martire della verità
17 Aprile 2010 Share

martire della verità

 

“Vogliamo contribuire alla costruzione di un paese diverso. Per questo recuperiamo la memoria del popolo. Questo cammino è stato e continua ad essere pieno di rischi. Abbiamo assunto responsabilmente il compito di rompere il silenzio che per anni ha soggiogato migliaia di vittime della guerra e di dare loro la possibilità di parlare” dice mons. Juan Josè Gerardi Conedera, presentando il lavoro della commissione diocesana per il Recupero della memoria storica. E’ il 24 aprile 1998. Due giorni dopo uno sconosciuto lo aspetta nel suo garage e lo colpisce con un blocco di cemento quattordici volte, assassinandolo e sfigurandogli il volto fino a renderlo irriconoscibile.

Il suo ultimo imperdonabile misfatto sono i tre volumi del rapporto “Guatemala: mai più” in cui si documentano gli ultimi 36 anni di guerra civile con 150.000 morti, 50.000 scomparsi, un milione di rifugiati, 200.000 bambini orfani e 40.000 vedove. La commissione ha appurato che la responsabilità dell’80% dei casi ricade sull’esercito. Con lo sfregio sul suo volto vogliono chiudere per sempre quella bocca che ripete: “Se vogliono disattivare i meccanismi che generano violenza dobbiamo realizzare la riconciliazione, ma questa passa per il perdono, il quale esige la conoscenza della verità”. La repressione mons. Gerardi la vive sulla propria pelle.

Nato a Città del Guatemala nel 1922, viene ordinato prete nel 1946 e vescovo nel 1967. Al centro della sua pastorale ci sono gli indigeni. Nella regione del Quiché trascorre gli anni più drammatici del suo impegno pastorale. Sono i tempi della violenza indiscriminata contro la popolazione, gli anni in cui il governo militare non fa prigionieri, elimina tutti gli oppositori. Nel 1980 dopo l’uccisione di due missionari, le minacce di morte subite da molti sacerdoti, una fallita imboscata tesa a lui, il vescovo assieme a tutti gli operatori pastorali abbandona la diocesi del Quiché. Non è una fuga, ma un estremo gesto di denuncia. Va a Roma per parlarne col papa, ma al ritorno viene espulso dal Guatemala e costretto a rifugiarsi per alcuni anni in Costarica. Anche dopo il rientro nel 1984 non potrà più mettere piede nella sua diocesi e allora viene nominato vescovo titolare della diocesi di Guardialfiera, un paesino del Molise, che visiterà più volte, noto per aver dato i natali allo scrittore neorealista Francesco Jovine, e vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Città del Guatemala.

Il suo impegno nella commissione per il Recupero della memoria storica è totale. L’obiettivo non è di limitarsi all’accertamento dei fatti, ma di compiere una profonda azione evangelizzatrice, incentrata su valori quali l’assunzione di responsabilità personale e comunitaria, il coraggio della verità nel sostenere i diritti inalienabili della persona, la volontà di costruire relazioni interpersonali fondate sul rispetto e l’amore.

Ma i nemici dell’uomo, gli Erode della storia, i gestori del Palazzo, i partigiani del profitto privato, uccidono sempre l’uomo di pace. Lo hanno colpito perché costruiva nuove sorgenti di vita: martire dei diritti umani, martire della verità.

E’ stato sepolto nella cripta della cattedrale. La sua tomba, come già per Oscar Romero in Salvador, diventerà il luogo-simbolo del desiderio di una nazione di riaffermare la propria volontà di pace perché mons. Gerardi è il sacramento della vittoria degli ultimi. E’ l’aurora della speranza che si diffonde stupenda sulla terra. ☺

 

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