Le parole sono mondi
10 Novembre 2022
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Le parole sono mondi

La presentazione del governo di alto profilo (!) più reazionario degli ultimi 77 anni ha spalancato un abisso sul cui fondo si delineano chiaramente i contorni del futuro che ci aspetta, salvo resistenze che mi auguro durissime e ininterrotte.

I termini adoperati per rinominare i ministeri rivelano infatti cosa la destra estrema nostrana intenda per cultura, società e politica. D’altronde l’ho scritto tante volte sulle pagine de la fonte, le parole gridano sempre, che noi ne siamo consapevoli o no, l’essenza più profonda della nostra visione del mondo. Le più pericolose sentite ieri sono certamente due, “merito” e “sovranità”.

La seconda inquieta per i richiami etimologici immediati ai concetti di potere ed autorità; dichiara quindi apertamente la volontà di esercitare controllo assoluto in nome della propria identità di nazione. E non è necessario specificare quali lati oscuri della forza queste nozioni evochino. Non a caso la parola “sovranità” ricorre nei nomi di più ministeri: quasi a ribadire che il potere verrà esercitato in maniera completa e assoluta nei campi di intervento previsti. E spunta inevitabile il ricordo dell’autarchia mussoliniana…

Ma senza dubbio più pericolosa è la parola “merito”, cui subito si affianca il derivato meritocrazia (ancora una volta il potere…). Ieri sera, nella bella trasmissione di Massimo Gramellini, Rosy Bindi e Roberto Vecchioni hanno circoscritto con efficacia il punto nodale di questo termine: la disuguaglianza sociale sottesa ad un sistema meritocratico puro. E nel nostro paese questa disuguaglianza sta aumentando in modo esponenziale, complici guerra, crisi economica e capitalismo di rapina. Disuguaglianza sociale, economica, culturale, di genere, di provenienza geografica e via dicendo.

Come faceva notare già nel 2016 Stefano Nobile, docente all’Università di Roma, il concetto di meritocrazia è uno dei grimaldelli più efficienti sui quali si sta da tempo facendo leva per dare una veste “giu- sta” alle disuguaglianze sociali, per due vie: decretando che cosa debba essere valutato e come, e dimenticando in un sol colpo la lezione di Marx, “da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni” – e quella di Don Milani, “non si possono far parti uguali fra diseguali”.

Don Lorenzo, faro luminoso di tutta la mia storia di insegnante, rifiutava dell’istituzione scolastica proprio l’aspetto meritocratico, fondato sullo svantaggio delle posizioni di partenza: esso diviene infatti sinonimo di obbedienza e dovere, perché si basa sulla discrezionalità legalizzata di chi occupa una posizione gerarchica superiore o detiene potere politico. È invece l’eterno problema del livello di partenza diverso, e quindi delle diverse possibilità di apprendimento e di crescita sociale, quello su cui va focalizzato il discorso: tutti devono avere pari opportunità, altrimenti merito significa solo che si organizza una gara di corsa in cui alcuni partono con ampio vantaggio. Impegno e risultati vengono confusi, e si mischia dunque, nella parola “merito”, un impasto di pseudo morale e di falsa equità sociale. Proclamando di voler premiare il merito il nuovo governo si prepara ad aggravare le disuguaglianze, perché non pensa affatto a pareggiare le condizioni di partenza attraverso una redistribuzione delle risorse e un’attenta analisi dei molti parametri che rendono impossibili pari risultati in condizioni di vita impari.

Da insegnante pensare ad un Ministero dell’Istruzione e del Merito mi dà i brividi, e da attivista civica mi rivolta sentire il neoministro proclamare che anche i Rom, povere creature, potranno studiare ed evitare così un futuro di ladri e borseggiatori. Il tono falsamente commosso e realmente condiscendente con cui queste affermazioni venivano pronunciate mi ha davvero fatta bollire di rabbia.

Inevitabili le ricadute a livello locale e regionale dell’impianto perverso del governo Meloni: Dio, Patria e Famiglia diventeranno mantra dominanti anche qui in Molise. Tanto più con elezioni così vicine… Per fermarle occorrerà saper pronunciare parole pesanti, cariche di significato concreto e comprensibile: più convincenti delle promesse di aiuti economici, sicurezza, sanità efficiente, posti di lavoro (sempre basati sull’amicizia di qualcuno) che questa destra a livello nazionale è stata così abile nel far circolare. Più vicine al quotidiano delle persone, più convincenti dei mormorii balbettanti di un’opposizione spenta, più capaci di diffondere e rendere credibile quell’utopia da cui è nata l’idea stessa di sinistra.

Non un compito facile, ma l’unica via possibile per riportare alla ribalta quella volontà di giustizia sociale e quello spirito di giusta ribellione che risuona ancora nelle lotte degli operai della GKN e nei colorati cortei degli attivisti climatici.☺

 

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