Il cambiamento è necessario
7 Maggio 2022
laFonteTV (3191 articles)
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Il cambiamento è necessario

Siamo ormai giunti al giro di boa per la dodicesima legislatura e il Molise continua, inesorabilmente, a perdere abitanti. Si parla, pensate, di 15.000 molisani emigrati solo negli ultimi tre anni. Ma il governatore che non c’è, nella regione che non c’è, giura di essere pronto alla ricandidatura. Chi meglio di lui per perseguire il nobile obiettivo di ridurre i costi, eliminando dalla carta geografica il Molise?

Nulla è stato fatto per risolvere gli innumerevoli problemi della nostra piccola regione. Eppure sono state diverse le occasioni per mettere da parte le scaramucce di partito, sedersi attorno a un tavolo e tracciare, finalmente, una exit strategy alternativa al baratro. Negli ultimi anni abbiamo assistito, inermi e inorriditi, al continuo piagnisteo del sovrano, che lamentava di non avere abbastanza potere. Quando quel potere è diventato assoluto, però, ha cercato altri alibi. E un’intera legislatura è passata senza che il carrozzone di centrodestra – che nel 2018 aveva un candidato per ogni famiglia molisana – abbia preso una sola decisione strategica sulla sanità, sui trasporti, sulle infrastrutture, sull’acqua pubblica, sull’energia. Solo ordinaria amministrazione, con l’atavica lentezza.

Fa perciò sorridere ora, a un anno dalle elezioni, sentir parlare quelle che finora son state delle mummie. Oggi sono tutti sul pezzo, parlano addirittura di Film Commission, di Comunità energetiche, di turismo. E, pensate, bandiscono concorsi! Oggi si accorgono, come per magia, che il Molise avrà la più grande occasione della sua storia: dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) arrivare ben 1,5 miliardi di euro, tra programmazione europea e il famoso PNRR. Soldi che, spero proprio di sbagliarmi, non saremo in grado di spendere. Da molisano mi sarei aspettato una task force di super professionisti, il reclutamento dei migliori laureati in giro per l’Italia, la collaborazione tra maggioranza e opposizione per dimostrare che no, non vogliamo scomparire. Povero illuso.

Questo governo regionale è stato così impalpabile che chi ha già governato – a mio avviso malissimo – in passato, si sente addirittura legittimato a ripresentarsi come il nuovo che avanza. Chi ha decretato, di fatto, la privatizzazione della nostra sanità, ora si offre di sanarla. Ma noi italiani abbiamo la memoria corta e Iorio – che qualcuno nei Palazzi chiama ancora “o’ padron” – uscito indenne dall’ultimo processo, ci fa quasi tenerezza. Si stava meglio quando si stava peggio.

Al momento, nonostante il clima incandescente da campagna elettorale, siamo ancora in fase di riposizionamenti. Nel centrodestra sono stati già fatti diversi nomi per il successore di Toma, tra i quali c’è lo stesso presidente-commissario. Uno e trino, ha fallito l’obiettivo più importante – ripristinare il diritto alla salute – ma gongola neanche avesse segnato un rigore nella finale dei mondiali. Ha scelto, più o meno direttamente, il suo braccio destro nella struttura commissariale e il direttore generale di ASREM. Ciononostante, continuiamo a perdere servizi sanitari. Dopo due anni abbondanti di Covid e milioni di euro impegnati, spesi o riprogrammati, non abbiamo ancora una struttura dedicata a combattere il virus. Mentre i molisani hanno smesso di curarsi o si sono affidati in massa ai privati, veri salvatori della patria. Ma oggi, ancora per magia, iniziamo ad assumere medici. Meno del necessario, ovviamente.

Sono pronto a scommettere che a ridosso del voto, come da tradizione del Sud Italia, inizieranno tutti a sbandierare ricette gustose per quel miliardo e mezzo di euro. Vedete, ciò che condanna a morte una buona parte della Penisola è proprio il disinteresse e l’ incompetenza nel gestire i fondi in arrivo dall’Europa. Troppe rogne, poco margine d’azione per politiche clientelari. Chi glielo fa fare? Si inizia sempre, prima del voto, con la promessa di uno sportello Europa. E Dio solo sa quanto ne avremmo bisogno. Si arriva poi, verso la fine dei sette anni di programmazione europea, a pubblicare qualche bando, magari girando un pdf ad amici e sostenitori con messaggio privato. Come a dire: “Guarda quanti soldi, che opportunità. Ho fatto il bando per te”. E il copione si ripete, mentre quei soldi volano via.

Tornando alla cronaca della nostra campagna elettorale, tra Toma e Iorio che giurano di candidarsi, potrebbe spuntare un terzo nome dal grande centro. Il cambio di registro dei centristi, a partire dal presidente del consiglio regionale, è ormai evidente: son diventati tutti estremamente critici nei confronti della maggioranza, che loro stessi hanno mantenuto in piedi, ed altrettanto dialoganti con chiunque passeggi per i corridoi. I corteggiamenti sono in corso e sfiorano letteralmente l’adulazione al cospetto dei loro nemici giurati, Pd e 5 Stelle. Che, di tutta risposta, fanno dito medio e ripetono ad ogni occasione: mai con i centristi, mai con chi ha portato il Molise allo sbando. Mai col padrone indiscusso della sanità privata, che è stato decisivo nell’elezione di tutti i presidenti della storia recente. Attendiamoci dunque due fronti: con e contro il convitato di pietra, Aldo Patriciello.

Intanto, tra i progressisti sembra che il matrimonio “non s’ha da fare”. Se però il Manzoni proseguiva con “né domani né mai”, siamo tutti certi che in questo caso sia solo rimandato. Ed è anche comprensibile. Si rivolgono ad un elettorato molto simile e non conoscono, con un buon margine di certezza, il loro peso in coalizione. E allora cercano, legittimamente, altri alleati per mostrare i muscoli e reclamare la guida della coalizione. Ma convergeranno. Perché una cosa è sicura: o si va insieme, dialogando con le diverse aggregazioni civiche, o si perde. Il centrodestra, del resto, fa sempre quadrato quando si avvicina il momento fatidico. In altre parole, queste elezioni Pd e 5 Stelle possono solo perderle. E in questa competizione, così cruciale, anche il nostro giornale ha deciso di scendere in campo, mettendo insieme il mondo delle associazioni, sporcandosi le mani. Ma crediamo ne valga la pena, perché il treno della transizione non passerà due volte. E le ipotesi improbabili di restare in vita, annettendo qualche provincia bistrattata da altre regioni (si veda il Molisannio), avrebbero un solo risultato: aumentare il numero di sudditi privi di servizi essenziali, mentre i sovrani conservano la comoda poltrona. E allora diciamo basta, assumiamoci le nostre responsabilità☺

 

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