
Il mestiere più bello
Permettetemi, stavolta, alla vigilia dell’estate, una parentesi personale.
Nel momento in cui scrivo, gli esami conclusivi del primo ciclo si stanno chiudendo fra le ultime ratifiche, i corridoi sono caldi e vuoti, riecheggiano ancora di quella che ho chiamato – in uno dei miei rari post su fb – “l’euforia struggente dell’ultimo giorno”. Siamo stanchi, sudati, ancora indaffarati negli ultimi adempimenti, ma penso a loro, ai ragazzi che hanno appena varcato quella porta e che rivedrò a settembre. Alcuni, altri no. E cerco di smaltire, come ogni anno, il magone per il saluto all’ennesi- ma terza media in uscita, quel dolore impagabile di vedere le ali che si alzano in volo mentre ti ricordi di quando sono entrati qui, tre anni fa, poco più che bambini.
La fine dell’anno scolastico è fatta così, non può essere inquadrata in uno spettro di emozioni ben individuabili, si mescolano e si sovrappongono, mentre l’ armadietto scombinato e stracolmo mi guarda e dice: “Riordinami! Avevi detto che a giugno ci saresti riuscita!” e io gli rispondo: “Scusa, hai ragione ma a settembre sicuro non mancherò!”
Mentre firmo le ultime cose, e rimetto a posto qua e là, e mi aggiro per le aule silenziose (detesto quell’inquietante silenzio della scuola vuota!), mi dico che devo ringraziarli. Loro, sì, i ragazzi.
C’è chi ha scelto questo mestiere per necessità, chi per caso, chi per “voca- zione”, chi con indifferenza… così tanto per buttarsi da qualche parte, ma credo che nessuno, sotto sotto, possa negare che i ragazzi ci aiutano.
Al termine di un anno scolastico ricco di cose (mai quante sperate o progettate, ma tante comunque), mi guardo indietro, faccio un bilancio, e scopro che ho aperto gli occhi su tante realtà: si crede nel lavoro di squadra, nella lealtà del concetto di “team”, persino nella possibilità che qualche rapporto, da puramente lavorativo, possa trasformarsi in qualcosa di molto vicino all’amicizia… e poi ci si sveglia. Sì, mi sono dovuta svegliare, quest’anno più che mai, dall’illusione di poter costruire una vera sintonia reciproca con molti. Molte, direi. Mi scopro a contare sulle dita di una mano sola quei legami leali nei quali posso investire. I colleghi e le colleghe di cui fidarmi, pochi e poche.
Ma mi guardo indietro e vedo anche loro: il loro sorriso, la loro capacità di regalarti energia, positività, purezza… e mi dico che sono fortunata. Mi hanno accolta, si sono affidati, si sono fidati. Alle delusioni che ti riservano “gli educatori”, fa da contraltare – ancora una volta – la bellezza degli “educandi”, prepotentemente, quella che mi ha consentito di inventare il mio tempo con loro come se fuori tutto andasse bene.
La loro capacità di sognare un mondo migliore parte da qui, dalla loro capacità di apprezzare, di dare senso anche alle giornate più difficili, allo sgambetto più difficile da ingoiare, al voltafaccia più doloroso.
Sarà quel profumo di pane e mortadella a ricreazione, sarà quelle lacrime che ogni tanto ti trovi ad asciugare, sarà quel ragazzo che fa dei progressi che manco ti aspetti, sarà quel sorriso silenzioso che ti fa capire “Oggi stiamo più zitti perché lo abbiamo capito che avete un’ombra sul viso prof”… sarà, ma resto convinta, come ogni volta a giugno, che ho scelto il mestiere più bello del mondo.
Arrivederci, buone vacanze… e leggete, mi raccomando.☺