L’albicocco
10 Giugno 2016
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L’albicocco

È in questi giorni che cominciano a fare la loro apparizione sulle bancarelle e sugli scaffali dei fruttivendoli le prime albicocche, che gareggiano con le ciliegie nell’attrarre il consumatore, in quanto simboli della nuova stagione.

Questo frutto assai gustoso, che si differenzia in moltissime varietà dalla polpa gialla o arancione, frequentemente soffusa di rosso – fatto che lo rende ancora più invitante e molto apprezzato dai mercati -, è originario della Cina nordorientale, dove era coltivato fin dal 3000 a.C. Si racconta che Confucio era solito tenere le sue lezioni radunando gli studenti in uno spiazzo verde circondato da alberi di albicocco. Secondo alcuni fu Alessandro Magno ad introdurlo nel Mediterraneo dall’Armenia, terra da cui prese il nome botanico di Prunus armeniaca (Prunus in quanto appartenente alla famiglia delle Rosacee, come il susino, il pesco, il ciliegio e il mandorlo). Una leggenda racconta che in origine l’albicocco era solo una pianta ornamentale con bei fiori bianchi; quando l’Armenia venne invasa dai nemici fu ordinato di abbattere tutti gli alberi che non producevano frutto per ottenerne legname e questo sarebbe stato anche il destino dell’albicocco, se una fanciulla non avesse pianto tutta la notte sotto la sua chioma; al mattino sull’albero erano cresciuti dei frutti dorati: le albicocche appunto. Secondo altri, invece, fu portato nel Mediterraneo dagli Arabi. Sembra infatti che la parola “albicocca” derivi dall’arabo al-barqūq e che sia stata poi accompagnata nel latino tardo dall’aggettivo praecox, “precoce”, visto che è una delle prime piante da frutto a fiorire, immediatamente dopo il mandorlo.

È una pianta molto generosa quella dell’albicocco, con abbondanti produzioni quando non si verificano gelature o sbalzi di temperatura durante la fioritura. Nei tempi passati non c’era un orto o un piccolo frutteto familiare senza un albero di questo frutto. Quasi sempre si trattava di un esemplare nato dal seme, indicato nel nostro dialetto col termine ’a sbèrg’ne, che produce una grande quantità di frutti ma di piccole dimensioni. E questo è il fenomeno che si verifica in tutte le piante da frutto che, se riprodotte per seme, non rispecchiano quasi mai le caratteristiche della pianta madre, le quali si possono ottenere solo praticando l’innesto.

Esistono numerose varietà che sarebbe difficile elencare tutte; ricordiamo la Reale di Imola, coltivata anche nel nostro territorio, ma poi sostituita da altre di più recente costituzione e di maggiore pezzatura, oltre che più precoci, come la Pindos, la Thyrintos, la Amabile Vecchioni.

Le albicocche vanno consumate entro pochi giorni dalla raccolta poiché sono frutti deperibili. Per questa loro fragilità vengono conservate in vari modi: essiccate (specie negli USA) oppure sciroppate o congelate. Comuni sono anche i prodotti derivati: il succo, la marmellata e la gelatina, senza trascurare l’uso che se ne fa per farcire la celebre torta Sacher, tipica della tradizione dolciaria viennese. Molto buona e consigliata è la crostata di albicocche fresche e amaretti, di cui si riporta la ricetta in calce. La crostata con confettura di albicocche preparata in casa è la torta classica per antonomasia, un dolce gustoso e soprattutto semplice da realizzare. Il contrasto fra il sapore leggermente acidulo di questi frutti di stagione e quello dolce degli amaretti e della pasta frolla rende questa torta adatta a ogni palato e a ogni momento della giornata.

Anche il seme dell’albicocca, con un retrogusto gradevolmente amarognolo, viene usato in pasticceria come ingrediente negli amaretti. Tuttavia il suo consumo è limitato a un uso aromatico poiché contiene un derivato dell’acido cianidrico che, ad alte dosi, risulterebbe altamente tossico.

L’albicocca è ricca di vitamine B, C, PP, ma soprattutto di carotenoidi, precursori della vitamina A. Due etti di albicocche fresche forniscono il 100% del fabbisogno giornaliero di vitamina A di un adulto e sono quindi indicate per favorire la protezione della pelle e potenziare le capacità visive. Contiene inoltre magnesio, fosforo, ferro, calcio e potassio, ed è indicata perciò per gli anemici e i convalescenti, i bambini e gli anziani, ma è sconsigliata a chi soffre di calcoli renali. Il frutto contiene 28 calorie per ogni 100 g di peso e 320 mg di potassio su 100 g di parte edibile.

Preparazione della crostata di albicocche fresche e amaretti: Lavare, snocciolare e tagliare a metà 500 g di albicocche; cuocerle per pochi minuti in una casseruola con 3 cucchiai di zucchero e un cucchiaio di liquore (brandy o rum) in modo da renderle morbide. Stendere la pasta frolla e foderare una teglia. Bucherellare il fondo e cospargerlo con 10 amaretti sbriciolati. Disporre sopra le albicocche e, volendo, aggiungere un cucchiaio di mandorle in scaglie prima di coprire con striscioline di pasta sistemate a griglia. Infornare per 30-35 minuti a 180°. Lasciar raffreddare e cospargere con zucchero a velo.☺

 

 

 

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