La tromba del silenzio
Lo scorso 5 settembre, come lettrici e lettori ricorderanno, il Pentagono ha cambiato il proprio nome da Dipartimento della difesa a Dipartimento della guerra. In conformità con questo bellicoso restyling, che ha riportato gli Stati Uniti indietro di circa ottant’anni, il 30 settembre il Segretario della guerra Pete Hegseth ha poi arringato i vertici militari americani: «Il nostro obiettivo è prepararci alla guerra e vincerla». Viene da chiedersi quale guerra, dopo quelle che Donald Trump sostiene di aver concluso in sette mesi. Forse il nuovo conflitto che potrebbe essere innescato dalla fornitura di missili americani Tomahawk all’Ucraina, magari armati con testate nucleari? In questa spirale di escalation, è più che mai inevitabile, in occasione del prossimo 4 novembre, ricordare i caduti di tutte le guerre. E quando risuoneranno le note malinconiche e sempre toccanti del cosiddetto Silenzio, ricordare le presunte origini di questa singolare melodia, che ci riportano proprio negli Stati Uniti.
Era il 1862 e in Virginia infuriava la Guerra di Secessione. Dopo una giornata di duri combattimenti fra nordisti (Esercito dell’Unione) e sudisti (Esercito Confederato), il capitano dei primi, Robert Ellicombe, sentendo durante la notte i gemiti di un soldato ferito, lo raggiunse e lo trascinò nel proprio accampamento, dove il ragazzo morì. Fu allora che Ellicombe scoprì non solo che si trattava di un Confederato, quindi un suo nemico, ma soprattutto che quel soldato era suo figlio: a sua insaputa, si era arruolato nell’esercito di quel Sud in cui si trovava a studiare musica al momento dello scoppio della guerra. Straziato dal dolore, il capitano ottenne di poter dare sepoltura al figlio e chiese a un trombettiere di suonare alcune note musicali che aveva trovato nella tasca della divisa del ragazzo. Nacque così quella sequenza musicale nota come Taps (Il silenzio in Italia). A renderla ancora più struggente le parole che la accompagnano: «Day is done, gone the sun./[…]/All is well, safely rest. God is nigh» («Il giorno è terminato il sole è calato./[…]/ Va tutto bene, riposa in pace./ Dio è vicino»).
Questa è solo una delle leggende che circolano sulle origini di questa musica, che altri, in assenza di prove storiche, e nella consueta guerra – questa volta per fortuna solo di campanili -, attribuiscono al noto compositore cremonese Amilcare Ponchielli: sarebbe stato lui, proprio nel 1862, a scrivere ed eseguire quella Fantasia militare per banda (op. 116) in cui si trova inserita la stessa melodia che, nata quindi in Italia, avrebbe poi valicato l’Oceano. In Italia Il Silenzio ha anche una versione pop, che il trombettista Nini Rosso incise nel 1963 e che, due anni più tardi, venne addirittura trasformata in una canzone portata al successo da Dalida.
Quel nodo in gola che ogni volta provocano le sue note non manca di manifestarsi nemmeno in poesia. «Tu che hai udito la tromba del silenzio/ notturno […]» è l’attacco di un sonetto caudato in cui Giorgio Caproni si rivolge al proprio cuore, «[…] mentre i folti/ occhi corrompe già il cupo sgomento/ di chi lascia la terra […]». Tratti dalla sezione Gli anni tedeschi della raccolta Il passaggio d’Enea, questi versi (Lamenti IX), scritti nel 1945, si riferiscono alla guerra partigiana che Caproni aveva vissuto in Val Trebbia sull’ Appenino ligure. All’anno successivo risale il suo racconto La tromba del silenzio, che si può leggere nella silloge Racconti scritti per forza (Milano, Garzanti, 2008). Il protagonista è un bambino di nome Marcellino, che, turbato dalla scena della sepoltura di un mulo in una fossa scavata in un prato, ripensa «a quanto gli aveva detto tante volte il babbo: ai soldati che, “impegnati in una campagna” spesso ci muoiono e vi rimangono per sempre». Nonostante le rassicurazioni della sua amica Elisabetta, che la campagna dei soldati non è fatta d’alberi e d’erba, ma è la guerra, il bambino continua ad aver paura che da grande possa fare anche lui la fine del mulo. Fino alla sera quando, «come da lontananze infinite, penetrò in camera il suono d’una tromba militare che, lentissima, aveva preso a modulare il “silenzio”».☺
