La disobbedienza è donna
8 Aprile 2025
laFonteTV (3883 articles)
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La disobbedienza è donna

In questo specifico momento politico e sociale vorrei scrivere di donne disobbedienti delle quali forse si è anche dimenticato il nome. A loro dedico, cari miei lettori, questa ricerca. Anche perché è loro che devo ringraziare per i vari momenti della mia vita, tristi o felici. Alla mano delicata di chi mi ha sollecitato, alla veemenza di chi mi ha sospinto, alla burbera intolleranza di chi mi ha fatto rialzare, alla gioiosa forza di chi mi ha spronato a scrivere e a fare arte: tutte donne disobbedienti alle regole imposte, per una disobbediente quale io sono. È chiaro che questo “articolo” mi è caro e non so proprio come cominciare. Chi nominare.
La notissima Eva che sarebbe stata la prima disobbediente? Le donne obbligate a diventare monache? Dalla famosa Gertrude narrata da Manzoni ad Anna Valdina del 1642, di Palermo, costretta con le minacce del padre a entrare in convento, a pronunciare i voti nel 1651, fra lacrime e disperazione? Ma lei, dichiarandosi schiava, rimane per cinquant’anni reclusa in un monastero, ostinatamente chiede ed ottiene un processo per lo scioglimento dei voti, fino a riuscirci pochi anni prima di morire.
O possiamo ricordare le monache “capricciose” della Martorana: scavarono un tunnel per vedere il Festino. Sui tetti dei palazzi e dei monasteri, le logge permettevano alle monache di clausura di vedere il mondo senza farsi notare. Il monastero della Martorana non godeva di questo privilegio; le monachelle non desistettero in alcun modo dal proposito di rinunciare alla “nobile veduta” sulla mondana strada. Per consentire alle suore di recarsi nel belvedere, l’architetto Nicolò Palma realizzò un camminamento sotterraneo: la loggia-belvedere delle monache della Martorana, realizzata nel 1765 e protetta da “gelosie” era la più estesa di Palermo. Scrive il Pitrè: “Il capriccio femminile sposato all’audacia spensierata aveva con ingente spesa costruito questa specie di tunnel”. Nacque la leggenda che la galleria sotterranea era stata creata per ospitare convegni d’amore segreti.
Diversa la disobbedienza di suor Cecilia, cui è stato intitolato l’ospedale di Niscemi. Angela Basarocco nasce nel lontano 1914, il 17 novembre, a Racalmuto, un piccolo paesino della provincia di Agrigento. Decide di entrare in convento poco più che maggiorenne, prendendo il nome di suor Cecilia, svolgendo instancabilmente fin da giovane la professione d’infermiera presso l’ospedale civico di Niscemi: spesso, in assenza del medico, è lei stessa a fare le diagnosi sui pazienti,
salvando molti di essi da morte certa.
Il 10 luglio del ‘44 gli anglo-americani arrivano sull’isola, non prima di aver distrutto quasi tutto con devastanti bombardamenti aerei, per facilitare il successivo sbarco dei mezzi anfibi e delle truppe. Fin dai primi momenti, quindi, gli ospedali sono invasi dai feriti. Tra l’11 e il 12 luglio quasi tutto il personale medico ha evacuato l’ospedale, lasciando suor Cecilia in pratica sola a prendersi cura dei soldati feriti, tra cui figurano anche dodici soldati tedeschi. Gli americani cominciano a eseguire perquisizioni e interrogatori verso tutti quelli che indossano una divisa. Su mediazione della stessa religiosa, il comando americano predispone che tutti gli italiani possano fare ritorno liberamente alle proprie abitazioni, mentre i tedeschi verranno fucilati. Quando ormai per i dodici soldati sembra non ci sia più nulla da fare, la giovane religiosa esce correndo, frapponendosi tra gli americani in procinto di sparare e i tedeschi, gridando: “Sparate anche su di me e che Dio vi perdoni”. Assistendo alla scena, il plotone di esecuzione rimane pietrificato. Si decide di portare i prigionieri a Gela e di imbarcarli su una nave diretta ai campi di prigionia. Il ricordo di suor Cecilia Basarocco, l’angelo bianco di Niscemi, resta per sempre nelle menti dei salvati.
Antigone sfida Creonte disobbedendo alle sue leggi, seguendo quelle dell’ umanità e della pietà per dare degna sepoltura al fratello. Antigone così si rivolge al Potere di Creonte: “io dirò (e farò) cose a te sempre sgradite”.
E così agirono le nostre partigiane, troppe per essere tutte ricordate con la loro dignità storica, sociale, individuale. Ne scelgo una: Norma Parenti.
Nasce il primo giugno del 1921 a Monterotondo Marittimo. Attivamente impegnata nel volontariato, si sposa con Mario ed entra in contatto con la Resistenza. È in gravidanza, quando inizia a occuparsi del rifornimento di armi, viveri e munizioni. Diventata madre, occulterà nella carrozzina il materiale proibito. Nei primi mesi del ‘44 decide di fare la staffetta e si adopera per nascondere i perseguitati dal regime.
L’attività di Norma diventa sempre più pericolosa ma lei non demorde: “era una donna che girava tra tedeschi e fascisti – dice Mario Calvani, un partigiano coetaneo – non si limitava a combattere e disobbedire al regime ma voleva riportare i nemici ad una dimensione umana, convincerli a schierarsi dalla parte della libertà”. Caparbia, affronta il nemico alla luce del sole, non vuole nascondersi. Cammina a testa alta, osa troppo. Il 13 giugno del 1944, la sera prima dell’entrata degli alleati, i tedeschi la cercano, la trovano. È fatta prigioniera insieme a sua madre. I soldati iniziano a colpirla con il calcio dei moschetti, le sputano addosso, lei cerca di ribellarsi. Un soldato lancia una bomba a mano verso la sua casa, lei e la madre sono trascinate via; la madre si offre al posto della figlia ma è bastonata. Per Norma non c’è più nulla da fare. Il suo cadavere è ritrovato l’indomani mattina, il vestito che ha addosso è strappato, il petto è straziato.
Troppo esiguo lo spazio per dirvi delle disobbedienti civili alle mafie, alla tirannia, al Potere costituito e a quello nascosto. Troppo esiguo lo spazio per donne che vanno dall’Africa all’Arabia Saudita (cercate nei siti internet) come cameriere e vengono nella maggior parte uccise, violentate, barbaramente torturate. Troppo esiguo per parlarvi delle iraniane, delle turche, delle sudanesi, e delle italiane. Forse ci vorrà un altro articolo, un’ altra pagina di protesta civile. Ma ricordiamoci in questi giorni di ciuffi biondastri che dettano leggi inique e di un’Europa che inneggia al riarmo o alla difesa della Patria che Patria è dove vive il nostro cuore di pace. Non moriamo. Lottiamo.
“Se la realtà è opaca, esistono zone privilegiate – spie, indizi – che consentono di decifrarla” (Carlo Ginzburg).☺

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