Libri di paese
9 Febbraio 2022
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Libri di paese

La rinascita dei paesi passa dalla cultura. Non tanto da quella accademica, lontana e distaccata, e neanche da quella mediatica di internet e della televisione, ma piuttosto da quella più vicina ai luoghi e alle persone, creativa e impegnata, fruibile da un pubblico vasto e reale al tempo stesso. Qui serve ancora la materialità della carta, quella dei libri e delle riviste, dei giornali e dei manifesti, fino ai fogli volanti: i volantini, appunto. Nell’era del virtuale e dell’infatuazione digitale, i libri rivestono ancora un valore superiore, con la loro capacità di indurre riflessione, elaborazione, pensiero critico e strategico, visioni. Non solo subitanee reazioni, quindi, né l’istinto sempre più incontenibile di gettarsi nella mischia e spargere parole, spesso senza pensiero, con l’illusione di essere in tanti, ma restando sostanzialmente soli.

C’è una tendenza recente che sembra rinverdire la tradizione delle storie locali in un’ottica nuova, che incontra la geografia, la letteratura o la filosofia, superando l’antinomia tra utopia e distopia. Me ne sono reso conto leggendo il libro di Aurora Del Monaco Pietracupa. Autobiografia di un paese (Guida 2021), che prendo qui ad esempio di un fenomeno più generale costituito dalle cosiddette “biografie di paese”. Pietracupa è un piccolo centro nel cuore del Molise, con il campanile e le case intrecciate con la roccia, quasi a fondervisi: “paesi che sembrano rocce e rocce che sembrano paesi”, scrisse Edilio Petrocelli molti anni fa per indicare un insieme di luoghi che hanno nella pietra il loro più evidente tratto identitario, finanche nel nome: Pietracupa, Pietrabbondante,  Pietracatella, Campodipietra, Petrella, Castelpetroso… per non parlare delle ripe (Ripabottoni, Ripalimosani), dei pizzi (Pizzone, Castelpizzuto) o delle tante rocche (Roccamandolfi, Rocchetta, Roccavivara, Roccasicura). Paesi di pietra, solidi e rugosi, pietrificati dal tempo. Non solo in Molise, ma in ogni regione. In Toscana prendono spesso il nome dal sasso, che sempre pietra è: Sasso Pisano, Sassetta, La Sassa, Sassofortino, Sasso d’Ombrone. Tanti luoghi, oggi impietriti dallo spopolamento e dall’abbandono, ma non rassegnati, come dimostrano appunto queste biografie o autobiografie.

Pietracupa è un paese che si è spopolato, come tanti altri in Italia. La sua popolazione è passata dai circa 1.300 abitanti dei primi anni del ‘900 ai 216 registrati nel 2020. Negli ultimi vent’anni il saldo naturale è sempre stato negativo, compensato solo parzialmente da nuovi residenti: ogni anno il numero delle morti supera sensibilmente quello delle nascite, mentre i residenti in entrata negli ultimi anni sono di più di quelli in uscita; un segnale che indica una pur timida tendenza al ritorno, accennando a un paese che non vuole morire, che cerca nella sua geografia e nella sua memoria i segni e le speranze di una rinascita.

Il libro di Aurora Del Monaco, scritto dall’interno, guardando il mondo da Pietracupa, con largo e scrupoloso uso di fonti storiche, raccoglie gli infiniti frammenti che la storia ha lasciato sul territorio e nella società locale, una microstoria proiettata sugli orizzonti più vasti, fino agli spazi del potere, per poi tornare qui, al paese. Una cavalcata di lungo periodo sulla formazione, le vicende, i problemi di un microcosmo che riflette i grandi avvenimenti, il particolare che si lega al generale, con in più una caratterizzazione dei personaggi (feudatari, preti, galantuomini, donne, poveri contadini, briganti…) che lo fa somigliare al romanzo storico. L’antico, il medievale, il lungo tempo feudale che percorre il moderno e infine lo snodo cruciale tra ‘700 e ‘800 con la fine della feudalità: un travaglio tra aspettative e ritorni. In mezzo terremoti, frane, sventure naturali. Poi, nel ‘900 un altro travaglio, un altro terremoto: quello dell’abbandono. A sorvegliare tutto c’è un elemento materiale che diventa un simbolo: la morgia, radice fondativa del paese, ma anche espressione della natura che sovrintende alle azioni umane e invita a rispettarla.

Il libro si chiude alle soglie dell’ultimo periodo, quello di una storia millenaria che sembra giunta al tramonto. Eppure, proprio per questo, l’autobiografia del paese diventa l’espressione di un sentimento di ripresa, l’invito a fare qualcosa per la rinascita del “piccolo mondo che vegeta tiepido tra le radici della morgia”.

Il caso ha voluto che nello stesso periodo in cui abbiamo presentato a Campobasso la nuova edizione del volume su Pietracupa, Angela Vitullo, docente di qualità e infaticabile promotrice culturale, mi regalasse in una piovosa serata di Montagano un’altra biografia di paese: Appunti di geografia interiore (Volturnia 2019), un libro di Massimo Sensale che in forma più letteraria si muove, anch’egli, tra i suoi paesi e il mondo grande, di Napoli e d’altrove. Ma torna qui, a Montagano e a Limosano, “paesi necessari sulla carta geografica della scrittura e della vita”. Questi, come Pietracupa, vittime sacrificali del modello di sviluppo che ha marginalizzato i territori: Montagano, che aveva 3.400 abitanti nel 1901, oggi ne conta poco più di 1.000; Limosano è passato dai quasi 3.000 del 1951 ai 700 attuali. Ora è uscito da poche settimane un romanzo dal titolo altisonante di un autore che ci ha abituato a storie fantastiche che ci riportano ai luoghi: Civitas Dei (Volturnia 2021) di Antonio Andriani, ambientato a Civitacampomarano (da 2.900 abitanti a 320) in un intreccio di realtà e fantasia. Lo devo ancora leggere, ma sono sicuro che merita, e comunque è anch’esso un segno di attenzione ai paesi. Così mi è ritornato in mente anche Elogio della provincia che l’autore, Francesco Paolo Tanzj, mi dette ad Agnone (da oltre 10.000 abitanti a 4.800), un paese più in alto, che era quasi città nei rigidi inverni d’un tempo, “una cittadina su cui si è abbattuto come un maglio il freddo vento della modernità”.

Ce ne sarebbero altri. Sono voci culturali vicine ai luoghi, anche quando cercano di guardarli da lontano (da lato, non dall’alto). Non sono libri ripiegati all’interno, sul piccolo mondo antico e perduto. I loro autori sono andati fuori e sono tornati, scrutano e descrivono le realtà locali con gli occhiali da vicino (o della memoria) e con quelli da lontano (o dell’analisi). Sono, appunto, cultura utile. Come non ricordare le Storie di paese di Lina Pietravalle o il Viaggio nel Molise di Francesco Jovine? A volte serve guardare indietro per immaginare e costruire il futuro, un tempo diverso mai uguale al passato. Nuovo.☺

 

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