Il pane di san giovanni
Le piante appartenenti alla famiglia delle Leguminose sono prevalentemente erbacee. Tuttavia della stessa famiglia fanno parte anche diverse specie legnose, come per esempio la robinia, lo Spino di Giuda o il carrubo.
Quest’ultimo, la Ceratonia siliqua, è un albero originario di Siria e Palestina, presente nelle zone mediterranee e in alcune nostre regioni quali Sardegna e Puglia, dove offre frescura nelle ore più calde. Ma per il suo portamento maestoso, oltre che per la sua chioma sempreverde, fitta e tondeggiante, viene coltivato anche come pianta ornamentale.
Si tratta di un albero molto rustico, che cresce bene perfino nei terreni aridi e poveri, perché, come tutte le leguminose, riesce a fissare l’azoto atmosferico indispensabile per il suo sviluppo. Non soffre la siccità grazie all’apparato radicale fitto e profondo, capace di recuperare acqua dagli strati meno esplorati del suolo. Soffre però le basse temperature e in genere non sopravvive alle gelate invernali.
La messa a dimora degli alberi di carrubo avviene nei mesi invernali, da inizio anno a metà marzo circa. Le piante entrano in produzione 3 anni dopo il trapianto e l’unica operazione colturale necessaria è l’asportazione dei rami secchi. La carruba è pronta per essere raccolta tra agosto e settembre tramite scuotimento dei rami, ma con una certa cura, perché sulla pianta sono presenti contemporaneamente sia i fiori che i frutti. I fiori, piccoli e di colore prima rossastro e poi giallo-verdastro, sono molto frequentati dalle api, cosa che costituisce un valido contributo alla estensione dell’ apicoltura nelle aree di coltivazione del carrubo. I frutti, coriacei, di colore bruno, solitari o in gruppi numerosi, detti popolarmente carrube o vajane (da cui deriva il nome con il quale vengono chiamate nel nostro dialetto ’i vaj’nèlle), sono grandi baccelli indeiscenti, contorti e lunghi fino a 15-20 cm, che è possibile acquistare presso le bancarelle di frutta secca nei mercati rionali. La loro polpa cruda ha un sapore dolciastro, pastoso e zuccherino. I frutti contengono inoltre 10-15 semi scuri, appiattiti e molto duri. Siccome questi semi si presentano particolarmente uniformi nella dimensione e nel peso, dal loro nome arabo, karat, è derivato quello dell’unità di misura per le pietre preziose, il carato: ogni seme pesa esattamente 1/5 di grammo e sin dall’antichità è stato il contrappeso ideale per le bilance utilizzate per pesare oro e oggetti di valore.
Indescrivibile la gioia dei ragazzi del mio paese quando, fino agli anni Sessanta, si andava in corteo all’entrata di Bonefro presso il Ponte Varco per accogliere ’i sand’m’ch’lare, cioè i pellegrini di ritorno da Monte Sant’Angelo con le vaj’ nèlle. Erano buonissime e ogni bambino conservava gelosamente tutti i piccoli semi in esse contenuti. ’I l’vine d’i vaj’nèlle, così li chiamavamo, erano infatti il premio del topì, topà, fondà, un antico gioco popolare che consisteva nello spingere i semi delle carrube, che sono duri e lisci, verso una buca, ’a calefòsse, realizzata al momento. Per giocare era indispensabile una certa manualità, facendo scattare il pollice con l’indice (a’ z’ccarde), che, con tre colpi ben assestati e accompagnati dalla pronuncia ad alta voce di topì, topà, fondà, doveva centrare la buca. Nel caso il partecipante non vi riuscisse al terzo colpo, il gioco passava all’avversario di turno, finché il seme diventava di proprietà del primo che ci riusciva. Risultava vincitore chi accumulava il maggior numero di semi. Questo gioco semplice, ma che richiedeva abilità e precisione, era un modo divertente per passare il tempo e andrebbe riproposto oggi per mantenere vive le tradizioni locali.
Per secoli le carrube hanno sfamato i popoli del Nord Africa. Le testimonianze sulla coltivazione del carrubo e sul loro uso come dolcificante risalgono già agli antichi Egizi. Si suppone che siano state il cibo che alimentò il Battista nel deserto e per questo sono chiamate anche “pane di San Giovanni”. Se un tempo da noi erano un alimento per animali, soprattutto dei cavalli, che ne sono ghiotti, oggi ne è stato riconosciuto l’alto potere saziante, unito a una bassa quantità di zuccheri: oltre alle proteine, anche gomme, tannini e fibre insolubili favoriscono il senso di sazietà e durante un regime di dieta dimagrante limitano l’assorbimento dei nutrienti, facilitando la riduzione del peso corporeo, soprattutto in caso di sovrappeso e obesità. Questo è forse il motivo principale del rinnovato interesse per il carrubo, visto che fino a pochi anni fa i suoi frutti non venivano neanche più raccolti. Fra gli altri componenti, è interessante poi la quantità di minerali e vitamine del gruppo B. La polpa, privata della buccia esterna e dei semi, ha delicate proprietà lassative e migliora la regolarità del transito intestinale.
Dai semi delle carrube si ricava una farina, tuttora usata in tanti prodotti da forno e nella biscotteria. Questa farina, per il suo contenuto in zuccheri naturali, si usa per dolcificare e aromatizzare biscotti, torte, gelatine, creme, sorbetti, granite e anche macedonie di frutta. Per il sapore, che ricorda quello del cacao, è inoltre utilizzata nell’industria dolciaria come surrogato del cacao magro. Una torta rustica molto buona, dal gusto aromatico e profumato, è perfetta per accompagnare un tè o una tisana, oppure come dolce di fine pasto.
Torta rustica con farina di carrube
Ingredienti:
80 g di farina di carrube; 100 g di mandorle; 100 g di farina 0; 70 g di amido; 180 g di zucchero di canna; 70 g di scaglie di cioccolato fondente; ½ tazzina da caffè di marsala; succo e scorza di due arance; 2 uova; latte q.b.; una bustina di lievito.
Procedimento:
in una ciotola unire le uova con lo zucchero e sbatterle con le fruste fino ad ottenere un composto spumoso; piano piano aggiungere le mandorle tritate, le farine, l’amido, il lievito, le scorze e il succo delle arance, il marsala e infine il latte, miscelando per bene. Versare l’impasto in uno stampo imburrato e infarinato. Cuocere a forno statico a 180° per 30 minuti. Sfornare, lasciar raffreddare, spolverizzare con zucchero a velo e servire.☺


