
“il condimento della libertà”
Si conclude qui la storia del detenuto ricostruita nelle poesie della raccolta Filo spinato di Alessandro Fo (Einaudi 2021) e seguita negli ultimi quattro numeri della nostra rivista. Dopo un primo permesso di sole cinque ore (la fonte di ottobre e di novembre), il recluso era diventato “permessante”, godendo di una settimana di permesso (la fonte di dicembre), quindi “semilibero” (la fonte di gennaio). I versi riportati sotto registrano il suo nuovo stato di “liberazione condizionale” o “libertà controllata”. Si tratta di una sospensione della pena detentiva concessa dal Tribunale di Sorveglianza quando il condannato, nel periodo trascorso in carcere, abbia tenuto un comportamento tale “da far ritenere sicuro il suo ravvedimento”. A questi requisiti giuridici si aggiunge la condizione che l’ex detenuto abbia una casa e un lavoro. Nella poesia che segue il protagonista lavora come cameriere in un noto ristorante di Siena, “All’Orto de’ Pecci”, di cui vengono ricordati la verde vallata in cui è immerso, il panorama che si gode sul retro del Palazzo Pubblico e sulla Torre del Mangia, l’orto medievale con annesso “villaggio degli animali”, l’enorme scultura in metallo adagiata sul prato. A gestire il ristorante è una cooperativa nata negli anni Ottanta con lo scopo di inserire nelle proprie attività produttive soggetti svantaggiati che provengono dal disagio psichiatrico e da altre situazioni di marginalità sociale. La liberazione condizionale può essere naturalmente revocata in qualsiasi momento, in caso di altra condanna o di mancato rispetto delle prescrizioni, senza che il tempo trascorso fuori dal carcere sia necessariamente considerato come pena espiata. Non è, quindi, un passaggio definitivo dall’“inferno” al “paradiso”. Ma la poesia mostra come sia davvero possibile concludere una pena all’esterno del carcere. Per la cronaca, il nostro ex recluso ha estinto in questo modo la sua pena ed è oggi un uomo libero.
Laura de Noves
Inferno e paradiso
A Maria Letizia V.
All’«Orto de’ Pecci»
Immaginate un ampio prato verde
subito dietro il Campo di Siena,
col cielo azzurro, la Torre del Mangia,
e manto e pieghe di tegole e tetti.
Ricostruisce un orto medioevale.
Una stalla con asino e caprette
davanti al ristorante, per la gioia
dei bambini che corrono
incontro ai due pavoni.
Un gran volto in metallo
coricato nel verde
ricorda un cavaliere.
«Nei bei giorni di sole come questo
qui sotto è un paradiso.
Quando eravamo chiusi,
anche i giorni di festa
che mangiavamo bene,
il pesce, i pacchi avuti dai compagni,
tutto sapeva però di cemento.
Qui invece adesso è buona anche la paglia
– magari pure l’erba,
dovessimo brucarla –
col condimento della libertà».