Le querce, diffuse nelle regioni temperate, sono note a tutti sia per il loro prezioso legno, sia per il frutto, la ghianda. Esistono circa 450 specie, oltre una dozzina in Italia, di cui due sempreverdi: il leccio e la sughera. Le specie di quercia presenti nel nostro territorio sono quasi esclusivamente roverelle, lecci e cerri. Le troviamo isolate o in associazione ad altre specie arboree nei boschi cedui di latifoglie.
A differenza di queste altre specie, la quercia conserva le foglie fino all’inizio della primavera, come è raccontato nella favola della quercia e del diavolo. Un giorno, gli alberi dei boschi, preoccupati dalla concessione che il Signore aveva fatto al diavolo, affidandogli il potere sul bosco, anche se solo per il periodo in cui gli alberi sono completamente privi di fogliame, chiesero consiglio alla vecchia e saggia quercia. L’albero promise di trattenere le sue foglie secche sui rami il più a lungo possibile, in modo che il bosco non fosse mai del tutto spoglio e il demonio non potesse avere il dominio su di loro. Da allora le foglie secche della quercia cadono completamente solo quando almeno un cespuglio si è già rivestito di foglie nuove.
Le querce possono raggiungere notevoli dimensioni (20-40 metri di altezza). Da questa caratteristica derivano le espressioni di uso figurato ’a cèrqu’le Sande V’nnétte e ’u c’rculóne, per indicare la prestanza fisica di un ragazzo o di un uomo. Il modo di dire “una vecchia quercia”, in riferimento alla salute di ferro e alla vigoria di una persona anziana, si deve invece alla longevità di quest’albero, che può vivere fino a duemila anni. Tra gli esemplari più vecchi conservati in Italia si ricorda la celebre Quercia del Tasso a Roma, sul Gianicolo, oggi ridotta a un troncone bruciato da un fulmine. Anche per la longevità delle querce è doveroso un appello a salvaguardare, proteggere, mettere a dimora queste piante e a non tagliarle per la esecrabile sete del denaro, al di là delle restrizioni previste dai Piani paesistici della regione Molise, che vietano l’abbattimento di quelle con diametro del tronco superiore agli 80 cm. A questo proposito invitiamo tutti a rileggere i versi bellissimi della famosa poesia del Pascoli La quercia caduta.
I frutti della quercia, le ghiande, cadono e si raccolgono in autunno, generalmente in ottobre-novembre. Sono simili per valore nutritivo e composizione alle castagne e possono essere usate in molti modi: dal pane alla polenta, dai dolci alla minestra, bollite o arrostite. Perché le ghiande siano commestibili, si devono eliminare i tannini di cui sono ricche e che le rendono amare e immangiabili; basta lavare le ghiande, intere o frantumate, come si fa per i lupini: processo questo che viene definito lisciviazione del tannino. Prima di effettuare tale operazione, è bene però sbucciare e spellare le ghiande, facendole seccare al sole o arrostire al fuoco esattamente come le castagne. Una volta ottenuto il seme pulito, lo si frantuma e i pezzetti ottenuti si mettono a bagno in un po’ d’acqua che va sostituita più volte. A questo punto le ghiande si possono cuocere per farne polenta, oppure scolare e seccare nel forno per utilizzarle in un secondo momento, eventualmente macinandole con un macinino da caffé o da cereali, fino ad ottenere una vera e propria farina. Con le ghiande tostate e macinate (ma non lisciviate) in passato si preparava un succedaneo del caffé privo di caffeina. Ben essiccate, si possono conservare tutto l’inverno: è sufficiente chiuderle in vasi di vetro e porli al riparo dell’umidità. In alternativa i pezzetti di ghiande, lisciviati o meno, possono essere congelati.
