Altro capitolo importante per la storia dell’arte molisana è quello della pittura fiamminga.
Sul finire del Cinquecento diverse sono in Molise le tele di artisti fiamminghi attivi a Napoli e numerose le commissioni di opere agli stessi artisti, di cui purtroppo però restano poche tracce in Basso Molise. Dal Cinquecento Napoli e la corte Aragonese erano diventate mete privilegiate di questi artisti provenienti dall’Olanda e dal Belgio; alla corte operavano eruditi, poeti, letterati celebri in tutta Italia. Ma è nel Cinquecento che la città partenopea, sede del Vicereame spagnolo, diviene vero e proprio centro propulsore della pittura fiamminga; da qui e dalla seconda metà del secolo, essa andrà diffondendosi rapidamente in tutta l’Italia.
Caratteristiche
pittoriche
Esprimendosi con libertà nella rappresentazione della natura vegetale ed animale e relegando la figura umana alla sua antica funzione simbolico-decorativa, al- meno nei soggetti religiosi, ove assume proporzioni irreali o atteggiamento ieratico o appare mortificata e avvilita (R.Villani, pittura Fiamminga) la Pittura Fiamminga diviene in quest’epoca l’unica vera interprete dello spirito della Controriforma.
Principi e rigori
della Controriforma
A sostegno dei suoi rigidi principi e del rigore morale, la Controriforma favorisce la diffusione di un tipo di arte che, per il suo spirito nettamente antiumanista, sin dall’origine si era posta agli antipodi della cultura rinascimentale, ora ritenuta acerrima nemica del credo religioso. In tema di arte sacra bisognava, sulla scorta dei concetti del Concilio di Trento (1545 – 1563), conformarsi alle Sacre Scritture, bandire l’ispirazione al mondo classico e la rappresentazione della figura nuda: due valori, questi ultimi, su cui si basava tutta la cultura rinascimentale. Tali dettami hanno sortito tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento un effetto vario e tardivo sugli artisti, sulla cui libertà pesano non tanto le norme impartite dal Concilio quanto l’interpretazione che di tali norme venne poi data dai teorici della Controriforma e, soprattutto, il rigore con cui esse vennero fatte osservare.
La Pala di S. Onofrio
Il Convento Eremo di S. Onofrio in Casacalenda (1406) fondato dal Beato Giovanni da Stroncone è un raro esempio di architettura quattrocentesca che si avvale di tracce compositive umbre. La cinquecentesca chiesa conventuale, ad unica navata, custodisce una pala d’altare di composizione fiamminga. L’icona, di enormi dimensioni è costituita da una colossale struttura lignea con colonne a tutto tondo contenente tavole di diverse forme e dimensioni. Le grandi pale d’altare cominciano ad essere impiegate a Napoli già dal 1570, dopo il soggiorno del Vasari, ma il suo utilizzo è dovuto ai pittori fiamminghi la cui presenza a Napoli si intensifica nell’ultimo ventennio del Cinquecento. L’attività del pittore Teodoro d’Errico e di tutti gli artisti della sua cerchia fa sì che a Napoli si instauri una tendenza stilistica implicante l’uso del Retablo colossale come pala d’altare. La tavola centrale di S. Onofrio: l’Annunciazione. È da attribuirsi a questa scuola napoletana. La committenza è incerta, poiché sono stati asportati gli stemmi, di cui si notano le tracce. La composizione è inserita in una scena neoclassica: dall’alto a sinistra si alza un drappeggio purpureo che dischiude un fondale architettonico con colonne in prospettiva. L’angelo annunciante è di un bellezza “apollinea”. Forme serpentine e spiraliformi, colori sgargianti che sfociano in una sensualità evidenziata dalla gamba tornita e dal braccio dell’angelo. La Vergine, in ginocchio, è colta nell’attimo del turbamento. La curiosità: è presente un gatto che scappa e il cesto con cesoia e gomitoli, tendenza manieristica della rappresentazione. Il retablo è dominato dall’Eterno Padre benedicente. Le tavole di S. Francesco e S. Onofrio, poste ai lati dell’annuncia- zione chiudono la struttura centrale.
