L’estate non è tutto
“Molto chiare si vedono le cose./ Puoi contare ogni foglia dei platani./ Lungo il parco di settembre/ l’autobus già ne porta via qualcuna./ Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,/ il lavoro imperfetto e l’ansia,/ le mattine, le attese e le piogge”.
A contemplare i primi segni di un’estate che è ormai finita e di una natura che con le foglie cadute e le prime piogge è ormai protesa verso l’autunno, con il suo carico di ansie quotidiane, è il poeta Franco Fortini (pseudonimo di Franco Lattes, 1917-1994), di cui ricorreranno il prossimo novembre trent’anni dalla scomparsa. Sono invece quaranta gli anni che ci separano dalla pubblicazione di Molto chiare…, all’interno della silloge Paesaggio con serpente (Einaudi 1984). La si può rileggere ora nella raccolta Tutte le poesie, a cura di Luca Lenzini, che nel 2014, all’interno della collana Oscar baobab, ha reso disponibile per una nuova generazione di lettori l’opera di uno dei più grandi poeti italiani del Novecento, i cui versi hanno attraversato oltre cinquant’anni, senza mai smettere di confrontarsi con gli eventi della storia.
La nota di malinconia che caratterizza l’incipit di questa poesia si estende dalla natura anche alla percezione che il poeta ha di sé stesso, e di una sorta di ‘settembre della propria vita’. In quella chiara visione, Fortini non scorge solo il lavoro (così consistente da rimanere sempre incompiuto), l’ansia, l’attesa. Come precisato nei versi successivi, vi scorge anche sé stesso, un indefesso scrittore che la notte cerca di mettere su pagina le parole più giuste, ma quasi non comprende più la sua stessa lingua: “Lo sguardo è là ma non vede una storia/ di sé o di altri. Non sa più chi sia/ l’ostinato che a notte annera carte/ coi segni di una lingua non più sua/ e replica il suo errore./ È niente? È qualche cosa?”. Toccante è la riflessione sul tentativo di dare un senso alla vita attraverso un lavoro letterario, ma pieno di dubbi e di interrogativi.
Ed è infine lui stesso a precisare nei versi conclusivi: “Una risposta a queste domande è dovuta./ La forza di luglio era grande./ Quando è passata, è passata l’estate./ Però l’estate non è tutto”. Sono quindi i frammenti di saggezza, diventati ormai luoghi comuni, a fornire la risposta “dovuta” a quegli interrogativi interiori: l’estate, anche quella della vita, che è qualcosa di grande, volge al tramonto, “però […] non è tutto». E in questo declino rimane qualcosa che rende l’autunno, anche esistenziale, degno di essere vissuto.☺