Le ghiande contengono dal 30 al 40% di acqua (prima di essere essiccate), dal 40 al 50% di carboidrati, dal 2,5 al 5% di proteine, dal 5 al 15% di grassi (prevalentemente insaturi), dal 5 al 10% di fibre ed altri composti. Tra i minerali abbondano calcio, fosforo e potassio. I tannini contenuti nelle ghiande sono astringenti e disinfettanti, ma assimilati a dosi elevate sono tossici e inducono il blocco renale. Essendo degli antiossidanti, però, a basse dosi, i tannini danno molti benefici, incluso quello di prevenire alcune forme tumorali. Chi soffre di geloni può trarre giovamento immergendo le parti malate, una volta al giorno, per 30 minuti, in un decotto ottenuto con 50 g di corteccia di quercia essiccata e polverizzata, fatta bollire per 10 minuti in un litro di acqua e lasciata riposare per 30 minuti.
L’uomo preistorico si nutriva abbondantemente di ghiande, come dimostrano alcuni resti archeologici. Per questo motivo la quercia, essendo una pianta presente da sempre ed ovunque, è entrata nell’alimentazione, nella tradizione e nella mitologia. In particolare in California, fino all’arrivo dei bianchi (XVI sec.), sembra che la maggior parte degli indiani trovasse proprio nella ghianda la base della dieta quotidiana. Corone di ramoscelli di querce venivano date ai cittadini più meritevoli dell’antica Roma, dove questo stupendo albero era simbolo di forza, di virilità e di valore militare. In quanto immagine del vigore e della resistenza fisica e morale, un ramoscello di quercia è posto oggi sulla ruota dentata alla destra dello stemma della Repubblica Italiana.
Spesso sulle querce si trovano delle palline marroni che sembrano frutti. Sono in realtà delle escrescenze chiamate galle, note nella nostra zona col nome dialettale di ’i cucchemèlle, e provocate dalla puntura di un insetto, l’Andricus (=Cynips) Kollari, per la deposizione delle uova. La prova evidente che hanno ospitato una larva è data dal foro di uscita sempre presente sulla superficie esterna della galla. Le galle in passato sono state usate per ricavarne tannino per la concia delle pelli, inchiostro, colorante per la lana e giocattoli di campagna.
La ricerca scientifica ha consentito di ottenere artificialmente la micorrizazione con i tartufi anche di alcune specie di querce (cerro, leccio, roverella e farnia), e con la messa a dimora di queste piante in ambienti idonei è possibile produrre tartufi.
Biscotti di ghiande (sono molto buoni intinti nel latte o nel tè a colazione, o nel vino dopo i pasti)
Ingredienti:
150 g di farina di ghiande; 150 g di farina di grano; 75 g di zucchero (meglio se di canna); due uova; 100 g di burro; un pizzico di sale; mezza bustina di lievito.
Procedimento:
mescolare le farine, il lievito e il sale. Separatamente unire burro e zucchero, poi aggiungere le uova e formare una pasta. Fare dei biscotti e infornare a 190° C per circa 10 minuti.
giannotti.gildo@gmail.com
Le querce, diffuse nelle regioni temperate, sono note a tutti sia per il loro prezioso legno, sia per il frutto, la ghianda. Esistono circa 450 specie, oltre una dozzina in Italia, di cui due sempreverdi: il leccio e la sughera. Le specie di quercia presenti nel nostro territorio sono quasi esclusivamente roverelle, lecci e cerri. Le troviamo isolate o in associazione ad altre specie arboree nei boschi cedui di latifoglie.
A differenza di queste altre specie, la quercia conserva le foglie fino all’inizio della primavera, come è raccontato nella favola della quercia e del diavolo. Un giorno, gli alberi dei boschi, preoccupati dalla concessione che il Signore aveva fatto al diavolo, affidandogli il potere sul bosco, anche se solo per il periodo in cui gli alberi sono completamente privi di fogliame, chiesero consiglio alla vecchia e saggia quercia. L’albero promise di trattenere le sue foglie secche sui rami il più a lungo possibile, in modo che il bosco non fosse mai del tutto spoglio e il demonio non potesse avere il dominio su di loro. Da allora le foglie secche della quercia cadono completamente solo quando almeno un cespuglio si è già rivestito di foglie nuove.
