
La sanità molisana ha un nome
La pandemia ha reso ancora più evidente come la sanità sia un bene comune che non può essere considerato con le logiche del mercato, che non può essere privatizzato e che deve restare pubblico e a gestione politica indipendente dai poteri privati in conflitto di interesse. Ha reso ancora più evidente come il concetto di cura sia da estendere ai sistemi alimentari, di allevamento, di agricoltura, di predominio dell’umano sul vivente, alla prevenzione di malattie gravi causate dalla industrializzazione e dagli stili di vita incompatibili con la vita del pianeta. La drammatica e quasi irreversibile crisi sanitaria molisana è orfana di nomi e cognomi. Si può facilmente argomentare che la maggiore responsabilità è nella frammentazione gestionale prevista dal Titolo V della Costituzione, dalle politiche di svuotamento della qualità del servizio territoriale, presente fino ad alcuni decenni fa. Si fa riferimento all’apparente spreco, ai debiti sanitari e al conseguente taglio dei servizi. Invece di rinnegare tutte queste motivazioni, vorrei provare a dare un nome alla sanità molisana. Perché un nome ce l’ha. Il nome è quello di illustri politici, grandi imprenditori e profondi conoscitori della sanità privata molisana.
È un errore o una colpa far parte della sanità privata, anche considerando le eccellenze, di cui indubbiamente molti godono? No. È una colpa avere successo in politica? No. Ma la domanda vera è: si possono ricoprire entrambi i ruoli, sanitario e politico? Non c’è il rischio di una sovrapposizione e di un drammatico conflitto di interessi? Sì. Ma perché alle ultime elezioni molisane vince sempre la stessa parte politica collegata a doppio filo alla sanità privata? Ed è per questo motivo che la situazione molisana ha un nome: sanità privata. Anche in altre regioni accade che ci sia un ruolo preponderante della sanità privata, e a volte questa entra direttamente in politica, sovrapponendo così chiaramente gli interessi privati agli interessi pubblici. Quindi c’è un responsabile, ovvero qualcuno deve rispondere di questa drammatica situazione, anzi di questo fallimento sociale, professionale ed organizzativo. Il popolo molisano chiede le dimissioni dei politici perché ha paura di nominare i Deus Ex Machina. Ripeto nessuno mette in dubbio le qualità manageriali ed imprenditoriali di cui molti godono, nessuno mette in dubbio la loro abilità politica. Ma entrambe le cose non possono coesistere in capo alle stesse persone, pena lo svuotamento, lo svilimento, l’oblio della sanità regionale con il suo strascico di dolore e di morti.
Il denaro pubblico, trasferito dalle casse regionali a quelle della sanità privata è enorme, come in molte altre regioni, anche in Molise -vedi la galassia della sanità privata nostrana. Da anni propongo un audit o indagine sul debito sanitario regionale, ma quando ci si avvicina al tema della sanità privata iniziano a tremare i polsi dei molisani, di ogni ordine e grado. Perché? Perché nessuno ha chiaro in mente che il doppio ruolo di decisore politico e membro dell’agone politico, quando si hanno interessi diretti nei beni comuni, non è più possibile? Le responsabilità sarebbero solo di pochi potenti? No. Tutti coloro che hanno gestito la sanità pubblica direttamente o indirettamente devono assumersi la responsabilità ovvero devono rispondere del loro operato. I presidenti di regione di sicuro, ma a volte si ha l’impressione che siano espressione della stessa parte economica della regione, poco autonomi e quindi anche poco capaci perché rispondono ad altri interessi.
I professionisti della sanità, che onestamente e caparbiamente hanno difeso il loro lavoro ed il servizio di cui fanno parte, hanno già risposto con la loro abnegazione, a volte silenziosa, subendo danni e offese personali perché il sistema clientelare li aveva umiliati e a volte asfaltati. E qui veniamo alla responsabilità di tutti coloro che hanno goduto del sistema clientelare politico/sanitario. Tutti coloro che hanno chiesto e chiedono favori ai politici sono responsabili, ovvero devono rispondere pro quota. Perché? Perché rischiano di aver dato in cambio il loro silenzio gettando nell’oblio la loro dignità senza poter dare un contributo al radicale cambiamento necessario. La cosa insopportabile è che chi ha avviato il percorso clientelare, usando la sanità molisana come un erogatore di benzina in cambio di consenso politico, non ha neanche la decenza di restare in silenzio. E qualcuno gli va ancora dietro. Non credete al conflitto tra politici. Vogliono solo dividersi la stessa torta. E se trovano l’accordo sono pronti a tornare insieme. Nel mezzo ci siamo noi, che soffriamo, ci ammaliamo e moriamo. I morti – giovani e meno giovani – erano volti noti, amici, vicini. Solo chi ha attraversato il fuoco ardente del dolore può avvicinarsi a comprendere cosa si cela dietro morti improvvise. Ma se aggiungiamo a questo che sono morti ingiuste, allora non si può restare silenti. Ed è per questo motivo che a “Qui si muore” aggiungo “Io voglio parlare”, dire, raccontare il dolore di una ingiustizia che si accanisce sempre con chi non ha responsabilità: giovani, papà, madri, lavoratori e lavoratrici.☺