Fortezze assediate?
16 Dicembre 2022
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Fortezze assediate?

“È la rivincita del ghetto sul sogno della città aperta, la vendetta della segregazione autoinflitta su chi aveva creduto nella speranza della comunità umana. Dal 1989, quando fu lanciata con enorme successo di vendite la prima edizione superesclusiva per milionari a Laguna Beach in California, la gated community [pronuncia: gheitid commiuniti], il quartiere fortezza che si autorinchiude dietro mura, gate [pronuncia: gheit], cancellate, sbarre, rent-a-cop, i poliziotti a noleggio, si è riprodotta in migliaia di esemplari attraverso tutti gli Stati Uniti. Ce ne sono per anziani e per coppie con bambini, per bianchi ricchi e inconfessabilmente ancora segregazionisti come per non bianchi che vogliono la rassicurazione della propria omogeneità e identità culturale. Ma il risultato è il patto con il diavolo che due urbanisti californiani, Ed Blakeley della Università della South California e Mary Snyder di Berkley hanno definito in una ricerca del 1997, ‘la nuova Fortezza America’. In cambio della – spesso falsa, dicono le statistiche – sensazione di sicurezza e di protezione, sta nascendo una nazione di tetri villaggi neomedioevali, di ‘castella’ chiusi in loro stessi, angosciati dall’assedio di tartari là fuori”. (Vittorio Zucconi, La Repubblica, 20 gennaio 2011)

Le osservazioni datate, ma quanto mai attuali di Vittorio Zucconi, denunciavano quel fenomeno diffuso in diverse aree degli Stati Uniti d’America che va sotto il nome di Fortress North America. La definizione ha avuto origine durante la Seconda guerra mondiale e in seguito venne utilizzata nel corso della Guerra fredda: con essa si intendeva la scelta di “difendere dai nemici”, proprio come si fa con una fortezza, i territori del Canada e degli U.S.A.. Ma chi erano – sono (!) – questi nemici? Innanzitutto gli Stati i cui regimi si richiamavano alle ideologie fasciste o comuniste, e tutto in nome della sbandierata libertà, fondamento della nazione americana fin dalla Dichiarazione di indipendenza.

Successivamente la società nordamericana, che ha continuato a percepirsi come luogo della libertà e dei diritti, ha cominciato a restringere il proprio orizzonte: la “fortezza” si è venuta a moltiplicare anche all’interno del territorio nazionale dando luogo a quello che Zucconi descrive nel suo articolo. Non più soltanto i confini nazionali – ricordate il muro che il presidente Donald Trump voleva costruire sulla frontiera con il Messico? – per impedire l’ingresso di immigrati irregolari, ma le stesse città americane hanno visto il proliferare di quartieri sempre più isolati e protetti entro i quali soprattutto la società bianca e suprematista potesse vivere, separata e distante da qualsiasi contatto (o contaminazione) con le classi più povere, nere ed emarginate.

Non c’è da stupirsi. In fondo la società nordamericana continua a soffrire di esclusione, ghettizzazione ed intolleranza nei confronti dei ceti più deboli: libertà e diritti, sanciti da più di due secoli, devono coniugarsi con l’autosufficienza sul piano economico, la percezione di salari regolari e la possibilità di disporre di adeguate risorse finanziarie al fine di accedere anche ai più elementari servizi quali le cure mediche.

La “fortezza America” in questi giorni sembra trasferirsi, come modello, in Europa e più precisamente nel nostro Paese. Eccola allora la “fortezza Italia”, che non ha bisogno di muri o fili spinati perché la nostra penisola è circondata dal Mediterraneo: lo sbarramento è rappresentato dal blocco dei porti, dal respingimento delle imbarcazioni, dal pattugliamento delle coste, dalla disumanità di lasciare in mare migliaia di disperati. “Priorità è la difesa dei confini” è stato, in sintesi, il messaggio che il nostro nuovo governo ha inviato e condiviso con le altre nazioni dell’Unione Europea. Un obiettivo generico ma tragicamente concreto ed applicabile, com’era prevedibile, alla questione immigrazione. Quale minaccia per la sicurezza dei nostri confini può essere rappresentata da “individui di ogni latitudine accomunati da un destino simile: l’insorgere di una situazione talmente grave da costringerli a lasciare le proprie case, i contesti, la propria regione o il proprio Stato, il lavoro, la scuola, gli affetti per un solo obiettivo: mettersi in salvo” (Luca Attanasio, Il bagaglio)?

Questi bambini, donne e uomini fuggiti dalle loro terre sono in cerca soltanto di libertà, come l’ideologia nordamericana storicamente intende rivendicare: la libertà di esistere, di lavorare, di fornire cibo e cure ai propri figli, di sperare in un futuro di dignità.☺

 

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