Le querce possono raggiungere notevoli dimensioni (20-40 metri di altezza). Da questa caratteristica derivano le espressioni di uso figurato ’a cèrqu’le Sande V’nnétte e ’u c’rculóne, per indicare la prestanza fisica di un ragazzo o di un uomo. Il modo di dire “una vecchia quercia”, in riferimento alla salute di ferro e alla vigoria di una persona anziana, si deve invece alla longevità di quest’albero, che può vivere fino a duemila anni. Tra gli esemplari più vecchi conservati in Italia si ricorda la celebre Quercia del Tasso a Roma, sul Gianicolo, oggi ridotta a un troncone bruciato da un fulmine. Anche per la longevità delle querce è doveroso un appello a salvaguardare, proteggere, mettere a dimora queste piante e a non tagliarle per la esecrabile sete del denaro, al di là delle restrizioni previste dai Piani paesistici della regione Molise, che vietano l’abbattimento di quelle con diametro del tronco superiore agli 80 cm. A questo proposito invitiamo tutti a rileggere i versi bellissimi della famosa poesia del Pascoli La quercia caduta.
I frutti della quercia, le ghiande, cadono e si raccolgono in autunno, generalmente in ottobre-novembre. Sono simili per valore nutritivo e composizione alle castagne e possono essere usate in molti modi: dal pane alla polenta, dai dolci alla minestra, bollite o arrostite. Perché le ghiande siano commestibili, si devono eliminare i tannini di cui sono ricche e che le rendono amare e immangiabili; basta lavare le ghiande, intere o frantumate, come si fa per i lupini: processo questo che viene definito lisciviazione del tannino. Prima di effettuare tale operazione, è bene però sbucciare e spellare le ghiande, facendole seccare al sole o arrostire al fuoco esattamente come le castagne. Una volta ottenuto il seme pulito, lo si frantuma e i pezzetti ottenuti si mettono a bagno in un po’ d’acqua che va sostituita più volte. A questo punto le ghiande si possono cuocere per farne polenta, oppure scolare e seccare nel forno per utilizzarle in un secondo momento, eventualmente macinandole con un macinino da caffé o da cereali, fino ad ottenere una vera e propria farina. Con le ghiande tostate e macinate (ma non lisciviate) in passato si preparava un succedaneo del caffé privo di caffeina. Ben essiccate, si possono conservare tutto l’inverno: è sufficiente chiuderle in vasi di vetro e porli al riparo dell’umidità. In alternativa i pezzetti di ghiande, lisciviati o meno, possono essere congelati.
Le ghiande contengono dal 30 al 40% di acqua (prima di essere essiccate), dal 40 al 50% di carboidrati, dal 2,5 al 5% di proteine, dal 5 al 15% di grassi (prevalentemente insaturi), dal 5 al 10% di fibre ed altri composti. Tra i minerali abbondano calcio, fosforo e potassio. I tannini contenuti nelle ghiande sono astringenti e disinfettanti, ma assimilati a dosi elevate sono tossici e inducono il blocco renale. Essendo degli antiossidanti, però, a basse dosi, i tannini danno molti benefici, incluso quello di prevenire alcune forme tumorali. Chi soffre di geloni può trarre giovamento immergendo le parti malate, una volta al giorno, per 30 minuti, in un decotto ottenuto con 50 g di corteccia di quercia essiccata e polverizzata, fatta bollire per 10 minuti in un litro di acqua e lasciata riposare per 30 minuti.
L’uomo preistorico si nutriva abbondantemente di ghiande, come dimostrano alcuni resti archeologici. Per questo motivo la quercia, essendo una pianta presente da sempre ed ovunque, è entrata nell’alimentazione, nella tradizione e nella mitologia. In particolare in California, fino all’arrivo dei bianchi (XVI sec.), sembra che la maggior parte degli indiani trovasse proprio nella ghianda la base della dieta quotidiana. Corone di ramoscelli di querce venivano date ai cittadini più meritevoli dell’antica Roma, dove questo stupendo albero era simbolo di forza, di virilità e di valore militare. In quanto immagine del vigore e della resistenza fisica e morale, un ramoscello di quercia è posto oggi sulla ruota dentata alla destra dello stemma della Repubblica Italiana.
