La bibbia ebraica
Torniamo ancora una volta, dopo l’ulteriore riflessione doverosa su quanto sta avvenendo tra Israele e Palestina, al nostro viaggio attraverso la bibbia, partendo dalla struttura della bibbia ebraica, divisa in tre parti: Legge, Profeti e Scritti. Prima di descrivere per sommi capi la Torah (Legge), è giusto precisare che agli inizi non era un corpo a sé, ma faceva parte di un racconto più lungo che comprende i libri immediatamente seguenti, cioè Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele e 1-2 Re (che ora fanno parte dei Profeti, nella divisione ebraica); gli studiosi chiamano questo grande racconto, che va dalla creazione all’esilio, “storiografia deuteronomistica” in quanto le vicende del popolo d’Israele vengono raccontate dal punto di vista del libro del Deuteronomio, dove si mette in guardia il popolo stesso dall’ infedeltà ai comandamenti, elencando una serie di benedizioni come conseguenza della fedeltà e una serie di maledizioni (compresa la perdita del diritto a stare nella terra santa) come conseguenza dell’infedeltà (Dt 28). In questa prospettiva diventa chiara la riflessione generale, fatta dall’autore sacro verso la fine di questo lungo racconto, che è fatta per il regno del Nord distrutto dagli Assiri, ma che anticipa anche la fine di quello del Sud ad opera dei Babilonesi: “Ciò avvenne perché gli israeliti avevano peccato contro il Signore loro Dio… eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e Giuda: Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei miei servi, i profeti. Ma essi non ascoltarono” (2 Re 17,7.13-14).
La storia d’Israele e di Giuda, raccontata fino a 2 Re, diventa così una storia fatta di fedeltà (poca) e infedeltà (molta) che culmina con la perdita della terra, anticipata plasticamente dal racconto della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, dopo aver trasgredito l’unico comandamento ricevuto da Dio. La separazione dei primi cinque libri dai restanti sei è avvenuta, secondo alcuni, quando la provincia persiana di Giuda, dopo il ritorno dall’esilio, si doveva dotare di una legislazione autonoma, autorizzata dai re persiani. Di fatto, in tal modo, si vuole dividere il tempo della formazione del popolo dal tempo della permanenza nella terra, dono che Dio fa ad Israele a condizione che resti fedeli ai comandamenti ricevuti sul Sinai. Il libro del Deuteronomio fa da spartiacque tra i due periodi; in esso Mosè ripercorre tutta la vicenda dell’ esodo, compresa una nuova proclamazione della Legge: in greco il titolo “Deuterono- mio” significa “Seconda Legge”, nel senso di una seconda proclamazione della Legge, fatta alle porte della terra in cui Israele sta per entrare.
La morte di Mosè sancisce il passaggio dall’epoca fondativa alla storia vera e propria del popolo nella terra. Nella prospettiva della bibbia ebraica la Legge rimane il Fondamento perenne, anche dopo l’esilio, perché dall’osservanza della Legge conseguirà la possibilità del ritorno, come esortano a fare i profeti. Il messaggio però rimane lo stesso: ogni volta che Israele si allontana dalla Legge di Dio, corre il rischio di perdere di nuovo quella terra (da qui deriva anche una certa interpretazione antigiudaica prima e poi antisemitica dell’ebreo errante con l’accusa di “deicidio” e di mancanza di riconoscimento di colui che i cristiani proclamarono come il compimento della Legge).
La Torah, con la sua indipendenza dalla storia del popolo nella terra, diventa il libro di riferimento anche per gli ebrei che rimangono nella diaspora, a Babilonia e in tutti i luoghi dove nasceranno comunità giudaiche. Nella riflessione ebraica la Torah diventa la “terra portatile”, nel senso che ovunque nel mondo c’è un ebreo che studia la Torah lì diventa terra santa. In chiave cristiana, poiché Gesù è la Parola fatta carne e quindi il compimento della Torah, dove due o più sono riuniti nel suo nome, come dice il vangelo, diventa luogo santo, corpo di Cristo, cioè chiesa. Ecco perché, dal momento in cui per la prima volta scompare il luogo visibile della presenza di Dio in mezzo al popolo (il tempio distrutto dai babilonesi), comincia un percorso di ascolto e di studio della parola scritta, prima attraverso la raccolta delle proprie memorie collettive, compresi i profeti che richiamavano all’ osservanza della Torah, poi attraverso la preminenza data agli scritti che raccoglievano la volontà di Dio rivelata sul Sinai, letti non solo nel Tempio ricostruito, ma in tanti luoghi anche della diaspora dove ci si riuniva per ascoltare e meditare quelle parole. Quei luoghi diverranno in seguito le sinagoghe, a cui si ispireranno anche i cristiani che, come gli ebrei, faranno a meno dei sacrifici tipici delle religioni antiche, per privilegiare un incontro spirituale e interiore con Dio. La nascita della Torah come terra e tempio portatili costituisce l’inizio di quel mondo religioso che mette insieme culto, ricerca intellettuale e riflessione etica alla base delle tre religioni sorelle, cioè ebraismo, cristianesimo e islam.
La prossima volta cercheremo di cogliere come si struttura innanzitutto la Torah, il testo fondamentale dell’Antico Testamento.☺