aiutare a comprendere la bellezza del cibo e come relazionarsi con quello che abitualmente mettiamo a tavola; le feste religiose devono servire a ricordare che occorrono spazi di amicizia per i popoli; e si potrebbe continuare a lungo perché di eventi e manifestazioni ce ne sono tante. Ma l’importante non è solo farle, è aiutare ad accostarsi con rispetto per trasmettere una cultura ereditata, ma non immobile, che ci ha impregnati e che vogliamo, facendola camminare al passo con i tempi, trasmettere alle generazioni successive.

La sfida è grande, ma non abbiamo tante altre strade per abbozzare il nostro futuro e vivere felici in un Molise che esiste e resiste!

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