Spesso sulle querce si trovano delle palline marroni che sembrano frutti. Sono in realtà delle escrescenze chiamate galle, note nella nostra zona col nome dialettale di ’i cucchemèlle, e provocate dalla puntura di un insetto, l’Andricus (=Cynips) Kollari, per la deposizione delle uova. La prova evidente che hanno ospitato una larva è data dal foro di uscita sempre presente sulla superficie esterna della galla. Le galle in passato sono state usate per ricavarne tannino per la concia delle pelli, inchiostro, colorante per la lana e giocattoli di campagna.
La ricerca scientifica ha consentito di ottenere artificialmente la micorrizazione con i tartufi anche di alcune specie di querce (cerro, leccio, roverella e farnia), e con la messa a dimora di queste piante in ambienti idonei è possibile produrre tartufi.
Biscotti di ghiande (sono molto buoni intinti nel latte o nel tè a colazione, o nel vino dopo i pasti)
Ingredienti:
150 g di farina di ghiande; 150 g di farina di grano; 75 g di zucchero (meglio se di canna); due uova; 100 g di burro; un pizzico di sale; mezza bustina di lievito.
Procedimento:
mescolare le farine, il lievito e il sale. Separatamente unire burro e zucchero, poi aggiungere le uova e formare una pasta. Fare dei biscotti e infornare a 190° C per circa 10 minuti.
Le querce, diffuse nelle regioni temperate, sono note a tutti sia per il loro prezioso legno, sia per il frutto, la ghianda. Esistono circa 450 specie, oltre una dozzina in Italia, di cui due sempreverdi: il leccio e la sughera. Le specie di quercia presenti nel nostro territorio sono quasi esclusivamente roverelle, lecci e cerri. Le troviamo isolate o in associazione ad altre specie arboree nei boschi cedui di latifoglie.
A differenza di queste altre specie, la quercia conserva le foglie fino all’inizio della primavera, come è raccontato nella favola della quercia e del diavolo. Un giorno, gli alberi dei boschi, preoccupati dalla concessione che il Signore aveva fatto al diavolo, affidandogli il potere sul bosco, anche se solo per il periodo in cui gli alberi sono completamente privi di fogliame, chiesero consiglio alla vecchia e saggia quercia. L’albero promise di trattenere le sue foglie secche sui rami il più a lungo possibile, in modo che il bosco non fosse mai del tutto spoglio e il demonio non potesse avere il dominio su di loro. Da allora le foglie secche della quercia cadono completamente solo quando almeno un cespuglio si è già rivestito di foglie nuove.
Le querce possono raggiungere notevoli dimensioni (20-40 metri di altezza). Da questa caratteristica derivano le espressioni di uso figurato ’a cèrqu’le Sande V’nnétte e ’u c’rculóne, per indicare la prestanza fisica di un ragazzo o di un uomo. Il modo di dire “una vecchia quercia”, in riferimento alla salute di ferro e alla vigoria di una persona anziana, si deve invece alla longevità di quest’albero, che può vivere fino a duemila anni. Tra gli esemplari più vecchi conservati in Italia si ricorda la celebre Quercia del Tasso a Roma, sul Gianicolo, oggi ridotta a un troncone bruciato da un fulmine. Anche per la longevità delle querce è doveroso un appello a salvaguardare, proteggere, mettere a dimora queste piante e a non tagliarle per la esecrabile sete del denaro, al di là delle restrizioni previste dai Piani paesistici della regione Molise, che vietano l’abbattimento di quelle con diametro del tronco superiore agli 80 cm. A questo proposito invitiamo tutti a rileggere i versi bellissimi della famosa poesia del Pascoli La quercia caduta.
