Lina Pietravalle
13 Novembre 2020
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Lina Pietravalle

È da tempo che volevo scrivere su Lina Pietravalle, precisamente da quando due anni fa l’ho scoperta durante il festival Poietika. Mi sono vergognato di non saper nulla di questa scrittrice, anche se poi ho scoperto che molti altri miei corregionali non la conoscono. Di chi la colpa di questo oblìo?

Cerco di trovare le parole giuste per parlarne, non tanto dal punto di vista letterario, lungi da me, ma come semplice appassionato di lettura, cultura e paesaggio, con l’intento di fare delle riflessioni. Penso che l’educazione al patrimonio culturale e paesaggistico di una regione può e deve avvenire anche attraverso la conoscenza dei suoi scrittori, artisti ed intellettuali più noti e, a volte, purtroppo dimenticati.

Ho conosciuto Lina Pietravalle tardi e per caso, è vero, ma da allora si è insinuata in me come un tarlo che mi ha spinto a sapere sempre di più. Mi colpì soprattutto un video del casino di famiglia Pietravalle, ormai diruto, vicino Salcito, chiamato “La cipressina” e descritto dalla scrittrice anche ne Le catene.

L’intento di chi aveva realizzato quel breve filmato era sicuramente quello di sensibilizzare il pubblico alla conoscenza di una delle più importanti scrittrici molisane e dell’Italia degli anni Trenta del secolo scorso. Benché nata e cresciuta altrove, è nel “suo” Molise che passa un’infanzia serena e magica, terra che fa da sfondo alle sue novelle, molto autobiografiche, con i suoi paesaggi e le sue genti, “Egli amava arrivare con la carrozza… verso l’alba per vedere questa sua terra amara di Molise, contristata e divelta dalle frane, levarsi nel sole, limpido come un diamante…” (Le catene).

Certamente il video ha l’intento pedagogico di diffondere la conoscenza delle opere della Pietravalle, come pure saperne leggere i risvolti paesaggistici, per sensibilizzare il pubblico ad un’opera di recupero de “La cipressina”. Questa meriterebbe maggiore attenzione sia da parte degli eredi, che delle istituzioni regionali, perché, a mio avviso, rientrerebbe di diritto nel piccolo fondo culturale della nostra regione. Il restauro della “cipressina” non sarebbe fine a se stesso, poiché, una volta completato, si potrebbe inserire in un progetto culturale/ambientale sui luoghi dei “nostri” intellettuali, che comprendesse le case natìe e i luoghi di Cuoco, Pepe o Jovine, alcuni dei quali in passato protagonisti dei fantomatici “Parchi Letterari” (esistono ancora?).

Ecco che il turista, abituale o casuale della nostra regione, potrebbe fruire di un percorso che semplicemente coniughi Natura e Cultura, perché l’estate molisana del 2020 ci ha mostrato che non sono i resort o i villaggi turistici a portare del sano turismo, piuttosto le piccole idee, la storia ed il paesaggio che ci circonda.

La mia curiosità per Lina Pietravalle è un pensiero solitario? Cosa sanno di lei i nostri corregionali di Palazzo Moffa? Saranno mai interessati, anche solo per un frangente, al recupero storico, oltre che edilizio, de “la cipressina”?

La scrittrice nella sua carriera ha pubblicato per prestigiose case editrici, Mondadori e Bompiani, ottenendo vari riconoscimenti letterari fino al secondo posto al Premio Viareggio nel 1931 con Storie di paese; di contro oggi le sue pubblicazioni sono introvabili in regione e non solo. Basterebbe quindi cominciare da una buona azione di ristampa e, soprattutto, diffusione delle sue novelle.

Forse i suoi scritti sono passati di moda, ma all’epoca erano molto apprezzati dalla critica letteraria e non solo, visto che tra i suoi estimatori c’erano Curzio Malaparte e Antonio Gramsci, fino a giungere a qualche mese fa dove è stata rispolverata anche su Robinson, inserto culturale de La Repubblica.

Oggi invece per leggere i suoi scritti non resta che munirsi di pazienza e cercarla nei mercatini, reali o virtuali, come ho fatto io con Le catene acquistandolo a L’Aquila, mentre è facile scovare altri suoi libri, ma fuori dal suo Molise, in Europa e America, e non costano poco.

Nell’attesa che questo miracolo accada…☺

 

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