Il sisma e l’inesorabile declino
Il 31 ottobre di 23 anni fa, a San Giuliano di Puglia, 27 bambini, insieme alla loro maestra, persero la vita in occasione del sisma che provocò il crollo della scuola. I ragazzi di allora che scamparono alla tragedia, per la maggior parte, sono andati via dal piccolo borgo, ormai interamente ricostruito. L’attenzione riservata in quel momento dalle cronache alle necessità di questa gente, oggi risulta inutile e per alcuni versi anche dannosa: una visione, quella della ricostruzione “Modello Molise”, a dir poco stravagante, priva di ogni legame con la realtà. Fu propaganda allora, quando il Commissario Delegato assegnava i fondi della ricostruzione con estrema disinvoltura – in caso di eventi di eccezionale gravità, il commissario delegato esercita i poteri a lui conferiti dal governo senza essere obbligato al rispetto di una serie corposa di norme – nel periodo dell’ emergenza che durò, solo per il Molise, circa nove anni: una vera rarità.
Continua a essere propaganda ancora oggi quando il 31 di ottobre, in occasione della Giornata della Memoria, i deputati regionali rimaneggiano l’intervento addolorato dell’anno precedente dove ricordano, ora le parole di cordoglio espresse in quel triste giorno dal presidente Ciampi e dalla moglie Franca verso le giovani vittime, ora quelle del vescovo Valentinetti che esortava gli uomini di buona volontà a non lasciare indietro nessuno. Il Paese intero raccolse l’invito, e in tanti si strinsero intorno ai familiari delle vittime senza esitazioni. Il Commissario governatore prese allora l’impegno di rendere sicure tutte le scuole del Molise ma, dopo 23 anni, nonostante sieda ancora sugli scranni del Consiglio Regionale, non sente il dovere di spiegare perché su 614 edifici scolastici solo 221 sono veramente sicuri. La scuola di San Giuliano, realizzata con la modica cifra di tredici milioni di euro, frutto di donazioni private, oggi ospita 32 bambini, distribuiti in cinque classi: con la stessa somma, senza scontentare nessuno, avrebbero potuto mettere in sicurezza tante scuole e realizzarne una sicura anche per i bimbi di San Giuliano. La piscina comunale a otto corsie, realizzata nei pressi della scuola, è chiusa ormai da qualche anno perché il Comune, meno di mille abitanti, non è in grado di sostenere le spese di manutenzione dell’impianto: in genere, quando si progetta un’opera pubblica, si include, nell’elaborato progettuale, anche la spesa per la gestione del servizio, appunto per recedere nel caso la stessa risultasse economicamente insostenibile: evidentemente, nel caso di San Giuliano, l’obiettivo non era quello di offrire un servizio ma solo di mostrarlo alle telecamere. Queste sono le cose buone della ricostruzione, il fiore all’occhiello del “Modello Molise”.
Per quelle meno buone che allarmarono i vertici nazionali della Protezione Civile ci fu il richiamo del CRO (comitato per il rientro nell’ordinario, una sorta di osservatorio che vigila sulle operazioni di ricostruzione successive al terremoto) alla mancanza di programmazione. La scelta, perché di scelta si trattò, consentiva alla struttura regionale di avere mani libere nell’ individuazione degli obiettivi sempre legati alle contingenze. Il CRO suggerì di avocare a sé la gestione della ricostruzione e dopo un tira e molla tra commissariato e dipartimento si concordò per un ‘Accordo di Programma Quadro’ che tradotto significa: controllo preventivo su ogni spesa del commissario. Anche il CRO non aveva gradito l’allargamento del cratere sismico a due terzi dell’intera regione: si trattò di una grande operazione di propaganda, non per ragioni di sicurezza. Per distribuire meno soldi a più persone si preferì barattare il miglioramento sismico all’adeguamento sismico. Il commissario Iorio, da esperto politico, lavorò allora per favorire i molisani tutti a discapito dei terremotati e non fu quella la missione per la quale aveva ricevuto il potente incarico di Commissario. Gli edifici rimessi a nuovo dopo il sisma non sono oggi più sicuri di quanto lo fossero allora e non fu l’unica sciocchezza. Si sarebbe dovuto procedere, prima ancora della ricostruzione, alla ripresa produttiva delle aree del cratere e quelle del Basso Molise, interessate da un importante fenomeno alluvionale e così anche in questo caso invece di contrastare il fenomeno dello spopolamento delle aree depresse, si stanziarono fondi per il ripopolamento delle seppie in Adriatico e per altre amenità utili solo alla propaganda. Il famoso “art. 15” non produsse né ricchezza né lavoro: la Regione Molise invece di crescere tornò nell’obiettivo 1 dei parametri europei, dove ancora staziona.
Oggi uno studio del CNEL, presieduto dal prof. Brunetta, noto ‘bolscevico’, integralmente ricopiato, soluzioni incluse, nel Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, confezionato dal Ministro Foti, ci informa che oltre i due terzi dei Comuni molisani sono già pronti per essere accompagnati verso “l’inesorabile declino”, nonostante il famigerato art. 15 dell’OPCM 3268/03 relativo al programma pluriennale di interventi diretti a favorire la ripresa produttiva nel territorio della regione Molise colpito dagli eccezionali eventi sismici del 31 ottobre 2002 e da quelli meteorologici del gennaio 2003. Quindi si sarebbe prima dovuto circoscrivere l’area del cratere sismico, già identificato dal ministro Tremonti nel novembre 2002, poi quella che aveva subìto danni causati da eventi meteorologici nel 2003, a valle della Diga del Liscione. Il Commissario Iorio, coerente con la linea strategica scelta per la ricostruzione, è stato capace di rimettere il dentifricio nel tubetto sconvolgendo anche le leggi della fisica. Con la sola forza del pensiero è riuscito a riportare l’acqua del Liscione risalendo su su fino alla provincia di Isernia, un vero miracolo.
Neanche in questa immane tragedia siamo stati capaci di essere seri e rispettare il ricordo delle vittime, altro che giornata della memoria! Quella la si celebra con atti concreti: abbiamo preso degli impegni e non li abbiamo mantenuti. ☺
