La vivacità dei giovani
7 Marzo 2022
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La vivacità dei giovani

“È il virus della disuguaglianza, non solo la pandemia, a devastare così tante vite”: questo si legge nel rapporto annuale OXFAM, presentato lo scorso mese di gennaio. La denominazione completa di tale organizzazione, sorta nel Regno Unito dalla fine della seconda guerra mondiale, è Oxford Committee for Famine Relief, che in italiano significa ‘Comitato di Oxford che lotta per la riduzione della fame (nel mondo)’. Finalità nobili, che si traducono soprattutto in uno studio attento dei temi della disuguaglianza, della discriminazione contro le donne, del cambiamento climatico.

Mi permetto di accostare a questa prima considerazione il diffondersi nella ‘nostra parlata’ del termine boomer [pronun- cia: bumer] – un neologismo semantico, comparso negli ultimi due anni – che ha a che vedere, anch’esso, con la conclusione del secondo conflitto mondiale. Ci si riferisce infatti al secondo dopoguerra durante il quale, sulle macerie della catastrofe bellica, milioni di persone si sono adoperate per la ricostruzione della nostra civiltà. Boom [pronuncia: bum], vocabolo inglese dal valore onomatopeico, quasi la riproduzione di una esplosione, è stata la parola chiave che ha caratterizzato poi lo sviluppo successivo: questo periodo storico ha visto una “straordinaria crescita economica e trasformazione sociale, che probabilmente hanno modificato la società umana più profondamente di qualunque altro periodo” (E. Hobsbawm); tra gli anni ’50 e ‘60 si ebbe, in Italia, il ‘miracolo economico’ per cui una nazione prevalentemente agricola si avviò a diventare, non senza difficoltà e/o ingiustizie, una delle principali potenze industriali del mondo occidentale.

Di recente si preferisce utilizzare boomer come appellativo per indicare una persona nata tra la fine della seconda guerra mondiale (1945) e la metà degli anni ’60, e che quindi ha beneficiato del periodo del boom; il vocabolo però, pur se di per sé innocuo, rimanda ad un periodo precedente, ormai lontano nel tempo e quindi storicamente passato, antico rispetto alla stretta ed incalzante modernità. Gli esperti (?) chiariscono poi che a “quella dei boomer è seguita la Generazione X (1965-1980), poi la Y – quella dei Millennials con i nati tra il 1980 e il 2000 (e non come erroneamente si crede quella degli adolescenti attuali) – e oggi la Generazione Z, i nati dal 2000 in poi, i veri nativi digitali”.

Boomer sta diventando oggi sinonimo di persona avanti negli anni, e magari anche poco reattiva nei confronti di un mondo che è in continua evoluzione. Ma se è comprensibile che lo scarto generazionale comporti sempre conflitto e/o contestazione da parte dei più giovani rispetto alle persone più mature – condizione necessaria per una sana crescita della società – molto meno accettabile si presenta la posizione di giudizio e di condanna che mette in opposizione una generazione rispetto all’altra. E, come fa rilevare lo scrittore Erri De Luca, non sono “altro che stupidaggini i discorsi da bar secondo cui i ragazzi non si interessano della cosa pubblica o vanno in piazza soltanto per perdere tempo. Sciocchezze che per la verità gli anziani hanno sempre sostenuto, disturbati dalla vivacità dei giovani. È vero il contrario: i ragazzi nati nel nuovo millennio sono una generazione assolutamente cosciente del proprio ruolo”.

I dati OXFAM fanno registrare un aggravamento delle condizioni economiche delle famiglie italiane, con ampliamento dei divari sociali preesistenti. In Italia paradossalmente – e aggiungerei scandalosamente – è cresciuto il livello di ricchezza delle persone benestanti (e di poche unità quello dei miliardari…). In questi due anni di pandemia i dieci uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, mentre nello stesso periodo, a causa dell’emergenza sanitaria, 163 milioni di persone sono cadute in povertà!!! Secondo l’organizzazione “il nostro mercato del lavoro è profondamente disuguale e genera, in modo strutturale, povertà da decenni”. E le vittime principali sono proprio i più giovani, ai quali non vengono presentate prospettive per il futuro dall’attuale classe dirigente.

Siamo in presenza di “una politica che non dà risposte a questa generazione. Tanto più che quei ragazzi si sono giustamente identificati in un diciottenne morto in maniera raccapricciante mentre stava lavorando”, così la professoressa Donatella Di Cesare, che aggiunge: “Parliamo di una generazione senza voce, di cui si discute di continuo senza mai che la si ascolti davvero, come successo durante tutta la pandemia”.☺

 

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