Lettera da tokyo
6 Febbraio 2025
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Lettera da tokyo

Misato Toda è stata docente universitaria in Giappone ed esperta del pensiero e della storia di Errico Malatesta. Quello che segue è uno scritto inviato alla rivista A nel 2002.
Sette anni dopo La Banda del Matese, nel 1884, Errico Malatesta pubblicò Fra contadini, il più famoso opuscolo suo, che è stato tradotto in varie lingue, non soltanto europee ma anche in cinese e giapponese ed è apparso anche nel continente “nuovo”: Stati Uniti, Argentina, Uruguay, Brasile, dove lavoravano immigrati italiani e spagnoli. Questo opuscolo ancora oggi appare in tutto il mondo come un classico dell’ anarchismo.
Il lavoro di Malatesta illumina il motivo de La Banda del Matese, come il primo esempio di “propaganda del fatto”. Vi si racconta di un altro mondo, un mondo alternativo, che si può costruire con l’amore e la volontà umana. Ma prima di tutto è indispensabile cambiare il concetto vecchio dentro di te e di me, accorgersi del preconcetto che non nasce nel mondo dei lavoratori ma in quello dei padroni, i quali vogliono sempre, storicamente, governare da sopra con il potere e sfruttare il risultato del lavoro altrui. I padroni, infatti, rubano la ricchezza comune sia dai contadini che dagli operai, sia dagli uomini che dalle donne, sia dai giovani che dai vecchi, e si godono i loro privilegi fondati sul sudore e sul sangue dei lavoratori. E su questo preconcetto si costruisce la società attuale, vale a dire su una mitologia, perché storicamente in ogni popolo c’è bisogno di mitologia per persuadere il popolo a farsi governare. Il primo compito per i lavoratori è accorgersi quale sia la mitologia ed a chi serva.
In quei sette anni dopo La Banda del Matese, Malatesta era vissuto fuori d’Italia: Egitto, Turchia (molto probabilmente), Romania, Svizzera, Francia, Belgio, Inghilterra. Con una ricca esperienza, una vasta cultura internazionale, ormai maturo con i suoi 31 anni, Malatesta poteva e doveva esprimere il motivo della banda del Matese per illuminare tutti i popoli del mondo, in modo da chiarire la struttura sociale della società e da smontare il preconcetto che dominava la mente dei lavoratori – che sono poi quelli che davvero producono la ricchezza umana.
Nel 1877 a Letino e Gallo, la “banda del Matese”, con alla testa Carlo Cafiero, Errico Malatesta e Pietro Cesare Ceccarelli, proclamò “la rivoluzione sociale” e dichiarò “la terra appartiene a chi la coltiva”, bruciò i catasti in quei municipi e distrusse la bilancia che serviva per determinare la tassa sul macinato ai mulini. Entrambi erano il simbolo dello sfruttamento da parte del potere, politico ed economico. La gente capiva così che “la rivoluzione sociale” era un fatto tangibile. Ecco la “propaganda del fatto”, rivolta anche a gente che non sapeva nemmeno leggere – come accadeva allora per la gran parte degli sfruttati.
Oggi su iniziativa del Club Alpino Italiano un gruppo di persone, donne e uomini, di varia età, ha seguito le orme dei 27 anarchici, uomini onesti che non furono incantati dalla mitologia del padrone, cioè del sistema dello Stato moderno europeo di allora, che oggi si è trasformato nel padrone internazionale, con l’allargamento dello sfruttamento globale.
L’esperienza fresca, oggi, la possiamo rivivere nella nostra immaginazione, leggendo Sulle tracce degli internazionalisti, queste impressioni di viaggio che Vincenzo Argenio, cronista ufficiale della manifestazione, ha scritto per la rivista A.
Nel maggio 1977, nel centenario della Banda del Matese, anch’io ho girato, con la macchina della mia amica beneventana, per il Matese e ho visitato i paesi di San Lupo, Letino e Gallo. Dopo essere ritornata a Tokyo, ho mostrato alle mie studentesse (all’Università Giapponese delle Donne) le diapositive a colori sul Matese, mentre raccontavo loro la storia. Poi ho chiesto le loro impressioni. La risposta rappresentativa della prima impressione è stata per me inaspettata: “Siamo rimaste stupite che proprio in quel contesto naturale così bello siano successi tali eventi giganteschi di rivolta”. Infatti anche nelle diapositive la natura beneventana in maggio appariva veramente incantevole. Oggi i partecipanti, con il loro sudore e la loro fatica, si affezionano ai sassi, agli alberi, ai fiori, alla neve, che a ogni loro passo si mescolano con il sudore e la fatica e l’affetto dei nostri 27 della storia di 125 anni fa. Le esperienze in comune, di allora e di oggi, arrivano così a noi e sembrano mescolarsi nella nostra sensazione e simpatia, rispondendo all’eco che arriverà a tutta l’umanità oggi e nel futuro.
Quindi la manifestazione realizzata il 5-6-7 aprile 2002 da queste persone, riprendendo il filo storico che conduce ad un mondo alternativo in cui tutti siano felici e si godano la pace, come Malatesta sognava, si trasforma in una “propaganda del fatto” a modo loro. Il tentativo con la volontà originale ci invita ognuno ad inventare in qualche modo la propria “propaganda del fatto” nel mondo attuale, dovunque noi viviamo.
Con saluti affettuosi dal Giappone. ☺

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