La predella
Un’Ultima cena, a mezzobusto, fa da predella alla icona di S. Onofrio. L’impianto iconografico è scandito dalla serie degli Apostoli che si susseguono a tre personaggi convergenti verso la figura centrale del Cristo. Una sorta di disputa sull’Eucaristia: presentare l’Ostia a quanti contemplano l’opera, quasi a dimostrare la “transustanziazione”. Il Cristo è in posa frontale e irradia dolcezza rassicurante. La mano benedicente verso Pietro, che sembra sporgersi dalla tavola, allusione evidente all’autorità “petrina”. Il giallo, i verdi, il rosso con le sue sfumature, stanno metaforicamente ad indicare che la luce e la grazia devono avvolgere il mondo per ascendere alla comprensione del mistero. I pittori della Controriforma, privati della libertà di espressione di cui godevano durante il Rinascimento, si muovono ora nello stile della disputa e le opere risultano velatamente polemiche. Un interrogativo si pone di fronte alla Pala di S. Onofrio: perché è relegata in un luogo “remoto”? Forse perché rappresentazione scomoda. ☺
prima parte
jacobuccig@gmail.com
Altro capitolo importante per la storia dell’arte molisana è quello della pittura fiamminga.
Sul finire del Cinquecento diverse sono in Molise le tele di artisti fiamminghi attivi a Napoli e numerose le commissioni di opere agli stessi artisti, di cui purtroppo però restano poche tracce in Basso Molise. Dal Cinquecento Napoli e la corte Aragonese erano diventate mete privilegiate di questi artisti provenienti dall’Olanda e dal Belgio; alla corte operavano eruditi, poeti, letterati celebri in tutta Italia. Ma è nel Cinquecento che la città partenopea, sede del Vicereame spagnolo, diviene vero e proprio centro propulsore della pittura fiamminga; da qui e dalla seconda metà del secolo, essa andrà diffondendosi rapidamente in tutta l’Italia.
Caratteristiche
pittoriche
Esprimendosi con libertà nella rappresentazione della natura vegetale ed animale e relegando la figura umana alla sua antica funzione simbolico-decorativa, al- meno nei soggetti religiosi, ove assume proporzioni irreali o atteggiamento ieratico o appare mortificata e avvilita (R.Villani, pittura Fiamminga) la Pittura Fiamminga diviene in quest’epoca l’unica vera interprete dello spirito della Controriforma.
Principi e rigori
della Controriforma
A sostegno dei suoi rigidi principi e del rigore morale, la Controriforma favorisce la diffusione di un tipo di arte che, per il suo spirito nettamente antiumanista, sin dall’origine si era posta agli antipodi della cultura rinascimentale, ora ritenuta acerrima nemica del credo religioso. In tema di arte sacra bisognava, sulla scorta dei concetti del Concilio di Trento (1545 – 1563), conformarsi alle Sacre Scritture, bandire l’ispirazione al mondo classico e la rappresentazione della figura nuda: due valori, questi ultimi, su cui si basava tutta la cultura rinascimentale. Tali dettami hanno sortito tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento un effetto vario e tardivo sugli artisti, sulla cui libertà pesano non tanto le norme impartite dal Concilio quanto l’interpretazione che di tali norme venne poi data dai teorici della Controriforma e, soprattutto, il rigore con cui esse vennero fatte osservare.
