Intarsi d’ebano
Ti dono qualcosa che m’ha riportato il mare-
tubirosa d’argento, stretta al petto
della sposa che sfidava onde grosse.
Una stanza del porto ammassa oggetti di memoria-
strazia il cuore il pupazzo targato ventinove
ovatta intorno come bambinello nel Presepio.
Corrode questo senso d’impotenza
mentre fischio di sirena crepa l’aria
annunciando l’onta. Ennesima.
Esilarante farsa d’oratorio,
gheppio sulla carne,
canovaccio tronfio di lacci stretti.
È qui la pesca miracolosa?
Di bocca in bocca passa la mattanza.
Quante are d’olocausto misurano l’incoscienza.
Flutti sconfitti da cancrena: vino sull’altare.
Il cielo anche oggi promette scrosci dirompenti
altri intarsi d’ebano vomiterà il mare.
Cos’è questa lava appiccicosa che lippa la vista?
Stretta al petto della sposa, lamina di speranza,
sparso sulla rena delirio d’uomo aggiogato al dio disperso.