I migranti e la nostra coscienza
9 Maggio 2023
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I migranti e la nostra coscienza

Factor è un termine inglese di facile comprensione, considerata l’assonanza con l’italiano, e allo stesso tempo un vocabolo dal significato generico in entrambe le lingue. In inglese il sostantivo factor quasi sempre segue un altro termine (un aggettivo oppure un verbo con funzione di complemento di specificazione) che chiarisca l’area semantica di riferimento. A volte viene preceduto da una semplice lettera dell’alfabeto (X, K), in altre da vocaboli, tra i più vari, che ne definiscono il significato, come nell’ espressione wow factor [pronuncia: uau factor] con cui si indica la capacità di sorprendere – positivamente – le persone (wow è infatti un’ esclamazione!).

Ma è su push factor [pronuncia: pusc factor] che vorrei condividere qualche considerazione. Innanzitutto push  è un verbo che traduce l’italiano ‘spingere’; ormai non è più necessario recarsi all’estero per notare la scritta Push all’ingresso dei locali pubblici, in particolare grandi magazzini o centri commerciali: essa gentilmente ci avverte che per entrare (o, al contrario, uscire) la porta vada spinta in avanti. Il suo opposto sarebbe Pull che come si può desumere significa ‘tirare’. Ed anche questo secondo verbo ha a che fare con il tema che vorrei affrontare.

Al di là delle precisazioni, quasi da bugiardino, per le quali chiedo scusa, mi preme soffermarmi sulla espressione citata e sottolinearne la sua stretta ‘drammatica’ attualità. Il naufragio dell’imbarcazione sulla spiaggia di Steccato di Cutro è stato soltanto uno dei tragici episodi relativo al fenomeno delle migrazioni. Esso ha colpito fortemente l’opinione pubblica e scosso numerose coscienze, ma non è certamente solo da pochi mesi che assistiamo a sbarchi, incidenti in mare – quando non annegamenti! -, salvataggi di persone che arrivano nel nostro Paese. Interrogarci quindi sulle cause di tale fenomeno rimane un nostro doveroso impegno come pure conoscere “le ragioni per cui la gente è pronta a sacrificare ogni danaro messo da parte e ad affidarsi alla cinica lotteria di un viaggio gestito da criminali senza scrupoli. Perché lo fanno? Perché sono padri e madri incoscienti e irresponsabili, come fuori tempo e fuori luogo moraleggia qualche ministro italiano? No, lo fanno perché sono disperati, privi della più remota speranza che la loro permanenza in Libia, nelle aree desertificate dell’Africa subsahariana, nei campi profughi nel Nordafrica possa garantire loro il minimo per vivere e guardare al futuro” (Paolo Naso, Riforma 10/03/2023). Tutto questo ha sinteticamente il nome di push factor vale a dire fattore di spinta, causa primaria dei flussi migratori.

Non è la prima volta che ne parliamo, ma sembra che quello che si cerca di far passare a livello mediatico sia sempre un problema, qualcosa che disturba l’ordinarietà delle nostre vite, motivo di preoccupazione e ansia, per la popolazione e per gli amministratori che ricorrono a stati di emergenza, ingigantendo e travisando il fenomeno in sé. I disperati che migrano sono un problema per loro stessi, non per noi – italiani ed europei – che assistiamo, quando non voltiamo lo sguardo altrove, alle loro tragedie: sono ben radicate le ragioni per cui ci si allontana dal paese di origine, si abbandonano affetti e beni, si intraprendono viaggi che non durano poche ore e non con mezzi comodi quali treni e aerei confortevoli e veloci!

E non accontentiamoci della versione opposta. Non focalizziamo la nostra attenzione sul cosiddetto fattore di attrazione (pull factor): lo stile di vita europeo, la pubblicità dello stesso favorita dalla globalizzazione, il sogno di una vita di agi e consumismo possono incidere seriamente su scelte ‘di vita’ così importanti e radicali? E poi, le tanto bistrattate ONG, le organizzazioni non governative che con le loro imbarcazioni tentano di salvare i naufraghi nel mar Mediterraneo, hanno il potere di attirare “un esercito di straccioni [che] irrompe nella fortezza dei ricchi”, secondo la cruda descrizione di Maurizio Pagliassotti? Il giornalista sostiene che il problema ‘migranti’ “riguarda noi. Soprattutto quel vastissimo mondo di mezzo che non sa come schierarsi e si dibatte tra un compassionevole ‘Poveretti’ e un preoccupato ‘Ma sono troppi, come facciamo a prenderli tutti. Aiutiamoli a casa loro’” (La guerra invisibile. Un viaggio sul fronte dell’odio contro i migranti).

È la nostra cattiva coscienza che spesso ci porta, anche inconsapevolmente, a non cercare le risposte alle domande che ci poniamo – se ce le poniamo – e di scoprire le reali motivazioni, la complessità di situazioni e di eventi, il rispetto per la verità.

Nell’epilogo del suo resoconto di viaggio tra le migrazioni, Maurizio Pagliassotti ci lascia questa amara considerazione: “Ma ora, al termine di questo racconto in cui io stesso ho ondeggiato, qualcosa mi appare più chiaro. L’Italia e l’Europa, mi appaiono […] lanciate verso un futuro fatto sempre più di rancore mal represso, perché la guerra alla povertà è stata soppiantata dalla guerra ai poveri”.☺

 

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