La Pala di S. Onofrio
Il Convento Eremo di S. Onofrio in Casacalenda (1406) fondato dal Beato Giovanni da Stroncone è un raro esempio di architettura quattrocentesca che si avvale di tracce compositive umbre. La cinquecentesca chiesa conventuale, ad unica navata, custodisce una pala d’altare di composizione fiamminga. L’icona, di enormi dimensioni è costituita da una colossale struttura lignea con colonne a tutto tondo contenente tavole di diverse forme e dimensioni. Le grandi pale d’altare cominciano ad essere impiegate a Napoli già dal 1570, dopo il soggiorno del Vasari, ma il suo utilizzo è dovuto ai pittori fiamminghi la cui presenza a Napoli si intensifica nell’ultimo ventennio del Cinquecento. L’attività del pittore Teodoro d’Errico e di tutti gli artisti della sua cerchia fa sì che a Napoli si instauri una tendenza stilistica implicante l’uso del Retablo colossale come pala d’altare. La tavola centrale di S. Onofrio: l’Annunciazione. È da attribuirsi a questa scuola napoletana. La committenza è incerta, poiché sono stati asportati gli stemmi, di cui si notano le tracce. La composizione è inserita in una scena neoclassica: dall’alto a sinistra si alza un drappeggio purpureo che dischiude un fondale architettonico con colonne in prospettiva. L’angelo annunciante è di un bellezza “apollinea”. Forme serpentine e spiraliformi, colori sgargianti che sfociano in una sensualità evidenziata dalla gamba tornita e dal braccio dell’angelo. La Vergine, in ginocchio, è colta nell’attimo del turbamento. La curiosità: è presente un gatto che scappa e il cesto con cesoia e gomitoli, tendenza manieristica della rappresentazione. Il retablo è dominato dall’Eterno Padre benedicente. Le tavole di S. Francesco e S. Onofrio, poste ai lati dell’annuncia- zione chiudono la struttura centrale.
La predella
Un’Ultima cena, a mezzobusto, fa da predella alla icona di S. Onofrio. L’impianto iconografico è scandito dalla serie degli Apostoli che si susseguono a tre personaggi convergenti verso la figura centrale del Cristo. Una sorta di disputa sull’Eucaristia: presentare l’Ostia a quanti contemplano l’opera, quasi a dimostrare la “transustanziazione”. Il Cristo è in posa frontale e irradia dolcezza rassicurante. La mano benedicente verso Pietro, che sembra sporgersi dalla tavola, allusione evidente all’autorità “petrina”. Il giallo, i verdi, il rosso con le sue sfumature, stanno metaforicamente ad indicare che la luce e la grazia devono avvolgere il mondo per ascendere alla comprensione del mistero. I pittori della Controriforma, privati della libertà di espressione di cui godevano durante il Rinascimento, si muovono ora nello stile della disputa e le opere risultano velatamente polemiche. Un interrogativo si pone di fronte alla Pala di S. Onofrio: perché è relegata in un luogo “remoto”? Forse perché rappresentazione scomoda. ☺
Altro capitolo importante per la storia dell’arte molisana è quello della pittura fiamminga.
Sul finire del Cinquecento diverse sono in Molise le tele di artisti fiamminghi attivi a Napoli e numerose le commissioni di opere agli stessi artisti, di cui purtroppo però restano poche tracce in Basso Molise. Dal Cinquecento Napoli e la corte Aragonese erano diventate mete privilegiate di questi artisti provenienti dall’Olanda e dal Belgio; alla corte operavano eruditi, poeti, letterati celebri in tutta Italia. Ma è nel Cinquecento che la città partenopea, sede del Vicereame spagnolo, diviene vero e proprio centro propulsore della pittura fiamminga; da qui e dalla seconda metà del secolo, essa andrà diffondendosi rapidamente in tutta l’Italia.
Caratteristiche
pittoriche
Esprimendosi con libertà nella rappresentazione della natura vegetale ed animale e relegando la figura umana alla sua antica funzione simbolico-decorativa, al- meno nei soggetti religiosi, ove assume proporzioni irreali o atteggiamento ieratico o appare mortificata e avvilita (R.Villani, pittura Fiamminga) la Pittura Fiamminga diviene in quest’epoca l’unica vera interprete dello spirito della Controriforma.
