Il riordino del terzo settore
8 Settembre 2022
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Il riordino del terzo settore

La frenetica fase elettorale c’entra ma non è l’unico motivo: le proposte di legge (ovviamente quelle dell’opposizione consiliare, che sono quasi le uniche presentate in questa consiliatura stante l’assordante assenza di idee che si traducono in norme programmatiche di questa maggioranza ormai in scadenza) sono ferme da mesi, alcune da anni.

Chiuse a doppia mandata nel cassetto dell’incapacità politica di una classe di governo maggiormente preoccupata a conservare il proprio status o, al massimo, ad ambire a posizioni migliori. Come in questo momento storico, caratterizzato da ambizioni (legittime) che però si scontrano con vere e proprie inadempienze nei confronti del territorio e di chi ha scelto i propri rappresentanti in Consiglio regionale.

Premessa questa doverosa per trovare una ragione al perché anche la proposta di legge sul riordino del Terzo Settore ancora non arrivi in aula, dopo un iter di approfondimento lungo, puntuale e corroborato da contributi rilevanti.

Ad inizio di agosto, in piena enfasi da voto e nel momento in cui le attività istituzionali risultavano sospese (anzitempo) per la lunga pausa estiva (si sa, c’è bisogno di riposo e di tempo utile per fare presenza ad ogni tipologia di evento organizzato sul territorio così da costruire il proprio fortunato destino politico, a Campobasso o a Roma ovviamente), il presidente del Consiglio regionale, riappropriandosi finalmente dei propri poteri, ha imposto ai presidenti di Commissione consiliari di dare seguito agli iter indispensabili per portare a compimento le proposte di legge che giacciono dimenticate.

Mai dire mai, verrebbe da dire. Un atteggiamento conseguente alle sollecitazioni della minoranza, però. Non una decisione motu proprio legata alla consapevolezza di aver perso quattro anni e mezzo di tempo, a danno di chi vive il territorio e che invece avrebbe dovuto essere considerato come prioritario.

Fra le proposte di legge congelate c’è quella che riguarda da vicino un pilastro della nostra società, un settore altro rispetto alla sfera dello Stato e della pubblica amministrazione, del mercato e delle imprese. Ma che ha pari dignità. Il Terzo Settore può diventare un motore per l’economia regionale, che fatica non poco e non da adesso. In Molise siamo in fortissimo ritardo per valorizzarne le potenzialità. E il momento dell’ approvazione in aula, dopo un iter durato anni, non è ancora arrivato. Ho la sensazione che se ne parlerà dopo le politiche. Perché? Per opportunismo politico e strategia di conservazione.

Una proposta programmatica (nel deserto delle idee dell’attuale maggioranza) potrebbe oscurare l’offerta politica della classe di governo che – al netto delle leggi obbligate come quelle di bilancio – non ha prodotto nulla di veramente impattante sui destini del Molise, in una legislatura contraddistinta dalla sola ordinaria amministrazione.

Da anni le tante realtà che sono parte attiva del Terzo Settore aspettano una nuova norma che renda sistemica la collaborazione con le pubbliche amministrazioni. Da tempo attendono con pazienza quel deciso passo in avanti sulla co-progettazione e la co-programmazione. Ma la maggioranza preferisce rinviare la discussione a settembre. Quando? Non è dato sapere, ufficialmente.

Insomma, la maggioranza prende tempo (ancora?) mentre il Terzo Settore è in attesa di risposte concrete. Il variegato mondo del Terzo Settore ha tutte le potenzialità per fare da traino in termini di occupazione e sviluppo. In che modo? Creando posti di lavoro, occupando spazi dove lo Stato entra solo in sporadici momenti.

Il settore, di fatto, è quello che si muove di più per intercettare bisogni e fornire servizi, per mediare, tamponare e correggere gli effetti delle crisi più gravi, anche quelle legate alle dinamiche demografiche, ambientali e sociali. E il Molise, lo sappiamo, non ne è di certo indenne. Insomma, il Terzo Settore non è affatto una presenza marginale nemmeno nei servizi di accompagnamento per chi deve entrare nel mondo del lavoro, per la ricollocazione di chi lo ha perso, nella formazione professionale di nuove figure, o nella gestione di quegli ambiti dove il precariato è dilagante. Perciò è dirimente promuovere e sostenere tutte le realtà civiche e sociali che ne fanno parte, coinvolgendole nelle dinamiche di programmazione, indirizzo e coordinamento regionali.

Un cambio di passo in questa direzione è ormai scelta obbligata. Ma i bisogni del territorio e di chi lo abita – nonostante una sanità che non riesce a rispondere alle necessità di salute, una rete ferroviaria inutilizzabile da anni per lavori di ammodernamento che non si concludono mai, infrastrutture stradali datate e pericolosissime e una economia che non riesce a creare posti di lavoro stabili – vengono dopo le aspirazioni personali, le battaglie condotte per un posto al sole. Costi quel che costi. Anche il futuro di una intera regione.☺

 

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