la debolezza dei cristiani
13 Aprile 2010 Share

la debolezza dei cristiani

 

I disastri economico-finanziari determinati dal liberismo, come appaiono dalla cronaca di questi giorni, richiedono una riflessione approfondita sulle dinamiche che sin dalla prima rivoluzione industriale hanno offeso e calpestato la dignità dell’uomo.

In tale ottica, la struttura di pensiero, elaborata dal marxismo e dal liberismo, ha sicuramente svolto un’azione educativa secolarizzante e materialista. D’altra parte, estremamente ampia, è stata anche la latitanza di molti cristiani che, forti di un’etica religiosa millenaria, avrebbero potuto frenare, o per lo meno mitigare, le sofferenze morali e spirituali di quanti, investiti da un gigantesco e disordinato processo di industrializzazione, hanno visto duramente calpestata e offesa la propria dignità di uomini.

 Per tale motivo “il compito temporale del mondo cristiano – come affermava Jacques Maritain – è di lavorare quaggiù a una realizzazione sociale-temporale delle verità evangeliche: perché se il vangelo concerne innanzitutto le cose della vita eterna, e trascende infinitamente ogni sociologia come ogni filosofia, tuttavia ci dà le sovrane regole di condotta della nostra vita e ci traccia per il nostro comportamento quaggiù un quadro morale molto preciso, al quale ogni civiltà cristiana, in quanto meriti tal nome, deve tendere a rendere conforme, secondo le diverse condizioni della storia, la realtà sociale-temporale”.

Una realizzazione sociale-tempo- rale delle verità evangeliche: questa espressione non sembra una derisione, quando la si confronti con le strutture temporali dei secoli moderni e specialmente del XIX secolo?

   Quando si medita su queste cose si ha ben ragione di dire che il mondo cristiano dei tempi moderni è venuto meno al dovere di cui parliamo. In modo generale ha rinchiuso la verità e la vita divina in una parte limitata della propria esistenza – nelle cose del culto e della religione e, almeno fra i migliori, nelle cose della vita interiore. Quelle della vita sociale, della vita economica e politica, le  ha  abbandonate  alla  loro  legge  carnale,  sottratte  alla  luce di Cristo.

   Marx, ad esempio, “ha ragione quando afferma che la società capitalistica è una società anarchica, ove la vita si definisce come un giuoco d’interessi particolari” (J. Maritain, Umanesimo Integrale). Il cristiano vede allora “in molti giovani comunisti una fame e una sete di giustizia che ignora il proprio nome; ed ama queste anime ardenti. Riconosce nell’orrore delle distruzioni che minacciano il mond, il volto delle omissioni di generazioni di cristiani – delle sue omissioni; sa che il comunismo è parassita d’un movimento storico di emancipazione della forza-lavoro umana, movimento inevitabile e insieme normale in se stesso, e delle esigenze di giustizia che sono come “l’animo indignato della natura” e delle verità d’origine cristiana che si sono corrotte a furia d’attendere; e che anche facendola urlare contro Dio, è la voce dei poveri e dei senza-averi che trasmette alle nostre orecchie; sa che mai i poveri hanno ottenuta giustizia – non dico dai santi, dico dalla massa degli uomini presa socialmente, cristiani e non cristiani – se non quando l’hanno reclamata con la forza. Niente di tutto ciò diminuisce d’un iota la gravità degli errori e dei pericoli del comunismo” (J. Maritain, Umanesimo Integrale). Ma è altrettanto vero che la sconfitta dei pericolosi guasti determinati dalla cecità del marxismo e del liberismo non potrà avvenire se non attraverso uno sforzo di tutti i cristiani. Ad essi viene soprattutto chiesto di superare l’idea di una fede prettamente intimistica e fortemente fiduciosa nelle strutture politiche ed economiche, presenti nella società contemporanea: “Nelle nostre civiltà di origine medievale, i cattolici hanno pensato troppo a lungo che bastasse loro, per quello che riguarda il sociale come tale, accettare le strutture di civiltà esistenti (precisamente perché esse erano di origine cristiana) senza intraprendere in questo ordine alcuna azione personale propriamente sociale. Noi paghiamo ora questo ottimismo divenuto troppo spesso, soprattutto dopo il trionfo dell’economia liberale e capitalista del XIX secolo, egoismo e peccato di omissione. Noi abbiamo da recuperare un grande ritardo per riprendere, in mezzo alla crisi che subisce la società occidentale, il ruolo che tocca alle attività cristiane nei riguardi del movimento della storia temporale e delle trasformazioni sociali, politiche e culturali del mondo. E tuttavia è a questa condizione solamente che, agendo nel vivo stesso della civiltà occidentale, il cattolicesimo potrà attivarvi e animare dei rinnovamenti e dei mutamenti, che non interessano solamente questa civiltà, ma anche tutte le altre nella loro interazione reciproca” (J. Maritain, Umanesimo Integrale). ☺

a.miccoli@cgilmolise.it

 

eoc

eoc