Principi e rigori
della Controriforma
A sostegno dei suoi rigidi principi e del rigore morale, la Controriforma favorisce la diffusione di un tipo di arte che, per il suo spirito nettamente antiumanista, sin dall’origine si era posta agli antipodi della cultura rinascimentale, ora ritenuta acerrima nemica del credo religioso. In tema di arte sacra bisognava, sulla scorta dei concetti del Concilio di Trento (1545 – 1563), conformarsi alle Sacre Scritture, bandire l’ispirazione al mondo classico e la rappresentazione della figura nuda: due valori, questi ultimi, su cui si basava tutta la cultura rinascimentale. Tali dettami hanno sortito tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento un effetto vario e tardivo sugli artisti, sulla cui libertà pesano non tanto le norme impartite dal Concilio quanto l’interpretazione che di tali norme venne poi data dai teorici della Controriforma e, soprattutto, il rigore con cui esse vennero fatte osservare.
La Pala di S. Onofrio
Il Convento Eremo di S. Onofrio in Casacalenda (1406) fondato dal Beato Giovanni da Stroncone è un raro esempio di architettura quattrocentesca che si avvale di tracce compositive umbre. La cinquecentesca chiesa conventuale, ad unica navata, custodisce una pala d’altare di composizione fiamminga. L’icona, di enormi dimensioni è costituita da una colossale struttura lignea con colonne a tutto tondo contenente tavole di diverse forme e dimensioni. Le grandi pale d’altare cominciano ad essere impiegate a Napoli già dal 1570, dopo il soggiorno del Vasari, ma il suo utilizzo è dovuto ai pittori fiamminghi la cui presenza a Napoli si intensifica nell’ultimo ventennio del Cinquecento. L’attività del pittore Teodoro d’Errico e di tutti gli artisti della sua cerchia fa sì che a Napoli si instauri una tendenza stilistica implicante l’uso del Retablo colossale come pala d’altare. La tavola centrale di S. Onofrio: l’Annunciazione. È da attribuirsi a questa scuola napoletana. La committenza è incerta, poiché sono stati asportati gli stemmi, di cui si notano le tracce. La composizione è inserita in una scena neoclassica: dall’alto a sinistra si alza un drappeggio purpureo che dischiude un fondale architettonico con colonne in prospettiva. L’angelo annunciante è di un bellezza “apollinea”. Forme serpentine e spiraliformi, colori sgargianti che sfociano in una sensualità evidenziata dalla gamba tornita e dal braccio dell’angelo. La Vergine, in ginocchio, è colta nell’attimo del turbamento. La curiosità: è presente un gatto che scappa e il cesto con cesoia e gomitoli, tendenza manieristica della rappresentazione. Il retablo è dominato dall’Eterno Padre benedicente. Le tavole di S. Francesco e S. Onofrio, poste ai lati dell’annuncia- zione chiudono la struttura centrale.
La predella
Un’Ultima cena, a mezzobusto, fa da predella alla icona di S. Onofrio. L’impianto iconografico è scandito dalla serie degli Apostoli che si susseguono a tre personaggi convergenti verso la figura centrale del Cristo. Una sorta di disputa sull’Eucaristia: presentare l’Ostia a quanti contemplano l’opera, quasi a dimostrare la “transustanziazione”. Il Cristo è in posa frontale e irradia dolcezza rassicurante. La mano benedicente verso Pietro, che sembra sporgersi dalla tavola, allusione evidente all’autorità “petrina”. Il giallo, i verdi, il rosso con le sue sfumature, stanno metaforicamente ad indicare che la luce e la grazia devono avvolgere il mondo per ascendere alla comprensione del mistero. I pittori della Controriforma, privati della libertà di espressione di cui godevano durante il Rinascimento, si muovono ora nello stile della disputa e le opere risultano velatamente polemiche. Un interrogativo si pone di fronte alla Pala di S. Onofrio: perché è relegata in un luogo “remoto”? Forse perché rappresentazione scomoda. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.