Non so la dolcezza dei vostri abbandoni, i giochi per i campi, le notti di magia, i legami teneri e struggenti della parentela, dell’amicizia… Mio destino è stare alla porta dell’incantato giardino: sono una della Galilea, un essere intoccabile, impuro da molti anni per l’inarrestabile defluire di sangue dal mio corpo, per la mia femminilità malata, tabù per la legge del mio popolo.
Sta passando Gesù per le strade, la gente si accalca, lo preme da ogni parte. Vorrei farmi largo a gomitate, chiamarlo con grida di animale ferito, urlargli la mia solitudine, la mia condizione di esclusa, ma non posso, devo nascondermi…
Furtivamente mi trascino fino a Lui, con la mia desolata stanchezza, con le mie poche forze, con il cuore che mi batte all’impazzata, con il volto allucinato dalla speranza, in balìa di un atto di fede che non voglio cedere… Mi farò alle sue spalle, sfiorerò il lembo sfilacciato del suo mantello, basterà per guarirmi!
Ecco, l’ho fatto e Lui se n’è accorto, sta chiedendo chi l’ha toccato… Tremo di paura, la mia trasgressione sarà punita, mi arresteranno! Eppure qualcosa è avvenuto, dilaga in me una forza che mi rende nuova, che rende sano il mio corpo, limpida la mia mente e accende il mio cuore. Gli andrò davanti e gli dirò la verità, sento di averne il coraggio.
Lui mi guarda tra la folla con uno sguardo fermo e suadente, uno sguardo che è per me sola, come se nessun altro esistesse attorno e ha negli occhi tutta la luce del giorno mentre dice: – Figlia, la tua fede ti ha salvata!
Canterò insieme agli uccelli la gioia della mia giovinezza, della mia liberazione, della mia dignità mai vissuta. Sono una donna, cioè una persona e non solo un pugno di dolore!
carolinamastrangelo51@gmail.com
Non so la dolcezza dei vostri abbandoni, i giochi per i campi, le notti di magia, i legami teneri e struggenti della parentela, dell’amicizia… Mio destino è stare alla porta dell’incantato giardino: sono una della Galilea, un essere intoccabile, impuro da molti anni per l’inarrestabile defluire di sangue dal mio corpo, per la mia femminilità malata, tabù per la legge del mio popolo.
Sta passando Gesù per le strade, la gente si accalca, lo preme da ogni parte. Vorrei farmi largo a gomitate, chiamarlo con grida di animale ferito, urlargli la mia solitudine, la mia condizione di esclusa, ma non posso, devo nascondermi…
Furtivamente mi trascino fino a Lui, con la mia desolata stanchezza, con le mie poche forze, con il cuore che mi batte all’impazzata, con il volto allucinato dalla speranza, in balìa di un atto di fede che non voglio cedere… Mi farò alle sue spalle, sfiorerò il lembo sfilacciato del suo mantello, basterà per guarirmi!
Ecco, l’ho fatto e Lui se n’è accorto, sta chiedendo chi l’ha toccato… Tremo di paura, la mia trasgressione sarà punita, mi arresteranno! Eppure qualcosa è avvenuto, dilaga in me una forza che mi rende nuova, che rende sano il mio corpo, limpida la mia mente e accende il mio cuore. Gli andrò davanti e gli dirò la verità, sento di averne il coraggio.
Lui mi guarda tra la folla con uno sguardo fermo e suadente, uno sguardo che è per me sola, come se nessun altro esistesse attorno e ha negli occhi tutta la luce del giorno mentre dice: – Figlia, la tua fede ti ha salvata!
Canterò insieme agli uccelli la gioia della mia giovinezza, della mia liberazione, della mia dignità mai vissuta. Sono una donna, cioè una persona e non solo un pugno di dolore!
Non so la dolcezza dei vostri abbandoni, i giochi per i campi, le notti di magia, i legami teneri e struggenti della parentela, dell’amicizia… Mio destino è stare alla porta dell’incantato giardino: sono una della Galilea, un essere intoccabile, impuro da molti anni per l’inarrestabile defluire di sangue dal mio corpo, per la mia femminilità malata, tabù per la legge del mio popolo.
Sta passando Gesù per le strade, la gente si accalca, lo preme da ogni parte. Vorrei farmi largo a gomitate, chiamarlo con grida di animale ferito, urlargli la mia solitudine, la mia condizione di esclusa, ma non posso, devo nascondermi…
Furtivamente mi trascino fino a Lui, con la mia desolata stanchezza, con le mie poche forze, con il cuore che mi batte all’impazzata, con il volto allucinato dalla speranza, in balìa di un atto di fede che non voglio cedere… Mi farò alle sue spalle, sfiorerò il lembo sfilacciato del suo mantello, basterà per guarirmi!
Ecco, l’ho fatto e Lui se n’è accorto, sta chiedendo chi l’ha toccato… Tremo di paura, la mia trasgressione sarà punita, mi arresteranno! Eppure qualcosa è avvenuto, dilaga in me una forza che mi rende nuova, che rende sano il mio corpo, limpida la mia mente e accende il mio cuore. Gli andrò davanti e gli dirò la verità, sento di averne il coraggio.
Lui mi guarda tra la folla con uno sguardo fermo e suadente, uno sguardo che è per me sola, come se nessun altro esistesse attorno e ha negli occhi tutta la luce del giorno mentre dice: – Figlia, la tua fede ti ha salvata!
Canterò insieme agli uccelli la gioia della mia giovinezza, della mia liberazione, della mia dignità mai vissuta. Sono una donna, cioè una persona e non solo un pugno di dolore!
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