Non neutralità ma profezia
7 Febbraio 2023
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Non neutralità ma profezia

“Che cosa sta succedendo a me e a te, o donna?” è la domanda che Gesù fa alla madre alle nozze di Cana (cfr. Gv 2,4). È a partire da quella domanda che cambia tutto. Cambia la condizione della Madre, non solo la sposa e mamma dell’oleografia mariana, cambia la condizione del Figlio, che esce allo scoperto perché è venuta la sua ora, cambia la storia perché Dio vi entra dentro, da quella piccola porta in Cana di Galilea. Quella domanda è di nuovo cruciale: che cosa sta succedendo a me e a voi oggi? Cosa ci succede quando ci sembra di non riconoscere più il mondo in cui abbiamo vissuto e continuiamo a vivere. Quando, insomma, tutto si unisce nel mondo globale, eppure forse mai i popoli sono stati più frantumati e divisi: carne spezzata per il sacrificio ma senza il miraggio di una pacificazione, come vediamo tragicamente rappresentato nelle quotidiane comunicazioni sulla guerra in Ucraina. Cosa sta succedendo quando si costruiscono i muri perfino a separare le corsie, tra arabi ed ebrei, sulle autostrade della Palestina? E quando per un euro di salario che prende un operaio, il suo capo azienda ne prende 400? E quando invece di fermare le catastrofi del clima, come ormai ci chiedono persino i ragazzini, si investe denaro per convincerci a competere ed aumentare il PIL con le catastrofi annesse?

Papa Francesco ci ha invitato a saper vivere dentro un vero cambio d’epoca. Cambia lo scenario come, quando con l’invenzione della lente convessa, con il telescopio, scoprimmo l’infinitamente grande e, con il microscopio, l’infinitamente piccolo. Ora col digitale scopriamo l’infinitamente complesso che ci entra in casa con le sue tecnologie però, più che dominarlo, dobbiamo imparare a viverci. Abbiamo una scienza dell’infinitamente calcolabile, però il “calcolo” o modalità nuove della vita, della libertà, della grazia, del dono, del dialogo è affidato a noi che siamo sia i protagonisti che la porta da cui passa il cambiamento. Ne vediamo i pericoli e ne intravvediamo le opportunità nuove. Sapremo discernere e operare?

Giovanni XXIII – un papa vecchio, considerato un pacioccone innocuo – suggeriva di calarsi nella storia con un approccio racchiuso in tre parole: “vedere, giudicare, agire”. Con sorpresa di tutti, convocò e diede inizio al Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) radunando oltre duemila vescovi, teologi e rappresentanti delle chiese cristiane. La chiesa in mondovisione mostrava la sua cattolicità: nei volti delle persone che sfilavano in processione in piazza S. Pietro per la celebrazione d’inizio (11 ottobre 1962) si riconoscevano i lineamenti dell’umanità di tutti i continenti. Ma pochi giorni dopo compariva dall’oceano Atlantico la visione della marina da guerra statunitense che bloccava navi russe cariche dei missili destinati alla Cuba di Fidel Castro. La situazione poteva innescare la scintilla di una nuova guerra mondiale. Il papa – già testimone di vero dialogo, senza remore, con tutto il vario mondo degli uomini – rivolge un appello accorato in nome dei “popoli che desiderano la pace” e non una nuova guerra. Il messaggio viene accolto dai due capi di stato e la pace riprende cittadinanza.

Quando nel febbraio 1965 iniziarono i bombardamenti USA sul Vietnam del Nord, Giorgio La Pira, contrariamente alla stampa occidentale, intuì che le autorità del Vietnam del Nord si sarebbero smarcate volentieri dall’abbraccio amico, ma soffocante, di Cina e URSS. Bisognava parlare direttamente con Ho Chi Minh. Gli furono di aiuto l’ambasciatore polacco a Roma Adam Willmann, il direttore della FAO, Raymond Aubrac (amico di Ho Chi Minh) e un vietnamita residente a Parigi, Nguyen Van Chi. Grazie a questa rete di contatti il 15 ottobre arrivò l’invito ad Hanoi da parte del segretario del Partito dei Lavoratori. Da Varsavia, via Mosca e Pechino, l’11 novembre del 1965 era all’incontro con Ho Chi Minh. Tre ore di colloquio nel quale furono concordati tre punti da comunicare segretamente al presidente americano come premessa per avviare, organizzare ed annunciare congiuntamente l’accordo di una conferenza di pace: 1) fine dei bombardamenti, 2) applicazione degli accordi di Ginevra, 3) riconoscimento del FLN.  Attraverso Fanfani – allora ministro degli esteri e presidente dell’Assemblea generale dell’ONU – il messaggio viene passato al presidente degli USA che lo accoglie favorevolmente. Qualche “falco” dello staff presidenziale a cui è comunicato l’evento passa la notizia ad un giornale prima che i partner abbiano tanto dichiarato l’un l’altro le disponibilità quanto definito le modalità dell’evento. Salta tutto! Ci saranno ancora otto anni di guerra e distruzioni sempre più feroci che potevano essere evitate. L’accordo di pace di Parigi, firmato il 27 gennaio 1973, è ripartito dalle tre condizioni concordate tra La Pira e Ho Chi Minh nel novembre 1965.

Una terza situazione emblematica accade in Italia tra Paolo VI e il Cardinal Lercaro, arcivescovo di Bologna,  sebbene li unisca una profonda e reciproca stima. Il 4 ottobre 1967 Paolo VI è invitato all’Assemblea generale dell’ONU in occasione del 25esimo di fondazione. Vi pronuncia un poderoso e stimato discorso sulla pace. Rientrato in Vaticano propone che il successivo 1°gennaio del 1968, festa di Maria Madre di Dio, in tutta la chiesa cattolica si celebri la prima giornata mondiale della pace. Lercaro, ricevuto il testo del messaggio, il 22 dicembre si reca in Comune a consegnare personalmente il messaggio e si concorda una celebrazione della festa in collaborazione. Al mattino ci fu la visita del sindaco Guido Fanti al palazzo vescovile, con scambi di saluti in nome della pace e del comune impegno a fare di Bologna una città testimone di pace. Al pomeriggio l’eucarestia in duomo segna il culmine della giornata. Nell’omelia Lercaro ripercorre la lettera del papa e sottolinea che “la dottrina della pace della Chiesa… non può non portare oggi ad un giudizio sulla precisa questione dirimente, dalla quale dipende oggi di fatto il primo inizialissimo passo verso la pace… Intendo riferirmi alle insistenze che si fanno in tutto il mondo sempre più corali, perché l’America… si determini a desistere dai bombardamenti aerei sul Vietnam del Nord” (13). “La chiesa non può essere neutrale, di fronte al male da qualunque parte esso venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia” (9). Qualche settimana dopo Lercaro riceve dalla Santa Sede la richiesta delle sue obbligatorie dimissioni e deve lasciare la sede di Bologna. Anche questo era previsto nella sua omelia “il profeta può incontrare dissensi e rifiuti, anzi è normale… ma se ha parlato non secondo la carne, ma secondo lo Spirito, troverà più tardi il riconoscimento di tutti”. Papa Francesco nella sua visita a Bologna ha ripreso proprio l’affermazione di Lercaro su neutralità e profezia.

“La pace è una lotta drammatica per la vita, contro le sorelle terribili della guerra che sono la povertà, le malattie, la distruzione, la disperazione, la fame” (M.M.Zuppi).☺

 

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