I frutti della quercia, le ghiande, cadono e si raccolgono in autunno, generalmente in ottobre-novembre. Sono simili per valore nutritivo e composizione alle castagne e possono essere usate in molti modi: dal pane alla polenta, dai dolci alla minestra, bollite o arrostite. Perché le ghiande siano commestibili, si devono eliminare i tannini di cui sono ricche e che le rendono amare e immangiabili; basta lavare le ghiande, intere o frantumate, come si fa per i lupini: processo questo che viene definito lisciviazione del tannino. Prima di effettuare tale operazione, è bene però sbucciare e spellare le ghiande, facendole seccare al sole o arrostire al fuoco esattamente come le castagne. Una volta ottenuto il seme pulito, lo si frantuma e i pezzetti ottenuti si mettono a bagno in un po’ d’acqua che va sostituita più volte. A questo punto le ghiande si possono cuocere per farne polenta, oppure scolare e seccare nel forno per utilizzarle in un secondo momento, eventualmente macinandole con un macinino da caffé o da cereali, fino ad ottenere una vera e propria farina. Con le ghiande tostate e macinate (ma non lisciviate) in passato si preparava un succedaneo del caffé privo di caffeina. Ben essiccate, si possono conservare tutto l’inverno: è sufficiente chiuderle in vasi di vetro e porli al riparo dell’umidità. In alternativa i pezzetti di ghiande, lisciviati o meno, possono essere congelati.
Le ghiande contengono dal 30 al 40% di acqua (prima di essere essiccate), dal 40 al 50% di carboidrati, dal 2,5 al 5% di proteine, dal 5 al 15% di grassi (prevalentemente insaturi), dal 5 al 10% di fibre ed altri composti. Tra i minerali abbondano calcio, fosforo e potassio. I tannini contenuti nelle ghiande sono astringenti e disinfettanti, ma assimilati a dosi elevate sono tossici e inducono il blocco renale. Essendo degli antiossidanti, però, a basse dosi, i tannini danno molti benefici, incluso quello di prevenire alcune forme tumorali. Chi soffre di geloni può trarre giovamento immergendo le parti malate, una volta al giorno, per 30 minuti, in un decotto ottenuto con 50 g di corteccia di quercia essiccata e polverizzata, fatta bollire per 10 minuti in un litro di acqua e lasciata riposare per 30 minuti.
L’uomo preistorico si nutriva abbondantemente di ghiande, come dimostrano alcuni resti archeologici. Per questo motivo la quercia, essendo una pianta presente da sempre ed ovunque, è entrata nell’alimentazione, nella tradizione e nella mitologia. In particolare in California, fino all’arrivo dei bianchi (XVI sec.), sembra che la maggior parte degli indiani trovasse proprio nella ghianda la base della dieta quotidiana. Corone di ramoscelli di querce venivano date ai cittadini più meritevoli dell’antica Roma, dove questo stupendo albero era simbolo di forza, di virilità e di valore militare. In quanto immagine del vigore e della resistenza fisica e morale, un ramoscello di quercia è posto oggi sulla ruota dentata alla destra dello stemma della Repubblica Italiana.
Spesso sulle querce si trovano delle palline marroni che sembrano frutti. Sono in realtà delle escrescenze chiamate galle, note nella nostra zona col nome dialettale di ’i cucchemèlle, e provocate dalla puntura di un insetto, l’Andricus (=Cynips) Kollari, per la deposizione delle uova. La prova evidente che hanno ospitato una larva è data dal foro di uscita sempre presente sulla superficie esterna della galla. Le galle in passato sono state usate per ricavarne tannino per la concia delle pelli, inchiostro, colorante per la lana e giocattoli di campagna.
La ricerca scientifica ha consentito di ottenere artificialmente la micorrizazione con i tartufi anche di alcune specie di querce (cerro, leccio, roverella e farnia), e con la messa a dimora di queste piante in ambienti idonei è possibile produrre tartufi.
Biscotti di ghiande (sono molto buoni intinti nel latte o nel tè a colazione, o nel vino dopo i pasti)
Ingredienti:
150 g di farina di ghiande; 150 g di farina di grano; 75 g di zucchero (meglio se di canna); due uova; 100 g di burro; un pizzico di sale; mezza bustina di lievito.
Procedimento:
mescolare le farine, il lievito e il sale. Separatamente unire burro e zucchero, poi aggiungere le uova e formare una pasta. Fare dei biscotti e infornare a 190° C per circa 10 minuti.
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