L’ipocrisia dell’occidente
15 Marzo 2016
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L’ipocrisia dell’occidente

Franco Cardini è uno storico medievista che scorrazza però in tutti i territori della storia, con incisive puntate in quella contemporanea. Suo pallino sono i rapporti tra Islam e Occidente. Da tempo Cardini ha chiarito, con argomenti inoppugnabili, che lo scontro di civiltà è una favola inventata da commentatori e politici o ignoranti o interessati, essendo la nostra civiltà occidentale intrisa fino al midollo delle ossa di elementi culturali e lasciti islamici. L’ultimo suo libro (che ho letto in comodo formato digitale) è L’ipocrisia dell’occidente, Laterza 2016, € 13,60 (€ 9,90 digitale).

In poche parole la nostra “ipocrisia” è l’occidentocentrismo, il ritenere cioè che noi occidentali siamo l’ombelico del mondo, i portatori dei valori più alti del pianeta, i padri e i proprietari di una civiltà superiore che va, se è il caso, imposta con i convincenti argomenti delle bombe. E, quel che è peggio, siamo convinti di non avere scheletri nell’armadio e poter “esportare” questi valori con autorevolezza etica indiscussa. In questi ultimi tempi questa deformata rappresentazione di sé alimenta in occidente una paura-rabbia-odio contro un terrorismo che ci fa comodo definire islamico, come se lo qualificasse una religione, di per sé, invece, pacifica e tollerante.

Purtroppo continua a trionfare la vulgata “dell’Occidente come patria della libertà e della tolleranza [contrapposto] al Nemico, orribile, mostruoso, disumano, privo di qualunque ragione, incomprensibile quindi ingiustificabile”. E noi occidentali ci siamo sbrigativamente assolti da ogni errore e da qualunque crimine”: al massimo scarichiamo tutto sul nazismo e sullo stalinismo o magari sui conquistadores. E il resto? Notte e nebbia su secoli di rapina, di schiavismo, di sistematica razzia di materie prime e di forza-lavoro, su cumuli d’infamie che abbiamo coperto con la coltre benevola dei diritti dell’uomo e di una libertà-fratellanza-eguaglianza che in realtà cominciava da noi e finiva con noi”, tanto che perfino dai lavoratori mobilitati da Marx erano esclusi i fellahin egiziani, i pastori afghani, ma anche gli zappatori campani e i vignaioli greci.

Cardini non arretra, coraggiosamente, nemmeno di fronte a una domanda certamente impopolare. La guerra sarebbe – egli dice – quella contro il terrorismo: ma come, e soprattutto perché, si diventa terroristi? E risponde: “A cercare l’arruolamento nelle formazioni jihadiste non è l’odio contro l’Occidente [a noi fa tanto comodo pensare così, perché ne viene assolto il nostro, di odio] inteso come cultura della libertà e dei diritti dell’uomo, bensì la constatazione che tale cultura … coincide, nella realtà delle cose con quelle forme di repressione e di sfruttamento che trovano la loro espressione nel viluppo d’interessi tra stati occidentali, lobbies multinazionali e varie forme di corruzione nelle stesse élites di governo dei paesi musulmani”. Fanatici assassini? “ma come e perché si diventa fanatici, sino a diventare assassini”? Il fanatismo, per sé, non spiega niente. “Siamo tanto distratti da non aver notato che gli ultimi decenni sono stati una serie continua di operazioni militari (ipocrita- mente battezzate “po- lizia internazionale” oppure “intervento umanitario” o peggio “esportazione della democrazia”) condotte da paesi occidentali nel Vicino e Medio Oriente? È razionale assistere allo spettacolo in tv degli aerei occidentali che bombardano e massacrano popolazioni indifese e pensare che [quella violenza] non debba mai ritorcersi contro di noi”?

E qui Cardini, mi pare, lancia un affondo difficilmente schivabile: “Abbiamo dimenticato il principio – solennemente sancito dai fautori della Resistenza europea antinazista – secondo il quale in una situazione di guerra asimmetrica il terrorismo è l’unica arma efficace nelle mani di chi non dispone di altro per difendersi? O trascuriamo il fatto che sterminare centinaia di persone – donne e bambini compresi – magari servendosi di un drone è una forma diversa ma non meno grave di terrorismo”? E che dire degli affari che facciamo indisturbati con i Paesi che foraggiano i terroristi? E che dire delle formazioni di “ribelli” che hanno fatto comodo all’Occidente finché non gli si sono rivoltati contro? Insomma i nostri valori sono sacri, ma più sacri ancora sono i nostri affari.

Non ho a questo punto che accennato soltanto ad alcuni dei grandi temi sciorinati dal libro. Cardini è intellettuale che si definisce “di destra, ma a modo suo” e non disdegna le pagine de Il manifesto. La sua conclusione è una parola di speranza, sulla linea di papa Francesco, ma  anche del Grossman di Con gli occhi del nemico e di Bianchi de La differenza cristiana.

“Ci vuole coraggio a sospendere la vendetta: una scelta che sarebbe senza dubbio impopolare e magari, se fosse un politico a ordinarla, gli costerebbe un bel pacchetto di voti. E ci vuole coraggio perfino a chiamare le cose con il loro nome. Eppure, dobbiamo provarci. ☺

 

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