La leggerezza di toma
29 Luglio 2020
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La leggerezza di toma

L’insostenibile leggerezza dell’essere è il titolo del libro che lo scrittore ceco Kundera, poi naturalizzato francese, pubblicò quasi 40 anni fa. Un titolo, un’immagine, una sensazione, un’analisi logica della realtà che mi è rimasta dentro. Quelle poche parole hanno avuto per me il potere magico di quei versi poetici che spiegano la vita più di tanti volumi e saggi. La leggerezza dell’amore e la pesantezza dei sentimenti; la leggerezza della rivoluzione di Praga del 1968 – l’unica rivoluzione di sinistra negli ex paesi del socialismo reale – e la pesantezza dei carri armati sovietici che spensero quella speranza; la leggerezza straordinaria di un valzer e la pesantezza della sua ossessiva ripetizione. La contraddittorietà di quelle tre parole bene rappresentano quella riserva laica del pensiero che sarebbe bene conservare anche quando il furore dell’ideologia ispira le nostre scelte.

La tensione fra questi due opposti – la leggerezza e la pesantezza dell’ essere – riprende con grande efficacia il paradosso drammatico della Politica dei nostri tempi. Nella mia memoria mai la politica è apparsa così ridicolmente leggera, fatta di schiamazzi, di nani e ballerine che occupano ogni giorno il mondo dell’informazione e – cosa molto grave – anche della formazione. Noi siamo inseguiti nei programmi televisivi, nei titoli dei giornali, nei luoghi del vivere sociale da personaggi, da macchiette politiche che non avrebbero avuto neppure il ruolo di comparsa in commedie di altri tempi, eppure essi decidono della nostra vita e se pensiamo a Trump anche dei destini del mondo. Né si vede un Roosevelt all’orizzonte. Tanto è leggera, frivola e inconsistente la rappresentazione politica, quanto invece sono drammatici, seri e pesanti le questioni che dovrebbero essere il cuore della Politica. La pandemia da Coronavirus ha reso solo più esasperata e insostenibile una crisi economica che ormai da diversi decenni tormenta l’Occidente così come il virus ha reso esplosiva quella crisi dello Stato sociale che O’ Connor aveva già previsto  nel 1977.

Questa scissione fra la politica “dei coatti” dei nostri giorni e “l’essere” diviene drammaticamente pericolosa, se riflettiamo alla frattura profonda fra il sistema economico-sociale degli umani e le leggi della natura. Il Covid 19 è solo un anticipo di quella tempesta perfetta che è rappresentata dal cambiamento climatico e che avrebbe effetti devastanti per l’ambiente, ma in primo luogo per la società umana. Di questi tempi servirebbero personalità, uomini di ben altra profondità morale e sapienza politica e non questi personaggi da operetta che hanno occupato la Politica. Non tutti in verità, ma le persone per bene, i cultori di una Politica al di sopra degli interessi particolari, oggi sono una piccola minoranza. Se poi guardiamo al Molise, alle nostre questioni domestiche la realtà supera ogni immaginazione. Ha fatto benissimo la fonte a sostenere le iniziative per l’ospedale Covid a Larino ed è stato ben spiegato il significato emblematico di questa proposta, la sua connessione con una riforma più giusta e più efficiente della sanità molisana. Argomenti che hanno convinto la maggioranza dei sindaci molisani e del consiglio regionale, ma non il presidente Toma. Che come uno dei tanti “ladri di Pisa” della nostra Italia, si è astenuto di giorno in consiglio regionale e di notte ha inviato la sua personale e interessata proposta al Ministero romano. Una barzelletta, se non fossimo nel bel mezzo di amari e duri problemi.

Se guardiamo all’Italia le cose non sono così patetiche, ma certamente più inquietanti. Non sono uso sparare sulla Croce Rossa, perché tale è il governo e il suo presidente del consiglio. Anzi debbo dire che in questa valle di ciechi Conte almeno un occhio l’ha e fa del suo meglio per non consegnare il paese a Salvini e al resto della compagnia. Non avevo neppure visto in modo malevolo l’idea degli “Stati generali”, ma ora che la festa è finita, è difficile chiudere gli occhi e non vedere la contraddittorietà e marginalità del risultato. Non si capiscono quali sono e se vi sono delle priorità, ma soprattutto debbo riconoscere che le cosiddette “condizionalità” che la Commissione europea pone, perché si possano utilizzare i fondi del Recovery fund sono molto più avanzate e progressiste di quel che viene fuori da Villa Pamphili. Per non parlare della famosa commissione di tecnici illustri di Colao che ha avuto l’acume di cancellare totalmente l’Agricoltura. Non comprendendo il grande tecnico-imprenditore che proprio nel campo dell’agricoltura e nel mondo rurale si gioca una partita decisiva che può, nel bene o nel male, condizionare il destino dell’intero sistema.

Vi sono molte ragioni e fatti per essere avviliti, pur tuttavia qualcosa di interessante si muove. Nel nostro Molise, dove la grande maggioranza di sindaci e consiglieri regionali hanno rifiutato le prebende del presidente regionale. In Italia, dove la destra sembra aver perso la sua spinta propulsiva. Ma in primo luogo in Europa, dove per la prima volta sono stati messi in campo strumenti finanziari e contenuti di programma che se fossero perseguiti con coerenza potrebbero indicare l’inizio di un nuovo corso.☺

 

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